Misteridicittà/Oggi 34 anni esatti dal terremoto del 1981 ma ancora “ignote” le cause e loschi affari sulla “ricostruzione”.

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Giugno 2015 11:14
Misteridicittà/Oggi 34 anni esatti dal terremoto del 1981 ma ancora “ignote” le cause e loschi affari sulla “ricostruzione”.

Era una domenica più calda di quella odierna quella del 7 giugno 1981. Sono passati esattamente 34 anni da quella giornata. La terra cominciò a tremare qualche minuto dopo le 15, una violenta scossa (di magnitudo 4.8-5.0, registrato dall'Istituto nazionale di geofisica) avvertito anche nell'Agrigentino colpì l’estremità sud-occidentale della Sicilia.

Ad essere colpite furono maggiormente le città di Mazara del Vallo (soprattutto la zona di Tonnarella ed il centro storico) e Petrosino (contrade “Camurri”, “Rallo I” e “Spanò”). A tale scossa hanno fatto seguito altre leggere nei giorni 8,9,10 ed 11 giugno. Successivamente il 13 giugno, fra le 19,30 e le 20, vi furono altre due scosse rilevanti, la prima di magnitudo 4.1, la seconda di 3.9.

Il sisma del 7 giugno 1981 fortunatamente, non provocò morti; tuttavia, i danni al patrimonio edilizio furono consistenti: dai dati forniti alla Camera dei Deputati, durante la seduta del 23 settembre dello stesso anni dal deputato mazarese del Pci Giuseppe Pernice (in foto), almeno il 60% degli edifici dei Comuni di Mazara del Vallo e Petrosino risultarono lesionati. A Mazara del vallo risultarono danneggiati la Basilica Cattedrale, molte chiese, il palazzo del Comune, Il Liceo Classico presso l’ex Collegio dei Gesuiti etc; a Petrosino le scuole e le chiese.

Secondo un volume redatto nel 1986 dallo stesso on. Giuseppe Pernice e pubblicato dalla Camera dei Deputati, il numero dei senzatetto o di gente che ha abbandonato la propria casa è nelle prime settimane post-terremoto di 10.000 a Mazara del Vallo e di almeno 2.000 a Petrosino. Le tende distribuite alla data del 26 giugno 1981 (dopo circa 20 giorni dal terremoto) ammontarono a 3.342 a Mazara (diventeranno 5.000 dopo qualche mese), una cinquantina di roulottes (2.000 tende a Petrosino ed una decina di roulottes).

La situazione più grave si registrò a Mazara del Vallo con circa 1.300 immobili da demolire a causa della grave compromissione delle strutture. Gravissimi danni anche nella vicina Petrosino hanno riportato altre 750 abitazioni. Un terremoto spesso considerato di "serie B" ma che privò tanta gente di una casa ed il ricordo di molti cittadini tornò al tragico terremoto del Belice ed alla mancata ricostruzione. Non è un caso che l’on. Pernice (raggiunto a Mazara dal collega on.

Pio La Torre constatò di persona i danni del sisma) intitolò la sua pubblicazione-denuncia (1986) “Perché non si ripeta il Belice…”. L’onorevole comunista (con diversi interventi ed interrogazioni parlamentari) insieme ad altri parlamentari del PCI si fece promotore di una grande battaglia politica per imporre prima al Governo Nazionale l’emanazione di un decreto-legge e successivamente al Parlamento l’adozione di provvedimenti legislativi per garantire innanzitutto l’assistenza ai senzatetto e, poi, i finanziamenti per la riparazione e ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma; insomma si chiese allo Stato una risposta diversa da quella data nel 1968 al terremoto del Belice la cui ricostruzione dopo circa 50 anni non è mai completamente avvenuta.

