Ultime della sera. Solitarietà

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
13 Marzo 2020 18:22
Ultime della sera. Solitarietà

Sembrano quasi una beffa queste giornate di aria pulita e di silenzio : stiamo a casa, mentre i piedi scalpitano e chiedono di correre fuori e mangiarsela questa primavera, a morsi di desiderio e libertà. Cielo e mare indossano una veste di pace e  i rossi papaveri  di marzo ( sempre i papaveri rossi...)  sfidano i sassi, e su steli sottili aprono corolle di  vermiglie meraviglie. Sono una di quelle persone, non poche,  che devono uscire per lavorare.                                                            Da un lato, un privilegio : prendo l'auto, attraverso la città, indugio in un giro più lungo, faccio qualche metro a piedi, respiro … Dall'altro, un rischio: vado in ospedale, in ambulatorio, metto le mani , la testa  e il cuore nell'angoscia degli altri, misuro la mia...

e a sera, non basta una doccia a lavare via tutto. In questo tempo rallentato, di pensieri che vanno veloci, e di limitazione di spazio e di contatti interpersonali,   stiamo sperimentando una nuova condizione che saremmo tentati di chiamare solitudine e che invece dovremmo chiamare “SOLITARIETA' ”. Sì, con la T. La Solitarietà è la condizione che oggi siamo invitati a sperimentare.  Non è solitudine subìta, chiusa , amara, abbandonica. La solitarietà è scelta aperta, consapevole, matura, responsabile.

È quella che abbiamo rincorso a volte  alla fine di una giornata di lavoro, dopo avere incontrato tanta gente e avere affrontato mille pensieri, quella che tante volte abbiamo agognato e apprezzato, ritirandoci in uno dei nostri luoghi dell'anima... oggi è condizione scelta e necessaria, ed è parola che mi piace perché racchiude, quasi in un ossimoro, per assonanza,  ciò a cui oggi siamo chiamati : stare da soli  ed essere , allo stesso tempo, solidali. Stare da soli  per  ritrovare il senso di noi, del nostro tempo ( quante volte abbiamo detto “ non ho tempo” ), dei nostri limiti e delle nostre possibilità, per sperimentare la gratitudine per tutto ciò  di cui disponiamo e che abbiamo dato per scontato, per ridefinire l'essenziale e il superfluo, per ascoltarci e volerci il bene.

Ed essere solidali , senza dimenticarci degli altri, di chi non ha una casa in cui restare, di chi non ha nessuno che gli telefoni e gli chieda “come stai”, di chi ha delle patologie che in questo momento sembrano passare in secondo piano, di chi è stato contagiato  e anziché sostegno e conforto, ha percepito su di sé odio e disprezzo e ha visto violato ogni diritto alla privacy con danni per sé e per la propria famiglia ( chissà come ci sentiremmo se toccasse a noi!)... Essere soli e solidali  per sentire il senso di appartenenza, per proteggere chi amiamo, per salvarci e per salvare.                                                                                                                                                                        Perché, seppure su rami diversi, siamo tutti fiori della stessa pianta, erba dello stesso campo e, seppure da lontano, bisogna guardarsi con rispetto e non con sospetto.

E mentre torno a casa dal mio lavoro, con gli occhi stanchi , i capelli  spettinati e l'anima vuota di me e piena degli altri,  per  radio Ivano Fossati mi accompagna con “ Una notte in Italia” , e mi  ripeto  che ancora i piedi scalpitanti dei bambini, i nostri piedi saldi e quelli lenti e claudicanti degli anziani, calpesteranno liberamente terra e spiagge, ancora ci abbracceremo annullando le distanze e saremo liberi di inginocchiarci all'altare delle chiese e della vita, per rendere grazie.

Ancora spezzeremo insieme  il pane e la preghiera, il pianto ed il sorriso,  e ci sarà una grande festa per le strade  e per le piazze. E quando questa guerra finirà, ci troverà migliori.  Se stiamo uniti, anche da lontano, ne sono certa, tutto andrà bene. Maria Lisma  

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