L’ultima della sera/ Father, Son

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Maggio 2016 16:22

FATHER, SON

Padre, figliouniti come unoin questa stanza vuotaschiena contro schienatuo contro miofino a quando il calore li attraversaricorda … già dalle onde

Ho trovato il mio coraggiola sapienza di papà può salvareHo potuto trattenere la mareaCon mio padre al mio fiancoCani, aratri e archiCi muoviamo attraverso ogni posaLottando nelle nostre strade separateMantra e innimembra rigideAlla ricerca di liberazione attraverso il doloreE gli occhi dello yogi sono apertiGuardando in altoAnche lui sogna di amare il suo papàcon suo padre al suo fiancoavendo il papà al suo fiancopuoi richiamarloCome mi hai portato a scuolaNon abbiamo potuto parlare molto alla finesono passati tanti anniE ora queste lacrimeforse sono ancora il tuo bambinoFuori nella brughierafacciamo una pausaGuarda quanto lontano siamo arrivatiTi muovi lentamenteQuanto lontano possiamo andarePadre e figlioCon il mio papà al mio fiancoCon il mio papà al mio fiancoho mio papà al mio fiancocon me

Essere figli e poi padri.Quando si diventa genitori poi lo si è per sempre, ma si resta anche figli dentro il cuore.E’ il significato profondo di questa canzone; quelle lacrime di cui parla sono le lacrime del figlio che ritrova e riscopre suo padre. Quante parole, quanti pensieri non detti, quanta sofferenza e quanto amore inconfessato, nel rapporto tra padre e figlio. E’ una delle canzoni più belle e autentiche su questo tema; un modo per dire di essere noi stessi (i padri che vorremmo essere ricordando i figli che siamo stati), fino in fondo.

Un grazie, dal profondo del cuore, a Peter Gabriel per avere scritto parole così belle e perché con la sua musica ( consiglio a tutti di aprire questo link e gustarsi in perfetta solitudine il video di Father, son) è riuscito a far nascere dentro di me emozioni indescrivibili; perché la musica ha un forte potere evocativo, infatti mentre guardavo il video e ascoltavo il testo mi passavano fotogrammi di tanti momenti vissuti con mio padre; momenti belli, momenti brutti, momenti gioiosi e scanzonati, momenti tristi e malandati, che oggi ad un anno dalla sua morte mi accorgo che rimarranno per sempre scolpiti nella mia memoria.

Il tema che vorrei sviluppare in questo editoriale è il rapporto tra padre e figlio, e le domande che mi pongo sono: Il rapporto padre-figlio è un rapporto di scontro di convivenza o di complicità? I due mondi sono uniti, vivono un eterna lotta o percorrono strade parallele? Credo sia abbastanza difficile dare una risposta esaustiva a questi quesiti, anche perché probabilmente una risposta può andar bene per qualcuno ed essere insignificante per altri. Chiaramente ogni relazione tra padre e figlio ha una sua storia, una sua sensibilità e soprattutto una sua “unicità”.

Proviamo a farci aiutare dalla letteratura citando tre testi che raccontano tre diverse esperienze di relazione tra padre e figlio: Il primo è “Lettera al padre” di Franz Kafka che descrive il rapporto difficile che il giovane Kafka ha con suo padre definendolo addirittura un “abile commerciante, un egoista, un dominante, un intollerante anche se laborioso, grande, forte, caparbio, orgoglioso e sempre preoccupato per i propri figli, ma incapace di comprenderli davvero”.

Per questo l’autore vede il padre come un avversario e come il simbolo dei suoi fallimenti e lo accusa di essere stato un “freno” che non lo ha lasciato crescere.

Per questo prova un sentimento di frustrazione e di umiliazione nei confronti del padre, che con la sua forte personalità lo ha sempre sottomesso. Perciò il rapporto tra padre e figlio è considerato come una lotta.Il secondo è “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti che racconta l’incontro tra il mondo dell’infanzia, rappresentato dal protagonista del romanzo Michele, e quello dell’età adulta, rappresentato da suo padre Pino. Questi due mondi, anche se apparentemente distanti, sono indissolubilmente legati.

Il padre, che cerca con amore di proteggere il figlio, nascondendo il più possibile gli aspetti negativi della vita e il figlio, che invece scopre la vera natura del mondo e la affronta con coraggio. In questo caso, il rapporto tra padre e figlio, si può raffigurare come il percorrere di due strade diverse che s’incontrano a un bivio.

L’ultimo testo che prendiamo in esame è “Pura vita” di Andrea De Carlo che descrive il viaggio che un padre fa con la figlia di sedici anni. Lui è uno scrittore di libri di storia, divorziato, che vive una tormentata relazione con un'altra donna e sta cercando di capire cosa vuole veramente. Lei adolescente gli piace leggere, ascoltare musica e avere un cane tutto suo; vive una storia con un ragazzo e sta cercando di capire cosa desideri veramente dalla vita.

I due personaggi vivono un rapporto di ricerca e di crescita, dove il rapporto padre-figlia sembra non esistere e diventa un rapporto di amicizia che li fa incontrare, scontrare e confrontare. Durante il “viaggio”, i due discutono di tutto, in un confronto generazionale, dove a volte l’adulto è un bambino e l’adolescente e la vera adulta. In questo caso il rapporto padre-figlio si può definire nell’incontro proficuo tra due realtà (adolescenza e adultità) e sul loro confronto.

I tre romanzi ci restituiscono uno spaccato molto chiaro di come possono essere diverse le relazioni tra padre e figlio: Kafka parla della lotta con un padre dominatore, Ammaniti di un incontro lungo la strada della vita e De Carlo di un padre e una figlia che condividono il mondo e si confrontano alla ricerca di loro stessi.Sulla base di questi testi, ci si potrebbe fare un'idea su quale possa essere il perfetto rapporto padre-figlio, e quindi rispondere in maniera esaustiva alle domande iniziali, ma non è così semplice. Probabilmente non esiste la perfezione o un modello migliore dell'altro; ogni rapporto è diverso dall'altro, non esistono un padre o un figlio perfetto. Tuttavia, non dovrebbe essere un’effimera utopia credere che tra padre e figlio si possa instaurare un rapporto basato sul rispetto reciproco e su un vero confronto.

Concludo citando nuovamente Andrea De Carlo, facendo mia una sua frase “Non puoi volere una zebra e non accettare le sue strisce!”

Questo editoriale lo dedico a mio papà che ha raggiunto la casa del Padre il 4 maggio del 2015 e voglio scrivere la profonda gratitudine per questo viaggio insieme a lui durato 49 lunghi, belli e intensi anni… a un anno dalla sua morte.

4 maggio 2016

Francesco Sciacchitano

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