“La demolizione, così come prevista senza alcuna possibilità di reinvestire nel settore, non può essere una soluzione. Servirebbero seri interventi ed incentivi per la ripresa del settore che altrimenti è destinato a morire”. Questo il quasi unanime pensiero della marineria di Mazara del Vallo commentando la nuova “tranche” di demolizione dei pescherecci di altura che esercitano la pesca a strascico. Sono infatti circa una ventina le richieste pervenute dal comparto ittico mazarese a seguito del decreto, emesso lo scorso luglio dal Dipartimento Pesca del Masaf, che permetteva alle società armatrici di presentare, entro il 30 settembre, la richiesta di contributo per la demolizione del proprio natante.
Si tratta di un numero consistente in considerazione del fatto che l’intera flotta locale conta un’ottantina di pescherecci adibiti alla pesca mediterranea. Bisogna però dire che soltanto una piccola parte delle richieste sarebbe accolta vista la dotazione complessiva a livello nazionale di 74 milioni di euro; in tutto potrebbero esser da quattro a cinque le imbarcazioni di oltre 24 metri, operanti nella zona di pesca GSA16 quella ove pescano gran parte dei pescherecci mazaresi, che andrebbero demolite.
Le cause dall’alto numero di richieste sono da attribuire alla vetustà (criterio prioritario di accesso alla misura) di numerosi natanti, alcuni dei quali di età oltre i trent’anni, ma anche alle gravi problematiche che da alcuni anni attanagliano il comparto ittico mazarese. In primis il problema del caro gasolio il cui prezzo del gasolio oggi si aggira sui 0,65 euro al litro, prezzo che dopo una discesa in questi ultimi mesi sta nuovamente aumentando a causa della guerra in Medioriente e della salita del prezzo del greggio; per poter sostenere i costi i pescatori dovrebbero pagare il prezzo del gasolio non oltre i 50 centesimi.
Altri problemi sono ascrivibili all’eccessiva burocrazia, a normative Ue sempre più stringenti. I pescatori negli ultimi anni hanno dovuto far fronte anche alla restrizione progressiva degli areali di pesca anche a causa delle limitazioni imposte sia dal Governo italiano che da diversi Paesi rivieraschi, a partire dalla Libia, che hanno stabilito unilateralmente delle zone economiche esclusive estese ben oltre le 12 miglia territoriali. E per il prossimo futuro la situazione è destinata a peggiorare con la creazione di grandi parchi eolici offshore nel Canale di Sicilia.
Che senso ha parlare di sostenibilità ambientale quando le aree di pesca nel Mediterraneo si restringono e si produce l’effetto devastante di concentrare i pescherecci in poche aree? Per non parlare della spietata concorrenza delle marinerie nordafricane che pescano negli stessi areali senza nessuna limitazione, o regole e con costi di armamento certamente più bassi che poi si riflettono sul prezzo del prodotto sui mercati ed in particolare su quello, sempre più soggetto a ribassi, del rinomato gambero rosso pescato storicamente negli alti fondali sabbiosi del Mediterraneo centrale, ma anche a ponente, nel basso tirreno, e perfino nelle lontane acque del Mediterraneo orientale il cui raggiungimento necessita oltre due giorni di navigazione.
Nell’estate del 2022 un cartone (12kg) del rinomato gambero rosso di prima pezzatura arrivò ad essere venduto fino ad 900 euro, oggi il prezzo del gambero rosso si è ribassato: un cartone viene infatti venduto a circa 700 euro, un chilo di gambero di prima costa circa 60 euro. Alcuni armatori da mesi hanno deciso di tenere ormeggiati in porto il proprio peschereccio in quanto hanno considerato non profittevole l’uscita in mare a fronte dei costi sostenuti, sono loro in primis che hanno fatto domanda di demolizione e così spiegano: “la disperazione sta causando la fine delle nostre attività di pesca.
E’ doloroso togliersi il mezzo di lavoro ma cosa si può fare quando si rischia di perdere tutto e all’orizzonte non vi è niente di buono circa le prospettive future? Si cerca almeno di salvare il capitale”.
Santino Adamo, armatore mazarese e rappresentante di Federpesca, punta il dito sulla politica: “Questa miope e dannosa politica dell’Ue per ridurre lo sforzo di pesca a chi porta vantaggio? Certamente non al miglioramento dello stato di salute del mare e delle sue risorse ittiche. Dove noi non pescheremo più –sottolinea l’armatore- vi pescheranno, e già lo fanno, i sempre più grossi e numerosi pescherecci tunisini le cui società hanno il 25% dei costi di armamento rispetto ai nostri. Servirebbe una politica comune della pesca nel Mediterraneo altrimenti tutte le normative e le cosiddette politiche di sostenibilità ambientale rischiano seriamente di risultare vane, questo lo sanno tutti ma si va avanti lo stesso, ci sono troppi altri interessi in ballo”.
Maurizio Giacalone armatore e presidente dell’OP Gambero Rosso di Mazara del Vallo così evidenzia: “quello che deve far riflettere non sono tanto le domande di demolizione, alla fine in pochi potranno accedere al contributo, ed anche con una prossima seconda trance prevista nel Feamp sarà la stessa cosa. Il vero problema che affligge oggi la marineria di Mazara del Vallo è la mancanza di personale da impiegare a bordo. Vi è sempre più difficoltà –sottolinea Giacalone- a trovare personale disposto ad imbarcarsi, per non parlare dell’eccessive pratiche burocratiche per armare un peschereccio che scoraggiano anche i più giovani, magari anche laureati, ad investire nel settore.
Abbiamo avanzato la proposta di poter formare giovani immigrati ospiti nelle varie cooperative e centri di accoglienza, purtroppo la politica fa finta di non sentire. Il problema – conclude- non è solo relativo all’esercizio delle attività, mi chiedo: con sempre meno lavoratori chi pagherà i contributi per le prossime pensioni? Si alzeranno come si è finora fatto le tasse per i cittadini?”. Un problema quello evidenziato da Giacalone che non riguarda solo il settore della pesca...
Francesco Mezzapelle