Misteridicittà/Sailem, soldi, e sangue, le tre S di Rodittis. (Prima parte)

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
06 Dicembre 2015 11:45
Misteridicittà/Sailem, soldi, e sangue, le tre S di Rodittis. (Prima parte)

Non sempre i misteri che riguardano una città la coinvolgono in toto, specie quando gli attori della vicenda risultano essere attaccati alle ventose degli infiniti tentacoli che la mafia vanta di possedere. Coloro i quali si trovano in prossimità della testa sono quelli che possono guardare dall’alto e interagire con i colleghi di pari statura social-piovresca.

Proprio per questo legame, e per così tante interazioni, ridurre alcune vicende ad una sola puntata di questa nostra rubrica domenicale sta iniziando a cozzare con la brevità e concisione che una piacevole lettura a puntate dovrebbe garantire, ma l’attesa, Vi garantiamo, soddisferà le aspettative.

La storia che Vi introduciamo oggi, con il contributo, consultabile on line, della penna di Vincenzo Vasile de L’Unità, forse sarebbe rimasta sopita per molto più tempo se in quel pomeriggio del 17 gennaio del 1980 il caso non avesse voluto che un pastore notasse qualcosa affiorare dalle acque del fiume che aveva innanzi. Scorrevano calme e poco prima della foce le acque del Belice nel territorio comunale di Castelvetrano, quando a interrompere il loro lento andare ecco che qualcosa sbuca fuori, il nostro pastore si lascia catturare da quella cosa che galleggiando riaffiora sempre più iniziando a prender le somiglianze di un essere umano, una testa di donna, poi un braccio, poi un altro, poi un’altra testa e ancora un’altra.

Il nostro stupito pastore si sarà di certo posto alcuni interrogativi, chi sono? Da dove vengono? Cosa è successo loro? Incidente accidentale o voluto? E ora che fare?

Ma, come a testimoniare che al peggio non c’è mai fine, ben presto il pastore si accorgerà che non è l’incidente la causa della fine di quelli che risultarono essere tre corpi. Evidenti i segni intorno al collo come se fossero stati torturati con un cappio, magari di ferro, e come se non fosse abbastanza i corpi si trovarono legati con due metri di filo spinato a quattro spranghe di ferro come dei crocifissi.

Come se fosse stata inflitta loro una punizione. In un articolo dell’epoca L’Unità mostra una foto e specifica i nomi delle tre vittime: Anna Rita Ruggieri 16 anni di Tivoli, Benedetto Gambicca 23 anni, Francesco Criscenti 23 anni di Trapani. Ad indagare i carabinieri della compagnia di Trapani che nel loro rapporto fanno menzione, tra gli indagati, del ricco e potente imprenditore trapanese Michele Rodittis, 52 anni di sembianze e origini greche, protagonista di uno strano, stranissimo caso di sequestro il 27 settembre del 1977, che lo vede rilasciato dopo appena tre giorni, gratis e con tanto di orologio d’oro massiccio al polso, questo accade se non si ha il beneplacito delle cosche, troppo anomalo per non destare sospetti o essere considerato un falso sequestro.

E proprio questa è l’anomalia che porta gli inquirenti a collegare le due vicende tra di loro e ai fatti succeduti una settimana prima del ritrovamento dei tre corpi nel Belice.

Infatti durante un agguato in una fattoria di Custonaci, restarono uccisi il pastore-rapinatore ventottenne Angelo Scuderi così come Gambicca e Criscenti, mancava un quinto assassinio per la totale vendetta verso i sequestratori, che si scoprì essere Giuseppe Incandela 40enne, impresario di pompe funebri freddato a Paceco il 2 febbraio del 1979. Incandela si macchiò della colpa di ricattare Rodittis con la registrazione della dichiarazione di Girolamo Marino 38enne, sfuggito alla strage, si pensa possa essere stato proprio lui il pastore che per primo vide i tre crocifissi nel fiume, da quel giorno iniziò a pronunciare una frase che faceva sorgere molti più interrogativi di quanti ne chiarisse: “Vivrò fino a quando quel nastro rimarrà conservato al sicuro”.

Incandela fu messo come truffatore alle sue costole, assoldato con 50 litri di vino dalla malavita ma forte del potenziale della sua scoperta si caccerà in guai che gli varranno la vita.