Sulle cause del terremoto del 7 giugno 1981 si dibattè molto, si parlò di un movimento nella linea di divisione nel Canale di Sicilia delle due faglie, quella africana e quella euroasiatica; in molti però attribuirono il terremoto ai lavori di escavazione marina per l’installazioni delle tubazioni dover far passare il gas metano proveniente dall’Algeria e che arriva presso la centrale del metanodotto di Capo Feto (fra Mazara e Petrosino appunto).

L’on. Pernice, insieme ai colleghi Spataro e Giudice, presentarono infatti un’interrogazione parlamentare al Governo nazionale circa la possibilità che a creare il sisma fossero stati i lavori di prospezione con il metodo “Vaporchoc” condotti, dal 1 giugno al 12 agosto 1981, dalla motonave “Polar Bjorn”, di bandiera norvegese, per incarico della “Compagnie Generale de Geophisique” su commissione della Agip Spa di san Donato Milanese. La risposta dell’allora Ministro delle Partecipazioni Statali, Gianni De Michelis, non fu però esaustiva.

Seguirono iniziative parlamentari ed indagini sul doposisma, circa gli aiuti (i criteri per l’assegnazione delle tende furono “discrezionali” in considerazione anche delle imminenti elezioni regionali). A seguito dell’aperura di un’inchiesta da parte della Magistratura (vedi articolo foto n.1), una delegazione guidata da Adalberto Minucci della Segreteria Nazionale del Pci fu a Mazara del Vallo in quei giorni successivi al sisma e visitò le tendopoli e constatò pure che vi erano cittadini che pur necessitando di una tenda non l’avevano ricevuta. Il Sindaco di allora non si fece trovare e non volle rispondere perché in Comune vi era troppa confusione. Minucci constatò che vi era “necessità di altre tende e che la Giunta Regionale ed Il Ministero degli Interni non poteva sfuggire a questa responsabilità”.

Tormentato e difficile fu pure l’iter parlamentare che portò finanziamenti per la riparazione dei danni del terremoto e per la ricostruzione. Grazie all’indomita attività del gruppo parlamentare, regionale e locale del PCI (vedi lo sciopero a Mazara del Vallo del 23 luglio 1981 con più di 5.000 cittadini in un corteo di protesta). Finalmente il 28 luglio 1981 il Consiglio dei Ministri approva il testo di un decreto legge (il n.397 convertito nella legge n.536) che prevede interventi in favore delle zone colpite da eventi sismici.

Per il terremoto del 7 giugno 1981 vengono stanziati così 80 miliardi delle vecchie lire, poi portati a 104. Successivamente per venire incontro a quanti hanno subito danni irreparabili alle loro case, vedi soprattutto nel centro storico mazarese, furono stanziati 24 miliardi delle vecchie lire per al costruzioni di nuovi alloggi di edilizia popolare in grado di ospitare più di 3.000 persone (il gruppo parlamentare del PCI allora accusò la Giunta Comunale di Nicolò Vella e della Dc mazarese circa la “discutibile” individuazione di un’area periferica estesa circa 100.000 mq (l’odierna Mazara Due) priva di urbanizzazione, primaria e secondaria, e “dell’assunzione di un centinaio di giovani al carro della maggioranza”.

L’appalto per i lavori (iniziati nel dicembre 1983) di costruzione di Mazara Due fu affidato alla Ditta Edilp di Roma che utilizzò forza lavoro locale concedendo numerosi subappalti a ditte mazaresi. (vedi foto n.3 articolo del GdS del 31 marzo 1984)

Sempre nel volume prodotto dall’on. Pernice (ingegnere e ricercatore del Cnr) si accusava il Comune di Mazara del Vallo del ritardo per l’erogazione dei fondi ai destinatari degli interventi nonostante una prima trance delle somme stanziate dalla legge n.536 fossero arrivate nel dicembre del 1981 e depositati nelle banche locali invece di essere messe a disposizione dei cittadini. Tale situazione venne denunciata alla Camera dei Deputati da un’interrogazione firmata da Pernice, Rossino, Giudice e Spataro.

