Perché da queste parti le cose hanno un inizio ma non si intravede mai la fine, assecondando quell’atavica indole che da sempre appartiene a noi siciliani? La convinzione di essere immortali? Quell’anelito all’eternità che ci consola facendoci credere che per tutto, tanto, c’è tempo?
Cosi, d’incompiuta in incompiuta, abbiamo ormai superato anche l’antico concetto di gattopardesca memoria che tutto cambi per non cambiare nulla. Ci siamo evoluti, per fortuna. Siamo oltre. Siamo allo step successivo, del resto sono passati un paio di secoli e abbiamo imparato dai nostri errori. Adesso le cose cambiano per peggiorarle.
All’inizio fu la sopraelevata. Un’opera faraonica, tonnellate di cemento che dovevano servire a collegare il primo porto peschereccio d’Italia al resto del mondo. E cosa importava se questo mostro cementizio avrebbe deturpato il paesaggio, interrotto la continuità di una costa naturale tra le più belle della Sicilia, che importava se il prezzo da pagare fosse espropriare i terreni ai loro proprietari, estirpare ettari di coltivazioni, annichilire lo sguardo alla vista di questo mostro? Serviva all’economia della città, i camion carichi di pesce che partivano dal porto avrebbero più facilmente bypassato il traffico cittadino per raggiungere l’autostrada. Del resto, sappiamo che il fine giustifica i mezzi. E i mezzi erano tanti, pesanti, e trasportavano quintali di pesce.
La sopraelevata è stata completata (vedi foto n.1) dopo trent’anni e ne siamo felici. Certo, nel frattempo la marineria è al collasso, non siamo più la prima flotta peschereccia, le code di automezzi pesanti sono sparite come inghiottite da un enorme buco nero, la sopraelevata insomma non serve più. Ma questo è un dettaglio. Io la uso talvolta tornando dal mare a casa, per vivermi qualche momento di solitudine, uscita dalla bolgia infernale della spiaggia. La imbocchi e ti rilassi, finalmente sola. Anche nel Sahara ci trovi più gente. A volte capita di incrociare qualche automobilista anche lui in cerca di spazi liberi e assolati che ormai al confronto gli eremiti sulle montagne del Nepal si sentono al Cocorico in alta stagione e prima che lo chiudessero.
Ma si sa che il cittadino medio ha la memoria corta. E dopo un po’ l’incompiuta diventa talmente parte integrante del paesaggio che nemmeno la vede più. Impara a convivere con lei, che assume familiarità, come il vicino della porta accanto un po’ sporco e maleodorante, la metabolizza, dimentica com’era prima, come si stava meglio quando si stava peggio. Si adegua, si rassegna, si assuefà. Fino all’opera successiva, presentata in pompa magna, enfatizzata e pubblicizzata come una grande conquista, il risultato di un’azione politica efficace, di sforzi burocratici e finanziari enormi. Naturalmente destinata anch’essa a non essere finita mai.
E cosi toccò alla Mazara-Torretta. Li ci fecero sognare, diciamocelo pure. Ci avevano raccontato di una grande arteria stradale, allargata, moderna, sicura, illuminata. Avrebbero eliminato le curve, aggiunto una pista ciclabile, messo in sicurezza una strada ormai pericolosa. La pista ciclabile fu la prima a sparire, sostituita da un marciapiede talmente inutile che la chiatta al confronto sembra indispensabile. E con un muretto che impedisce di vedere il panorama della scogliera, ma tanto ormai c’era il belvedere della rotonda per ammirare le bellezze della nostra costa.
Meglio accontentarsi. Il risultato è una strada ristretta, pericolosa, con le curve rimaste dov’erano, buia, che d’inverno si riempie di fango e detriti, senza alcuna forma di sicurezza. Al confronto la trazzera dei 5 stelle sembra l’autostrada del sole. La Mazara Torretta resta li, incompiuta da almeno 4-5 anni, trafficatissima d’estate e impraticabile d’inverno. E' pericolosa da morire.
Poi fu la volta di piazza Regina. Ancora è presto per allarmarci, i lavori sono ricominciati anche se a rilento. Resta il fatto che anche lì errori ne sono stati commessi tanti, i commercianti della zona lamentano un rallentamento delle loro attività, il traffico in quel punto è diventato insostenibile, i parcheggi non ci sono più e il rialzo del marciapiede ostacola il normale flusso delle auto. E chissà cosa accadrà quando le auto dovranno fare marcia indietro per uscire dal posteggio a spina di pesce. Un progetto nato male e finito peggio.
Adesso attendiamo l’Ospedale. Non tanto la fine dei lavori, ma la riapertura dei reparti ai degenti. Iniziamo a pregare, perché i miracoli, in fondo, possono sempre accadere!
Catia Catania
26-08-2015 10,00
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