Ultime della sera: “Un siciliano a Mosca”

Vivere da italiani a Mosca nei giorni bui della guerra

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Marzo 2022 18:10
Ultime della sera: “Un siciliano a Mosca”

Massimo è un ingegnere e vive a Mosca. L’ho conosciuto parecchi anni fa, quando entrambi credevamo che la buona politica potesse cambiare il mondo facendosi strada tra la gente, agendo nelle scelte quotidiane, nelle battaglie civili e per i diritti. Era quello il terreno in cui pensavamo di piantare i nostri semi: l’attenzione ai più deboli, la cultura, l’esercizio quotidiano di un’azione politica che guardasse all’uomo e ai suoi bisogni, ad una società più equa e più giusta, alla tutela dell’ambiente, alla condanna delle mafie e della corruzione. Non è facile fare la rivoluzione dal basso, in una terra come la nostra. Ci vuole perseveranza e molto pelo sullo stomaco. Così quasi sempre finisci per ammainare le bandiere e seguire altre rotte, portandoti dietro il tuo zainetto di esperienze e convinzioni inamovibili.

Poi la vita, si sa, finisce per condurti su strade che non avevi immaginato di percorrere. A volte basta un incontro inatteso – un amore, una vita a due che comincia - ad imprimere la svolta e stravolgere tutto. Ti trasforma inaspettatamente in testimone, mentre vivi la Storia nel momento in cui accade.

Vivere è ricominciare sempre, in ogni istante e ad ogni angolo di strada, e nel caso di Massimo questi angoli sono quelli della grande terra di Russia.

Ci eravamo un po’ persi di vista ma negli anni mi giungevano le foto della sua nuova vita a Mosca, che lo ritraevano felicemente sepolto sotto coltri di neve in una Piazza Rossa avvolgente e suggestiva, tutt’intorno quell’atmosfera magica che poche città al mondo possiedono.

Ho pensato spesso a Massimo nelle ultime settimane, chiedendomi come si possa vivere bloccati in un Paese che invade un altro stato sovrano e inchiodati a questa nuova realtà: quella Russia, che lui ha imparato ad amare "come una seconda patria", che scatena un conflitto che rischia di condurci dritto nel baratro di una guerra nucleare, della terza guerra mondiale. Quella Russia che il resto del mondo inevitabilmente identifica con l’aggressore, responsabile della morte di migliaia di civili, di una catastrofe umanitaria, del genocidio di un popolo fratello.

Ma quello che sei te lo porti sempre dietro ed ecco che la voce di Massimo, aggirando difficoltà e censure, spesso a singhiozzo, riesce ad arrivare fin qui e ci racconta ciò che vede dal suo osservatorio privilegiato, ribadendo che, “attenzione, non commettiamo l’errore di identificare un popolo, una nazione, con il suo regime”. "Il popolo russo non vuole la guerra", dice Massimo, e ci racconta delle migliaia di persone fermate, delle piazze piene, della mobilitazione della popolazione a difesa della pace. “A tutti i fermati vengono fatte firmare delle autodenunce che preludono ad un processo per attività contro lo stato e possibili licenziamenti. L’alternativa altrimenti è il carcere, e senza che ci si possa avvalere di un avvocato”, racconta.

La Russia è adesso un Paese sottoposto a sanzioni, dove le grandi multinazionali occidentali stanno chiudono i battenti, i social oscurati, le notizie filtrate, dove anche i media occidentali hanno sospeso i servizi dei corrispondenti perché il racconto della verità è diventato monopolio di Stato e raccontare una realtà diversa dalla propaganda di regime è molto rischioso. E nuove nubi incombono sul cielo russo: dall’11 marzo la Russia uscirà dalla rete internet globale e, senza più alcun confronto con l’esterno, passeranno soltanto le notizie della propaganda presidenziale, disconnettendo così il popolo russo dal resto del mondo.

Prosegue, Massimo, nel suo racconto: “Le contraddizioni degli oligarchi: odiano le decadenti democrazie occidentali ma hanno mandato i figli nelle migliori università liberal dell’occidente e ora questi stessi figli solidarizzano con le piazze pacifiste. Infatti, l’elettorato di Putin non conosce nemmeno la parola Netflix, non sta su Facebook, paga con la carta Mir e, se va in vacanza, va sul mar Nero. Le sanzioni per ora colpiscono l’élite urbana filoccidentale”.

Come non considerare una follia confondere il regime russo con la cultura russa, boicottando la letteratura, l’arte, la musica? Che imprudenza identificare l’oppressore con gli oppressi, categoria che include lo stesso popolo russo, i giovani soldati mandati in guerra ignari di ciò che li attende, le madri russe che in lacrime parlano al telefono con le madri ucraine, e infine tutti coloro che rivendicano la pace, che condannano l’aggressione verso l’Ucraina, che scendono in piazza a manifestare.

“Anche loro sono russi”, continua Massimo. “Hanno bisogno anche loro di sostegno, come le centinaia di intellettuali, medici, sportivi che firmano appelli contro la guerra e per la pace".

"In questi anni ho imparato ad amare i russi, i quali, superata la prima tetragona freddezza diventano, come ci racconta da anni Paolo Nori, insopportabilmente affettuosi. La Russia e i russi non possono essere confusi con la violenza del potere che subiscono".

"Ho visto ieri, in metro, una coppia di ragazzi di 14/15 anni dai capelli colorati, lei viola lui rossi, con scarpe da ginnastica enormi. Sorridevano felici e si accarezzavano con gli guardi quando non guardavano lo schermo dei cellulari. Avrei voluto fotografarli ma non l’ho fatto. Lei aveva la cover del telefono con i colori dell’Ucraina, lui quelli della bandiera russa. Sono loro il futuro di questo disgraziato Paese, loro che non hanno fardelli novecenteschi sulle spalle”.

di Catia CATANIA

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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