Il tempo non lo ferma nessuno, e tra poche ore il 2021 se ne andrà e nessuno lo potrà trattenere. Un nuovo anno busserà alla porta della nostra esistenza e non si potrà non aprirgli. Comunque, che il tempo passi è uno dei pochi convincimenti sui quali tutti quanti siamo d’accordo: acculturati e non, credenti e non, santi e peccatori.
Nell’ultimo giorno dell’anno c’è una tradizione liturgica che si celebra in tutte le Chiese, il Te Deum. Altro non è che l'abbreviazione di Te Deum Laudamus, testo sacro che viene cantato in situazioni particolari ed una di queste è per l’appunto la notte di Capodanno per ringraziare il Signore dell'anno appena concluso, ringraziandolo dell’aiuto che ci ha dato nei dodici mesi appena terminati.
Viviamo ormai in un mondo dove non abbiamo più il coraggio di fidarci di ciò in cui crediamo. Ma dire grazie è qualcosa a cui sono stato educato fin da bambino, partendo dalla semplice caramella che mi veniva donata.
Il mio grazie ora, arriva alla fine di un anno che è stato davvero intenso e drammatico perché non ha risparmiato colpi durissimi a nessuno di noi, in balìa dei cattivi pensieri o in preda all’angoscia e alle preoccupazioni di quest’anno pandemicamente complicato. L’anno che stiamo concludendo ha veramente scosso le fondamenta della nostra esistenza, abbattendo ogni falsa certezza.
La vera sfida per il prossimo il 2022 sarà proprio questa: guardare l’esperienza vissuta per provare a vedere chi, dentro la pandemia, ci ha dato una mano facendoci sperimentare quella speranza infinita e rendere grazie. Per il cristiano pregare ha il significato di riconoscere che all’origine della sua vita, all’origine della storia c’è un atto d’amore che è gratuito e tenere fisso lo sguardo su quella patria dove tutta la Terra tende ed è incamminata verso un futuro di glorificazione.
Il tempo fugge via, e ci scivola inesorabilmente fra le dita.
“Tempus Fugit“, questa saggezza latina è un promemoria per godere ogni giorno e amare la vita.
Il tempo fugge via Amici miei, e più si va avanti negli anni e più sembra accelerare e scappare innanzi. Senza quasi rendersene conto, ci si ritrova ad un certo punto con l’improvvisa presa di coscienza di non aver fatto abbastanza, di non aver costruito ciò che di buono si poteva realizzare. E se poi ci rendiamo conto di avere sprecato la vita in cose del tutto futili, vuote, inutili o addirittura deprecabili e deleterie il conto con la nostra coscienza diventa davvero pesante da sostenere.
Crescendo nella vita, personalmente ho dovuto imparare a dire dei grazie sempre più faticosi, esercizio ogni anno più faticoso rispetto all’infanzia quando comunque era segno di buona educazione ringraziare anche per un regalo non propriamente gradito, come un libro al posto del giocattolo tanto desiderato.
Il tempo fugge ahimè, senza sosta e senza clemenza, zigzagando nella nostra storia e nella nostra anima, portando oblio e scompiglio.
Viviamo in un presente che divide solo il passato dal futuro. Il futuro però, se si vuole, può avere senso e valore anche solo per noi stessi, solo se glielo conferiamo con le nostre azioni. Altrimenti non è che un “non tempo” privo di spessore, di dimensionalità temporale e di realtà effettiva.
Sono fortemente convinto che dovremmo impegnare ogni istante della nostra vita per creare qualcosa di buono, per noi stessi e per il mondo che ci circonda. Qualsiasi cosa che peraltro si dimostri tale anche se visto col senno di poi e, ancor più se spinto nel futuro: un tipo di accesso alla realtà che per fortuna hanno molti esseri umani. “Ascolto il mio cuore che vi pensa, vi abbraccio, nel silenzio della Sua pace e rendo grazie”.
Buon Anno Amici di penna.
Buon Nuovo Anno a tutti i lettori.
di Antonio CARCERANO
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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