“Una punta di Sal”. Meno nascite, più anziani. L’esempio di Mazara

Redazione Prima Pagina Mazara

La popolazione italiana invecchia sempre più e diminuiscono le nascite. Si sente ripetere spesso tramite gli organi d’informazione e possiamo costatarlo di persona nella nostra vita. Sempre più teste imbiancate abitano luoghi d’incontro. Nei paesi e nelle città, assistenti, purtroppo chiamate badanti, spingono carrozzine o camminano lentamente, sottobraccio e conformandosi agli anziani loro affidati. Sono questi i vecchi ancora visibili. Molti altri non lo sono più. Abitano le case di riposo o strutture per persone non autosufficienti.

Sono i vecchi che abbiamo fatto in modo di “nascondere”, estraniandoli da uno stile di vita tanto attento all’esteriorità, quanto cieco rispetto a scomode realtà. Curare i vecchi in famiglia o lasciarli vivere in autonomia è impegnativo, faticoso, logorante, fonte d’ansia, angoscia e di tanti problemi pratici e meno, soprattutto quando si protrae per anni. Per il prolungarsi della vita media, accade si debbano far carico dei genitori, figli in età già avanzata. Cambiamenti sociali possono aver determinato il loro allontanamento dal luogo d’origine, e/o tra loro, con conseguenti disaccordi su quali siano le scelte più opportune.

Il fatto che anche le donne lavorino fuori casa e gli ambienti siano pensati per famiglie numerose, rende spesso impossibile il prendersi cura (mi riferisco soprattutto alle regioni del nord) di persone non autosufficienti. A questo va aggiunta la constatazione che agli anziani si dispensano cure mediche e attenzioni impensabili qualche decennio fa quando, in genere disposti ad invecchiare in disparte, si rendevano utili in piccole incombenze e cercavano di dare il minimo disturbo. Uno dei motivi di questo “eccesso di attenzioni” potrebbe essere la difficoltà di accettare la morte come epilogo naturale della vita.

La dinamica demografica continua a essere negativa. La fecondità, in calo da diversi anni, diminuisce lievemente (1,24 figli per donna), mentre l'età media al parto resta stabile a 32,4 anni. Nel contesto Ue, la fecondità italiana è tra le più basse e l'età media al parto tra le più alte. Ormai è opinione comune che per contrastare l’inarrestabile calo demografico e in definitiva l’inevitabile declino del Paese, l’Italia deve investire di più sui giovani, sulla loro formazione, sul loro benessere.

Lo suggerisce l’Istat nel suo Rapporto annuale in cui delinea luci e ombre dell’attuale fase del Paese, segnalando in particolare che nella fascia 18-34 anni quasi un giovane italiano su due presenta una o più situazioni di difficoltà sul fronte dell’istruzione, del lavoro, della salute o del territorio in cui vive. Di contro, l’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita pro capite.La fotografia di un futuro con meno giovani e più anziani, non è una ipotesi.

Un esempio ci viene da Mazara dove gli anziani, oltre i 65 anni, sono in forte aumento. Alla fine del 2019 erano oltre 22.000 su una popolazione all’anagrafe di 51.407 abitanti, secondo il dato Istat. La fotografia della città, quindi, ci dice che gli anziani aumentano e molti giovani vanno via. Ecco alcuni dati e il posto in classifica di Mazara rispetto ad altri comuni: Tasso di Natalità: 8,5‰ (ovvero 992° posto su 7896 comuni); Tasso di Mortalità: 11,4‰ (ovvero 5192° posto su 7896 comuni).

Tasso Migratorio: 2,8‰ (ovvero 4257° posto su 7896 comuni). Tasso di Crescita: 0,0‰ (ovvero 3048° posto su 7896 comuni). La maggior parte degli anziani di Mazara, oltre i 65 anni, trascorre la loro giornata a casa attorniati da nipoti e figli, in sostanza stanno bene. Altri frequentano circoli ed associazioni oppure trascorrono molte ore della mattina nelle ville comunali, altri danno una mano al figlio artigiano o che tiene bottega adibita alla vendita di merci. Molti dispongono dalle 400 alle 750 euro al mese di pensione, una miseria, e denunciano problemi di prima necessità.

