Ultime della sera: ​Life Ursus

Vivere a contatto con l'orso

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
23 Settembre 2022 20:15
Ultime della sera: ​Life Ursus

Life Ursus è l’ambizioso progetto finanziato dalla comunità europea a cui ha aderito il Trentino Alto Adige con il Parco Adamello Brenta nel 1999, per scongiurare l’estinzione dell’orso bruno dai nostri territori.

Orsi provenienti dalla Slovenia meridionale che inizialmente erano 10, tutti nati tra il 1999 e il 2002, tra cui il numero 3, Daniza, un’orsa del 1999.

Nel 2021 gli orsi in Trentino risultano essere 69 e vivono spostandosi in una superficie di circa 30.550 km quadrati.

Fin qui, la storia sembra decisamente da favola, se consideriamo che cento anni fa gli orsi erano praticamente estinti, ma il nostro bel paese ci ha abituati fin troppo, che niente di quel che luccica è oro.

Il primo caso eclatante è quello dell’orsa Daniza che un giorno, ha la sfortuna di imbattersi, assieme ai suoi due cuccioli, in un presunto raccoglitore di funghi, forse però, più avvezzo alla raccolta di notorietà. L’orsa, fin troppo gentilmente se consideriamo la sua mole e le provocazioni ricevute, allontana il personaggio in questione dai suoi cuccioli, come ogni buona madre farebbe.

Ma il suo calvario inizia proprio da lì, diventando un caso mediatico nazionale che porta la già malcelata incapacità della provincia, ad uccidere l’orsa, nonostante la protesta nazionale per la sua cattura, proveniente da più fronti. Vengono “persi” i due cuccioli per diversi giorni. Fortunatamente i piccoli sopravvivranno alla perdita della madre. La partecipazione mediatica alla vicenda di milioni di persone in Italia e all’estero, indignati per il trattamento subito dall’orsa e dalla sua prole, accende inevitabilmente i riflettori sulla gestione degli orsi in Trentino. Gestione completamente sbagliata, non solo per l’uccisione di un’orsa, ma anche perché non vi è stato, mai, nessun tipo di cartello di allarme per chi potesse passare da quelle parti, di informazione in caso di incontro, o il fatto che un semplice campanellino su uno zaino, avrebbe permesso a mamma orsa di allontanare i piccoli senza fastidio alcuno.

Ed ecco il secondo caso, quello di KJ2, anch’essa orsa femmina, con al seguito la sua prole, che si imbatte in un uomo ed il suo cane a passeggio nel bosco. In questo caso esiste un reale attacco di mamma orsa in difesa dei piccoli, che porta a ferite gravi, ma non letali, il malcapitato. Parte una caccia all’orso assurda, con il dispiegamento di forze che probabilmente si sarebbero potute impiegare prima e meglio. Ma l’atteggiamento che porta la PAT (Provincia autonoma di Trento) ad accusare di pericolosità i plantigradi, fomenta in pieno la caccia all’orso che ha segnato i periodi più bui del ripopolamento di specie in via di estinzione, sul nostro suolo nazionale e che a mio modesto parere si sta allargando anche al lupo.

Quel che fatico a comprendere, è come sia possibile che un orso comprenda che le sue amiche orse siano state uccise perché “aggressive” e che quindi decida, dopo ovviamente aver letto quotidiani e social media, che la soluzione sia stare lontano dagli umani per la loro e la sua incolumità. In quale modo, levando l’ironia, si pensa di far convivere plantigradi e sapiens?

Sono innumerevoli gli orsi morti o scomparsi per mano dell’uomo (e dei bracconieri) e pare ci sia un particolare abitudine alla morte per narcosi, l’ultima è l’orsa F43 che in fase di cattura è morta per mal posizionamento nella gabbia. Soprassediamo, non senza disgusto e rabbia.

Noi abbiamo portato gli orsi all’estinzione e ora li uccidiamo perché tentano semplicemente di vivere come natura vuole.

Non comprenderò mai come sia possibile essere perennemente autori e fautori di bellezze e mostruosità continue.

Una buona notizia c’è, però, ed è quella dei magistrati della quarta sezione che vieta la cattura degli orsi e chiede verifica, caso per caso, di orsi coinvolti in avvicinamenti o attacchi all’uomo.

F43, però, è morta, nonostante questo. E non si capisce come sia possibile che, nonostante il divieto di cattura, l’orsa fosse in gabbia a tubo, ufficialmente per cambiare il radiocollare che indossava, si legge nel comunicato della Provincia di Trento “per la sua spiccata confidenza con l’uomo”. Con tutta la mia ignoranza in materia mi chiedo se non ci potesse essere un altro metodo che non comprendesse una maledettissima gabbia a tubo.