Così il Gruppo Comunista della Camera dei Deputati presenta una proposta di legge (la n. 3302 del 1 aprile 1982) per garantire, anche alla luce della disastrosa esperienza fatta nel Belice, che la ricostruzione a Mazara del Vallo e Petrosino possa essere ultimata in tempi brevi. La proposta seppur soggetta a varie modifiche dopo un lungo iter non viene approvata a causa dell’anticipata fine dell’VIII legislatura.

L’attività dell’on. Pernice continuò anche nella successiva legislatura repubblicana con la presentazione (15 settembre 1983) come primo firmatario di una proposta di legge (vedi foto n.3) per ulteriori somme in favore delle zone colpite dal terremoto visto che quelle già previste avrebbero coperto soltanto il 60% dei danni. Dopo un complesso iter e modifiche la “Legge Pernice” (la n.462/1984) viene approvata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 16 agosto 1984.

Oggi a 34 anni da quel terremoto la ferita non è stata però ancora chiusa e restano molti lati oscuri. Molti mazaresi si chiedono a che punto è la ricostruzione e la restaurazione di molti edifici perchè ci sono ancora da esaminare circa 400 pratiche di cittadini che hanno avuto la casa o l'edificio distrutto o gravemente lesionato e ci sarebbe una disponibilità finanziaria di circa 500 mila euro, una goccia nel mare.

Le varie “Commissioni comunali Terremoto”, nominate dalle diverse Amministrazioni che si sono succedute, delle complessive 3247 pratiche presentate ne avrebbero esitato 2841 e così ne restano circa 400 ma tutte non potranno avere la copertura finanziaria; rischiano di perdersi i finanziamenti in relazione alle legge regionale 85 del 1982 che prevede di rimpinguare del 25% i contributi statali previsti dalle 536/81 e 462 dell'84. Perchè la macchina dei finanziamenti si è fermata? Non dobbiamo dimenticare che molti proprietari di immobili del centro storico hanno abbandonato le proprie abitazioni ed hanno optato per un appartamento a Mazara 2.

La legge regionale, in questo caso, prevedeva la ristrutturazione degli immobili del centro storico e di Mazara Due che ormai, dopo 30 anni, sono ridotti male. Il Comune doveva redigere un piano economico e finanziario per acquisire i relativi finanziamenti, sia quelli della Regione che dello Stato. Andò meglio agli edifici sacri che furono dichiarati inagibili. Sul finire del 1992 Mazara, con la maggior parte degli edifici sacri restituiti alla piena funzionalità, fu pronta alla celebrazione del nono centenario della istituzione della Diocesi.

La magistratura in quei primi anni ’90 aprì un’inchiesta sui fondi assegnati dopo il terremoto, che portò nel marzo del 1993 a 14 arresti eccellenti tra i dirigenti dell’allora Istituto Bancario Siciliano e di amministratori del Comune di Mazara del Vallo, tutti accusati d' interesse privato in atti d'ufficio.

Fu in quel periodo che si cominciò a parlare della provincia di Trapani come della “Svizzera dei mafiosi” per le connivenze fra colletti bianchi, politici, imprenditori e clan. Oggetto dell’inchiesta fu la gestione dei fondi statali, della pioggia di miliardi di lire, assegnati al comune di Mazara del Vallo dopo il terremoto del 1981 per al ricostruzione e messa in sicurezza di migliaia di edifici, molti del centro storico.

Secondo l' accusa, l'Ibs, che gestiva il servizio di tesoreria per conto dell'Amministrazione comunale, sulle somme depositate avrebbe pagato interessi inferiori di circa otto punti rispetto al tasso dovuto. Tutto ciò avrebbe arrecato alle casse municipali un danno valutato intorno ai 15 miliardi delle vecchie lire. Ciò fu possibile –secondo i magistrati- grazie “all'atteggiamento doloso dell’amministrazione comunale di Mazara del Vallo e a una possibile istigazione da parte dei responsabili della banca”.