Vecchi amici si ritrovano e si raccontano storie, dalla memoria emergono vecchie amicizie, ricordi di festività, usanze,per esempio, nella celebrazione della Pasqua di Mazara. C’è una forte devozione ma anche lo spunto per tre escursioni “storiche” di un popolo che mostra da sempre un suo fervido attaccamento alla cristianità. Le escursioni “storiche” sono tre: al convento dei Cappuccini, a Miragliano e alla chiesa rurale di San Vito a riva di mare. Hanno avuto luogo, rispettivamente, nel pomeriggio della domenica di Pasqua, del lunedì di pasquetta e del giorno dopo, il martedì.

Quella dei Cappuccini è un'usanza a cui i mazaresi non sapevano rinunziare, malgrado che il luogo dove sorge il convento, meta del pellegrinaggio, per l'estendersi della città, non sia più un luogo fuori dell'abitato. Oggi non è più così anche se molti sono ancora molto legati alla chiesa che alla parrocchia molto frequentata dai giovani del quartiere dove, recentemente, è stata celebrata una festa per i suoi 70 anni. Oggi, la gente che vi si reca è meno numerosa di quanto fosse nei tempi passati, prima vi partecipavano molte donne per fare “lu viaggiu a la Madonna di la Confusioni”, miracolosa immagine che si venerava nella chiesa e per fare una visita alla sepoltura dei cappuccini dove, disposte in diversi ordini di nicchie, si vedevano le salme dei frati essiccate dal tempo ed avvolte in un saio nero con un cartellino davanti, su cui erano segnati il nome, il cognome e la data di morte.

E’ trascorso anche il tempo in cui gli uomini, in prevalenza i giovani, non più col fine religioso, ma solo per la tradizionale partita “all’aranciteddi” (piccole arance), si divertivano il pomeriggio della festa di Pasqua al vecchio gioco delle bocce, con la differenza che le palle di legno erano sostituite da piccole arance immature, che si facevano rotolare sul terreno polveroso o sull'erba. All'imbrunire il popolo ritornava in città per riversarsi nei bar e nei luoghi di intrattenimento.

Una pratica che oggi non è molto cambiata anzi ai bar si sono aggiunte le pizzerie. Il lunedì di Pasqua si andava a Miragliano, meta di uno spazio all’aria aperta, a cui nessuno voleva mancare. I più vi si recano per semplice diporto o per rivedere quei luoghi tanto cari fin dalla fanciullezza ma non sono pochi coloro che in comitiva andavano a consumare la merenda sdraiati sull'erba o raccolti sui grandi massi che occupano le sponde del fiume o all'ingresso delle grotte, o quelli che preferiscono di risalire il fiume su piccole barchette infiorate, portando con sé cestini di pietanze appetitose, qualche radio per diffondere musica e la tradizionale cassata.

La chiesa di San Vito a riva di mare è l'ultima delle escursioni, si svolge il martedì dopo Pasqua. Nel pomeriggio molti negozi abbassano le saracinesche e molti sono i cittadini che in auto raggiungono la piccola chiesa sia perché il culto per San Vito, patrono e cittadino di Mazara, che protegge la città dalla carestia, dalla peste e dal terremoto è sempre vivo, sia perché una gita a primavera lungo la spiaggia è sempre piacevole, molto più ora che la strada, detta un tempo “via sacra”, è stata allargata e sistemata anni fa e con un lungomare invidiabile ed in cui sono stati montati dei giochi per i bambini.

Non mancano i venditori di cubaida. Quando poi scende la sera, la gente comincia a rientrare con i propri mezzi ed i vigili urbani hanno un bel da fare per disciplinare il traffico. La realtà di oggi non è quella di ieri quando la piccola chiesa a riva di mare si raggiungeva a piedi, quasi in pellegrinaggio. In quegli anni nascevano molti bambini con un notevole incremento demografico, c’erano famiglie con quattro ed anche sei figli, siamo negli anni in cui si parlava di “miracolo economico” e gli armatori proliferavano, le reti erano piene di pesci di qualità ed il gambero rosso era quasi sconosciuto, la ricchezza innalzava ville e villini e nelle case brillavano rubinetti e pavimenti di ceramica e di alta qualità.

Salvatore Giacalone