Leggo spesso commenti del tipo “gli orsi sono pericolosi, rimetterli in libertà è stato un errore, vanno uccisi, meglio salvare l’uomo” e come sempre penso che innalzarci a giudici della vita, per non dire al ruolo di Dio, decidendo chi merita di vivere e chi di morire, faccia di noi la specie più parassita del pianeta.

La pessima gestione dell’orso in Trentino è, però, anche in contrapposizione con un’altra regione Italiana, l’Abruzzo, che dimostra, invece, come si possa avere equilibrio tra la vita degli orsi e quella degli umani. 50 sono gli esemplari presenti in Abruzzo e nessun caso mediatico ha portato ad uccisioni o catture. Purtroppo per gli orsi marsicani, la strada ed i suoi mezzi, sono l’unico vero rischio. L’Abruzzo ha chiesto più volte al Trentino di avere i suoi “presunti orsi aggressivi”, compresa Daniza, ma il Trentino, invece ha catturato ed ucciso.

Ma com’è possibile, quindi, che solo in Trentino gli orsi muoiano per reale colpa dell’uomo e della sua pessima gestione? Cosa differenzia l’Abruzzo dal Trentino?

Innanzitutto l’informazione, che come sempre, è la base di una società ben organizzata e preparata. E come la caccia alle streghe (o all’orso) ci ha insegnato, quando si conosce ciò di cui si ha paura, svanisca anche la fobia, si ragiona ed usa la testa anche davanti ad un probabile rischio.

La popolazione abruzzese è stata informata correttamente su come comportarsi in eventuali incontri con l’orso. Il parco nazionale d’Abruzzo è pieno di segnaletiche e cartelli che spiegano quali siano le corrette manovre davanti ai plantigradi e a come affrontare la situazione.

Questi alcuni punti proposti e tratti dalla pagina internet di Oipa (Organizzazione Italiana Protezione Animali) per la tutela dell’orso:

- individuazione di un nucleo di “portatori di contenuti”, capaci di rispondere in modo competente a questioni relative alla biologia, all’ecologia e al comportamento degli orsi, così come di fornire precise indicazioni sulle misure di sicurezza ambientale ed individuale, sulla gestione dei danni da orso e dei relativi risarcimenti;

- organizzazione di incontri informativi locali dei suddetti “portatori di contenuti”, secondo un calendario reso pubblico e regolarmente aggiornato, destinati a tutte le persone coinvolte ed interessate dalla presenza degli orsi;

- organizzazione di convegni/dibattiti pubblici in cui intervengano testimonial di buona convivenza con gli orsi, in un confronto con realtà concrete, semplici e di successo;

- organizzazione di un corso di formazione per “Bear Rangers”, figure che agiscano come operatori specializzati in grado di monitorare la zona di loro competenza, di informare costantemente la popolazione locale sulla presenza degli orsi e di accompagnare i turisti in sicurezza nelle zone a maggior probabilità di incontro ravvicinato, perché queste diventino finalmente un polo d’attrazione eco-turistica;

- predisposizione e distribuzione di materiali informativi da diffondere massicciamente in tutto il Trentino e nelle APT italiane ed estere, come ad esempio brochure multilingue, manuali pratici, cartelli di avviso e di indicazione sulle norme comportamentali;

- programmazione di un sito web dedicato agli orsi, che fornisca consigli e suggerimenti su come godersi in modo sicuro le vacanze in Trentino, tramite il quale venga pubblicato periodicamente il “bollettino sugli orsi”, analogamente a come si fa per la neve; in pratica un valido strumento preventivo e nel contempo capace di promuovere la presenza dei plantigradi come attrazione turistica (azione già, in parte, realizzata dall’iniziativa privata www.bearme.it, con cui sarà eventualmente possibile raccordarsi);

- creazione e gestione, nelle zone ad alta densità di orsi, di aree di attutimento dell’impatto orso-uomo, come ad esempio i classici frutteti dedicati;

- individuazione e creazione di corridoi ecologici attraverso cui gli orsi possano autonomamente individuare le proprie vie di dispersione naturale, evitando eccessive concentrazioni sul territorio trentino;

- incentivazione e promozione di progetti eco-turistici in cui l’orso rivesta un ruolo centrale, fino alla creazione di consorzi e marchi di qualità ispirati e dedicati alla sua presenza sul territorio trentino;

- impiego attivo delle risorse presenti nel MUSE – Museo delle Scienze di Trento, per la diffusione di una “cultura dell’orso” attraverso progetti mirati, sia all’interno del museo che in forma itinerante.

Ora mi chiedo, prima di abbattere creature che hanno la sola colpa di vivere in un pianeta invaso dall’essere umano, non si potrebbe tentare qualsiasi altra strada? Perché come dice il cartello all’entrata del Parco Nazionale d’Abruzzo avvisando della presenza degli orsi: “Saper convivere con me è un’opportunità.”

E lo è davvero.

di Melissa DEL DUCA

Fonti: https://grandicarnivori.provincia.tn.it e Oipa

Copyright foto: Shutterstock

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com

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