Ultime della sera: "Cose scritte sul dragaggio del fiume mazaro"

Il porto di Mazara in età borbonica tra problemi contingenti, sentimenti reali e grandi progetti sconfessati

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
31 Gennaio 2022 19:13
Ultime della sera:

Disponessi del dono di Andrea Camilleri avrei già scritto un romanzo storico sulle vicende del dragaggio del porto di Mazara.

Ovviamente non a proposito di quello di cui si parla in questi giorni, per il quale il termine “storico” potrebbe al limite, scomodarsi in ragione dei tempi di attesa maturati al riguardo, ma di quello richiesto dagli “Amministratori Municipali di Mazara…che “nel Maggio del 1836 (fecero) dessi tale loro voto conoscere al Governo per le cure del Consiglio della Provincia” .

Il voto che “si nettassero il Mazzaro e la sua foce” fu preso in considerazione 3 anni dopo, allorquando l’Intendente della Provincia, il signor barone di Montenero, ne conferì l’incarico all’arch. Giovanni Romej, ex tenente colonnello del Genio militare.

Ove qualcuno già obbiettasse che, ai tempi dei Borboni, 3 anni non fossero un tempo eccessivo per avviare un’opera del genere, occorre subito precisare che la pratica subì repentina accelerazione nel 1838, a seguito della visita in città, il 27 ottobre di quell’anno, di Sua Maestà il re Ferdinando II.

Come riferisce il col. Romej…ma qui, chiedo venia, devo spendere due parole sulla sua figura: nativo di Palermo, già ufficiale al seguito di Napoleone e, successivamente alle vicende qui narrate, partecipante alla rivoluzione del 1848, dove fu ucciso in azione; Mazara gli ha dedicato una traversa di corso Calatafimi, Trapani una traversa della via Fardella.

Come riferisce il col. Romej, dicevo, “Sua Maestà il Re esternò il sentimento (che) Mazzara (non ancora del Vallo, ma ancora con due ‘ Z ‘) si dotasse di “questo nuovo porto (alla cui costruzione) dovessero concorrere non solo i comuni di questo Distretto (di Mazara) ma quelli anche limitrofi, i prodotti dei cui territori avrebbero per esso un più pronto, comodo e facile spaccio”

Di tale sentimento il nuovo Intendente, commendator Laurelli ingiunse al Romej di “farne motto nella memoria” in una lettera datata 25 febbraio 1840, ragione per la quale quest’ultimo si sentì in dovere di ampliare il progetto al di là del mero ‘nettamento del Mazaro” includendovi la realizzazione di un porto artificiale a protezione della foce ed edifici complementari che, a guardare il progetto, ricorda, sia pure in dimensione ridotta, la forma di quello attuale.

Disgraziatamente, tra le intenzioni dell’Intendente, zelante interprete del sentimento reale, la discendente progettazione dell’ottimo architetto Romej, ed i desideri, molto più limitati, e comunque proporzionati alle somme disponibili, della Civica Amministrazione mazarese, si registrò un abisso, che diede origine a tutta una corrispondenza dai toni tali che sarebbero stati musica per le orecchie del maestro Camilleri, ove, per ventura, ne avesse avuto contezza e ritenuto di trarne un romanzo.

Qui basti dire che la Civica Amministrazione di Mazara, che si aspettava solo un progetto di escavazione, sollecitò il Romej solo dopo pochi mesi ed il Nostro, essendo, su incarico dell’Intendente provinciale, impegnato nella redazione di un ben più ampio progetto, pare se ne ebbe alquanto a male, ed a ragione, per quanto il tutto si originasse da un equivoco, come vedremo tra poco: non conosco la sua risposta, ma abbiamo, agli atti, la contro replica del Decurionato il Consiglio comunale dell’epoca) del 5 luglio 1840: “il porto che si progetta innanti la foce del fiume...abbisogna di spesa straordinaria (e, come per il) proporre usi impossibili...vi si bisogna immaginare una cattiva idea...(da) abbandonarne per sempre il pensiero, perder(ne) le speranze che sin ora ha concepito li Mazaresi, come altresì gli abitanti dei vicini comuni ..(essendo) come consigliare un individuo che appena potrebbe acquistare un moggio di terra d'impegnarsi ad avere un latifondo.”

In realtà, ed al di là della visione ristretta e ben poco lungimirante del nostro Decurionato, che sembrava non desiderasse altro che accontentarsi del “minimo sindacale”, tutto si riduceva, a ben vedere, ad una mera questione finanziaria: il progetto di Romej comportava, per essere realizzato, una spesa di circa 100.000 ducati.

Non so a quanto corrispondessero, ma basti dire che per il dragaggio il Comune di Mazara aveva a disposizione solo 8000 ducati, parte fondi propri, “parte serbati presso l’Intendenza provinciale” parte elargiti dal Vescovo del tempo, mons. Scalabrini, cui è stata intitolata una calata del porto nuovo di Mazara del Vallo.

Ai 100.000, come si disse sulle ali dell’entusiasmo della visita reale, si sarebbe dovuti giungere mercè il contributo dei Comuni vicini “fino ad Alcamo e Poggio Reale”.

Ma nessuno ne assunse l’iniziativa, né, di certo l’incombenza spettava al progettista; ma questi, nel frattempo, lavorava alacremente ad un progetto molto più vasto che, comunque, portò a termine, ed è oggi consultabile.

Il 5 luglio 1840, però, l’incarico gli fu comunque revocato per essere affidato, l’anno successivo, all’ing. Salvatore Maltese ed all’isp. D. MARINO MASSARI, i quali non solo si premurarono di rispettare il budget, ma si presero la briga di precisarlo nella relazione tecnica, ritenendolo “precipuamente necessario affinché d’altrui non fossimo appuntati d’inesatti, dichiarando il nostro progetto monco ed incompleto”.

Né mi è dato di sapere se a quel progetto si diede effettivamente corso.

Di certo c’è che, circa mezzo secolo dopo, nel 1905, il fondale alla foce del Mazaro fu rivelato in appena 3 metri e mezzo, da 4 canne, corrispondenti a quasi 8 metri, che era in età borbonica.

di Danilo MARINO

(si ringrazia il sig. Alessandro ROMEY per il prezioso contributo storico)

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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