Misteridicittà/Sailem, soldi, e sangue, le tre S di Rodittis. (Seconda parte)

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
13 Dicembre 2015 14:27
Misteridicittà/Sailem, soldi, e sangue, le tre S di Rodittis. (Seconda parte)

La scorsa settimana abbiamo pubblicato la prima parte di un articolo nell’ambito della rubrica Misteri di Città (vedi link https://www.primapaginamazara.it/index.php/misteri-di-citta/6504-misteridicitta-sailem-soldi-e-sangue-le-tre-s-di-rodittis-prima-parte ) che narra alcune vicende legate al ricco e potente imprenditore trapanese di origini greche Michele Rodittis.

Riprendiamo da un articolo de L’Unità del 20 gennaio 1980 che rivisita la questione sotto il punto di vista politico, ruotando intorno ad esponenti scudocrociati, Rodittis verrebbe visto come uno sbruffone posto ai margini della grande famiglia. Renzo Vento assessore ai LLPP nella giunta DC che vanta colleghi della ex democrazia nazionale come D’Alì, presidente della Banca Sicula, nega la possibilità di corruzioni e imbrogli, lui stesso non firma senza la certezza di genuinità degli atti. Il canale lo svela uno degli inquirenti, Rodittis è protetto dall’assessore regionale all’Industria, Salvatore Grillo, della corrente del ministro degli Esteri Attilio Ruffini.

A seguire l’inchiesta anche Dino Cerami che non commenta la vicenda appalti, il tutto resta ufficialmente avvolto dalla nebbia, ma gli inquirenti trovano altri elementi ad avvalorare la tesi che il nostro imprenditore era sottomesso ai Minore, come quella del porto di Mazara. La costruzione della nuova area portuale venne rilevata dalla SAIMAN, il cui proprietario defunto D’Agostino, era vicino agli ambienti della DC, nel frattempo Rodittis non viene lasciato a bocca asciutta e fornisce materiale alla ditta del boss mazarese Mariano Agate, allora 42enne, che si era aggiudicata i lavori a terra.

Tutti sembrano essere legati al percorso che seguono USA, Canada e Boris Giuliano da Palermo: eroina, tanta, solo 24 i kg intercettati all’aeroporto di New York. Con loro si parla anche di bombe, per destabilizzare a livello economico, e aggiudicarsi appalti, come quello del porto di Trapani assegnata a Rodittis affiancato da Totò Minore e Salvatore Zizzo per la parte terrestre del porto, dopo aver mandato in rovina Antonio Adamo l’originale affidatario dell’appalto.

Qualche anno più in là verrà ripresa la vicenda Rodittis da Sebastiano Messina, di La Repubblica, che nel 9 agosto del 1994 scrive a proposito dell’indagine sul magistrato Costa, tutta la vicenda che ingloba numerosissimi personaggi ebbe il là proprio con l’italo-greco di Trapani. Infatti nel 1981 Garofalo verrà trasferito e sostituito proprio da Antonino Costa, anche Montalto è in fase di trasferimento, i Minore quindi si avvicinano ai Bulgarella, al commendatore Favata, a Giuseppe Cizio, affinché venisse percorsa l’unica strada, quella della corruzione. Costa cede, Cerami rifiuta manda tutti a giudizio e minaccia di denunciare, passerà ai fatti dopo l’omicidio Montalto che avverrà dopo 3 settimane da questi eventi, il 25 gennaio dell’83. Il processo Rodittis presieduto da Costa vede tutti assolti, tranne un imputato di 88 anni, per insufficienza di prove.

Su La Repubblica Giuseppe Cerasa nel 20 novembre del 1986 ci informa del fatto che venne assicurato alla giustizia per l’omicidio Montalto, la corruzione di Costa e il traffico internazionale di stupefacenti il ricercato è Calogero Minore 62 anni, latitante nella sua lussuosa casa della vivissima via Fardella a Trapani. A tradirlo il contratto con Sip ed Enel di una casa apparentemente disabitata, se non dalla moglie Diega Daidone. Come tutti i boss ha avuto la fermezza, che li accomuna quando capiscono che nella vecchia battaglia tra guardie e ladri a perdere sono stati loro, perché anche i piccoli sanno che a lungo andare il crimine non paga, mai, sotto nessun punto di vista, nessun livello, e nessuna sfera.

Montalto li aveva collocati bene sullo scacchiere mafioso internazionale, accanto a Bonanno, Galante, Magaddino, Buccellato, Corleonesi, politica, imprenditori, creatore di società con costruttori catanesi, presidente, della squadra di calcio, ma presidente. 

Ad accendere i riflettori sulle loro case nel quartiere Borgo è stato un triste evento, l’infarto di Giovanni Minore, Montalto non ci crede e arriva a far riesumare il cadavere, ma i risultati non furono rilevanti e si calamitò l’odio di tutta la famiglia per quell’atto di ostinata curiosità. I Minore l’attirarono con il famoso rapimento, azzardato, che porterà gli inquirenti a investigare e metter mano su intercettazioni che equivalsero ad un terremoto per il palazzo di Giustizia.