Ai fini di un’indagine i carabinieri hanno ammanettato, per mandato del giudice istruttore Raimondo Cerami (che seguirà l’inchiesta insieme ai sostituti procuratori Francesco Garofalo e Giangiacomo Ciaccio Montalto) tre capimafia come il nostro imprenditore Girolamo Marino e Vito Sugameli e Calogero Minore; e quattro picciotti tra allevatori e agricoltori: Giuseppe CusenzaNicolò NicosiaVito Mazzara e Vito Parisi, tutti latitanti dal ’78, inoltre Totò Minore, ex sindaco di San Vito Lo Capo e Mario Mazara.

La positività delle indagini chiarirebbe la ripida ascesa finanziaria dei soggetti e del loro presunto gruppo malavitoso di appartenenza. Rodittis dal canto suo, amava pavoneggiarsi del fatto che poteva permettersi di rifiutare appalti che non superassero il miliardo di lire, uno come lui che aveva impostato la gavetta imprenditoriale sulle perizie di variante sugli appalti di opere pubbliche, prediligendo quelle marittime. Facile, direbbe qualcuno, quando hai le “spalle ben coperte”, la palermitana SAILEM (Società Anonima Italiana Lavorazioni Edili e Marittime), del gruppo ENI, monopolizzato il settore edilizio meridionale aveva nella società del Rodittis la prediletta per l’affidamento dei subappalti presso il porto di Trapani, e iniziò il via delle costruzioni dei moli delle isole Egadi, Favignana, Marettimo, Levanzo, di Castellammare del Golfo, e di Pantelleria.

Moli che non resistevano ad una mareggiata, ma la ditta era sempre pronta ad effettuare la riparazione.

Come una storia di amanti, la relazione con Sugamele e Minore era sconosciuta, quasi impensabile, solo la vicenda del sequestro parve far riaffiorare nella mente il collegamento dell’imprenditore con il Genio Marittimo di Palermo e con amministratori pubblici, grazie ai quali a Monte San Giuliano si poté divertire a giocare al minatore, ogni qual volta necessitava di marmo, almeno fino al tragico evento del novembre del ’76 quando un fiume di fango e detriti inondò la città spegnendo sedici vite.

Il sequestro di Rodittis sembra si sia concluso “manu militari”, e come a voler dare una giustificazione confidò le sue difficoltà finanziarie, effettivamente accertamenti fecero emergere un conto in rosso presso il Banco di Roma di ben 1,7 miliardi di lire. Ma la sua capacità imprenditoriale gli permetterà non solo di mantenere in vita le sue sette imprese, ma anche di rilevare quelle del fratello deceduto per infarto durante il suo brevissimo sequestro. Rodittis con la vicenda del sequestro si ritroverà da protetto a strumento di rilancio per intercettare quanto più denaro pulito poteva, tramite appalti pubblici legato sempre più ai Minore, la cui fama li precedeva anche oltreoceano negli ambienti dell’eroina, sia in USA che in Canada.

Uno dei primi appalti che si aggiudicò fu la posa dei tubi del metanodotto Algeria-Italia a Capo Feto (Mazara del Vallo), chissà perché la stragrande maggioranza di personaggi di spicco della cronaca in tutti i decenni che hanno visto protagonista questo immenso progetto ritornano ad inciampare con questi tubi, dal terremoto all’omicidio Prati-Coppola, e ancora lo rivedremo in molte altre vicende con ogni probabilità, ma siamo nell’80 e ancora è tutto nelle mani degli inquirenti.

Un'altra vicenda uscita da dietro le quinte, riguarda Girolamo Marino conosciuto nella sua città come “Mommo u nanu”, grazie ad alcune distrazioni dell’Intendenza di Finanza di Trapani poté negare l’accesso ad un demanio di 30 ettari incolti alla Cooperativa giovanile Cepeo nata a Trapani, sull’onda delle lotte per le misure anti-alluvione del’76, una inondazione che fu provocata proprio dalle cave di marmo di cui Vi parlavamo prima.

Tra le zone distrutte da quel disastro legato alla cava anche Marsala con le sue saline venne coinvolta, infatti dopo un lungo periodo di abbandono solo intorno a metà marzo dell’88 iniziarono a rifiorire (5 almeno) sia per l’ingente richiesta vista l’aumento della domanda di prodotti ittici lavorati, sia per nuovi progetti come la via del sale; vennero stanziati 24 miliardi, moltiplicabili fino a 100, ed ecco che si chiarisce il disegno di sangue che, come se tracciato da una mente votata al denaro, riesce a prender la forma di un segno di infinito, circolare e intrecciato.

(fine prima parte)

Rosa Maria Alfieri

Francesco Mezzapelle

06/12/2015

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