Centenario di Sciascia, l’attualità della pièce “L’onorevole” (4 volte rappresentata a Mazara del Vallo)

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Gennaio 2021 16:42
Centenario di Sciascia, l’attualità della pièce “L’onorevole” (4 volte rappresentata a Mazara del Vallo)

Nelle celebrazioni del centenario della nascita di Leonardo Sciascia è rimasto nel buio un testo teatrale contemporaneo nell’esercizio della politica. E’ “L'onorevole”, parabola sulla dinamica del potere e sulle sue diaboliche qualità. Definita dallo stesso autore “uno sketch”, il testo è raramente rappresentato. A Mazara, l’opera  è stata portata sulle scene quattro volte,  in periodi diversi, nel 1974 dal Teatro 2, nel 1984 dagli studenti del Liceo Classico Gian Giacomo Adria (entrambe con la regia di chi scrive), nel 1988 dalla Compagnia di Enzo Sasso la cui rappresentazione è stata trasmessa giorni fa da Tele 8, nel 2008 dal Teatro del Sole di Mariella Martinciglio per la regia di chi scrive (in foto di copertina una scena, da sx: Tonino Piccione, Mariella Martinciglio, Nino Luppino).

La pièce percorre, in tre atti sanciti da una chiusa beffarda dove Pirandello sembra incontrare Brecht, la vicenda di un modesto e onesto insegnante di liceo, il professor Frangipane, consacrato (e moralmente dannato) da una repentina elezione al Parlamento e poi da una lunga carriera politica fatta di meschinità, intrighi, cedimenti e tradimenti pubblici e privati. Il professorino siciliano cede alle lusinghe di un paio di portaborse (all'epoca democristiani, ma oggi di ogni colore politico, di qualsiasi collegio elettorale e di qualunque altra regione italiana) che lo convincono a candidarsi alle elezioni del 1948.

Vittoria che si protrarrà per altre due successive tornate elettorali. Per la scalata al potere, quindi, Frangipane, lo studioso che abbandona gli alunni e Lucrezio, e con loro ogni resistenza verso compromessi che in un primo momento giudica ripugnanti, diventerà addirittura ministro, finendo per tradire gli affetti famigliari, risucchiato da una spirale perversa. La moglie Assunta, donna silenziosa e devota, che lo ama e lo sostiene inizialmente nell'affrontare le fatiche quotidiane, assiste con costernazione alla trasformazione dell'uomo.

A questa corrisponderà in lei un cambiamento interiore con l'appropriarsi dell'identità perduta del marito: quell'idealismo e quel senso di giustizia e sete di cultura che avviene dedicandosi con dedizione alle letture preferite del coniuge, specie quelle su “Don Chisciotte”. Arricchisce così la sua istruzione e il suo pensiero politico, regalando spunti di grande moralità e maturando una consapevolezza umana e di valori che la porterà a scoprire la spregiudicata deriva del marito del quale terrà sempre pronta una valigia nell'eventualità che sia arrestato.

Così confiderà al mellifluo monsignor Barberino nell'illuminante dialogo che ingaggerà con questi, nel frattempo chiamato in soccorso dal politico per vanificare gli stravaganti pensieri della moglie (una bravissima Mariella Martinciglio), che sarà cinicamente internata in una casa di cura facendole credere di essere pazza. Il finale brechtiano, spiazzerà lo spettatore portandoci dentro uno scherzo che mostra il disincanto della verità, un crudele e disarmante epilogo  che ci fa scorgere in un trionfo di glamour l'abisso quotidiano ormai percepito dalla nostra società come raggiungimento del vero successo.

Tutti in passerella al Festival del cinema di Venezia con musiche ed eleganze, saluti e baci. Opera importante quanto a preveggenza e lungimiranza, riproposta oggi risulta però datata in quanto l'amara profezia di Sciascia ha di gran lunga superato l'immaginazione. Sentir parlare di connivenze tra politica, affari e criminalità organizzata, ascoltare di favori e corruzioni, di furbizie, tradimenti e compromessi, non scandalizza più di tanto. Siamo al naufragio della moralità e dei suoi detrattori.

Salvatore Giacalone  

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