Non si può esulare da tutto ciò la SAILEM, gestita come altre società dall’imprenditore Benedetto D’Agostino 48 anni che come sottolinea Enzo Mignosi il 25 novembre del ’97 era sospettato di essere in affari con il corleonese Riina, infatti tentò la fuga con la famiglia e numerosi miliardi di lire, verso la Malesia, ma non sapeva di essere intercettato dai Carabinieri mentre parlava con un amico fornendo troppe informazioni riguardo le sue intenzioni.

Sulla sua persona, come scrive Mignosi, parlano i pentiti: “E per inquadrare la personalità di D'Agostino bastano poche battute. Dice Francesco Di Carlo: "L'imprenditore offrì la sua disponibilità e godeva di protezione perché era raccomandato da Bernardo Brusca". E Salvatore Cucuzza: "Era amico di Michele Greco e Pippo Calò gli consegnò denaro in valuta estera per esigenze imprenditoriali". Sentiamo Francesco Onorato: "Era in ottimi rapporti con Rosario Riccobono".

E Francesco Marino Mannoia: "Nella sua villa alla periferia di Palermo ospitò latitanti del maxi processo come il killer Mario Prestifilippo". Ultimi, Salvatore Lanzalaco, Salvatore Barbagallo, Giovanni Brusca e Angelo Siino hanno sferzato D'Agostino rivelando i retroscena di tante manovre spericolate per arraffare appalti. Spesso con le minacce e anche con la violenza. Qualche volta, dicono i pentiti, l'imprenditore agiva per conto terzi nella qualità di prestanome. Un esempio: il mafioso Antonino Buscemi, condannato al maxiprocesso, e attualmente agli arresti domiciliari, avrebbe svolto una serie di attività economiche intestandole all'amico Benny che aveva buone entrature nel mondo della politica e dell'alta burocrazia regionale.

E anche Totò Riina avrebbe fatto affari in società con D'Agostino: il capo di Cosa nostra mettendo in campo la Reale Costruzioni, l'imprenditore la Sailem. Entrambe "favorite mediante la sistematica e illecita aggiudicazione degli appalti".”

Godrà delle attenuanti in quanto collaboratore nel processo contro Giulio Andreotti (riferirà che Michele Greco, gli aveva confidato di avere incontrato più volte l’ex presidente del consiglio), ma insieme al fratello verrà condannato per il crac della SAILEM dichiarato nel 1999.

La SAILEM (Fincantieri) venne anche segnalata alla procura nel 2012 quando ormai risulta da tempo in fallimento per mancata sicurezza sul posto di lavoro. Infatti nonostante consapevoli dell’illegale presenza di amianto non sembrano state attenzionate le basilari misure di sicurezza per i lavoratori, responsabili Giovanbattista e Benedetto D’Agostino, il timore è che la lista si allunghi proprio come avvenne per Fincantieri.

Ci vorranno anni prima che la Sailem (nel frattempo divenuta s.r.l.) ritorni a legare il suo destino con Mazara del Vallo. Il 21 agosto del 2013 vide un altro sequestro, ma stavolta di gambero rosso di Mazara del Vallo, lo chef Natale Giunta e Giuseppe Casabona il proprietario, diranno che è infondato, in quanto rispondente ad una legge abrogata un anno prima.Arriviamo nel 2015. Il 26 giugno le condanne definitive per la bancarotta fraudolenta di 43 miliardi di lire, a ciò si aggiunge una distribuzione di infiniti beni, alcuni dei quali venduti per pagare stipendi di dipendenti di altre loro società, ma alla fine furono gli stessi dipendenti che avanzarono richiesta di messa in mora, e lì si aprì il vaso di Pandora, crediti inesistenti, cessioni fittizie, operazioni fantasma per evitare attacchi dai creditori, ma ancora una volta Benny D’Agostino, non resterà in carcere per molto, il 27 novembre del 2015, giunge una nota che dopo soli cinque mesi su tre anni arriva l’affidamento in prova, farà volontariato.Il Dipartimento regionale della protezione civile, servizio per la provincia di Trapani con firma del Responsabile Unico del Procedimento (Ing.

Giovanni Indelicato), condurrà un esproprio di molti terreni intestati per lo più ai Rodittis per la realizzazione dei lavori per il miglioramento della via di fuga esistente e delle relative vie di adduzione in località Pizzolungo (s.p. 20) in territorio del comune di Erice. Per chi volesse dilettarsi nella lettura più approfondita ecco il link di una sentenza: http://www.ilfallimento.it/giurisprudenza/102.htm Come accennato in precedenza non sempre le vicende misteriose legate ad un territorio si svolgono completamente all’interno del perimetro cittadino, ma necessaria è una visione d’insieme per poter meglio comprenderne e valutarne il quadro con la minima quantità di pezzi mancanti.

In fondo è ciò per cui la giustizia e la verità lottano e il motivo del loro esserci, teniamolo sempre vivo, nel lungo e irto percorso a costo di esserne staffette!

Rosa Maria Alfieri

Francesco Mezzapelle

13/12/2015

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