L' inchiesta, -come si evince dall’archivio storico del Corriere della Sera- fu portata a termine dal procuratore Antonio Sciuto e dal sostituto Massimo Rossi, era stata avviata alcuni anni prima da Paolo Borsellino, con la collaborazione del dirigente del commissariato di Mazara, Rino Germana. Quest' ultimo, nel settembre del 1992 scampò miracolosamente ad un agguato di mafia sul lungomare Fatamoragana, a Tonnarella. Fra le tante ipotesi fatte subito dopo quel tentato omicidio, c' erano anche le inchieste che Germana' aveva avviato sugli amministratori di Mazara.

Alcuni mesi dopo il Consiglio comunale venne sciolto per infiltrazioni mafiose. La retata conclusasi all'alba del 30 marzo 1993 impegnò decine d'agenti della polizia di Mazara del Vallo e Trapani con la collaborazione del Gico di Palermo. In manette finirono il presidente, vicepresidente e direttore dell'istituto di credito, poi assorbito dal Credito Emiliano. Arresti anche per gli ex sindaci di Mazara del Vallo Rosario Tumbarello (Psi) e Ignazio Giacalone (Dc), per ex assessori e funzionari comunali.

Ma torniamo all’attualità. Il 26 marzo scorso il sindaco Nicola Cristaldi, con determina n. 53/2015 ha nominato l’ing. Matteo Pecunia, presidente della Commissione Terremoto. Ricordiamo che il 9 dicembre scorso il Consiglio Comunale aveva eletto i componenti della Commissione Terremoto: i consiglieri comunali Vito Foderà ed Andrea Burzotta, i tecnici Roberto Gallo, Giovanni Lamia, Giuseppe Gaetano Tumbarello e Lorenzo Caronia, per l’esame delle perizie tecniche Legge n° 536/81 e successive modifiche ed integrazioni. La Commissione era stata integrata dai rappresentanti indicati dal Genio Civile di Trapani (geom. Francesco Ferreri, dalla Soprintendenza ai Beni Culturali (arch. Giovanni Tranchida) e dal Responsabile dell’Ufficio Igiene Pubblica o dal dott. Pietro Valdemone quale eventuale sostituto.

Ci chiediamo però se l’ennesima ricomposizione della Commissione Terremoto degli ultimi decenni possa davvero chiudere una ferita dolorosa nella storia della Città, non vi sono solo i danni strutturali ma quelli morali. La nuova Commissione sarà in grado di chiudere finalmente la vicenda? Oppure, come è stato in questi anni, la sua costituzione risulterà ancora una volta un “automatismo politico”?

Di Commissioni su varie problematiche i cittadini mazaresi ne hanno viste troppe in questi decenni, l’ultima ad esempio è stata quella relativa al Piano Regolatore Generale del quale si parla sempre meno, anzi diciamo che sussiste un silenzio assordante in barba al mancato sviluppo economico-produttivo della Città, per non parlare del Piano Strategico della Città, redatto con soldi pubblici pochi anni fa e però dal 2009 relegato in un cassetto del Comune.

Perché allora non costituire una Commissione anche per i danni creati al litorale ed alla spiaggia di Tonnarella attribuiti sempre al maltempo (e poi tamponati con interventi discutibili con gli stessi crolli della strada che si ripetono ogni inverno) e che invece andrebbero ricondotti alla modifica della morfologia dei fondali a causa della posa delle condotte attraverso le quali arriva il gas metano dall’Algeria presso la centrale Snam di Capo Feto?

Gira e rigira si arriva al punto di partenza e ci poniamo il solito interrogativo: le Amministrazioni negli ultimi decenni hanno “venduto” il territorio mazarese a lobby economiche ricevendo in cambio solo benefici personali e politici. Tutto ciò ha provocato un doppio danno ai cittadini mazaresi: senza benefici (il prezzo del gas metano pagato più dei milanesi pur avendo la centrale in casa) e costretti a pagare i danni.

Francesco Mezzapelle

07-06-2015 13,00

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