Mafia ed antimafia in rosa: i cinque ritratti di Francesca Incandela

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Febbraio 2014 17:30
Mafia ed antimafia in rosa: i cinque ritratti di Francesca Incandela

Venerdì scorso è stato presentato, presso il teatro Garibaldi, il noto volume della prof.ssa Francesca Incandela intitolato "Donne di mafia, donne contro la mafia". Fino agli anni ottanta non era soltanto l'organizzazione mafiosa ad essere avvolta nel mistero, ancora più ignorato era il ruolo delle donne delle famiglie mafiose. Si pensava che "gli angeli del focolare domestico" fossero all'oscuro degli omicidi, delle stragi, dei traffici illeciti, e persino dei summit durante i quali i boss dei vari mandamenti e delle cosche si riunivano e decidevano.

Addirittura si era diffusa l'opinione che le madri, le figlie e le mogli fossero tutte donne pie, con il rosario in mano, davanti ai santini, casalinghe integerrime madri esemplari e consorti fedeli...Ma questo ritratto si è dimostrato in questi ultimi anni completamente errato, per nulla corrispondente alla verità, ad una realtà che si sta delineando in tutta la sua crudezza e, talvolta, efferatezza: le donne hanno sempre avuto un ruolo non marginale all'interno dell'organizzazione mafiosa, da depositarie (poche volte) silenziose di segreti inconfessabili, a complici consapevoli dei traffici illeciti (armi, droghe, prostituzione ect), fino a rappresentare boss supplenti o capimandamento.

Lo stereotipo viene a cadere, pertanto, e questo avviene per una serie di motivi: le indagini delle forze inquirenti, gli studi di psicanalisti sul fenomeno della mentalità mafiosa e delle connivenze, la documentazione che emerge dalle ricostruzioni storiche del ruolo della donna nella società siciliana.

A tracciare un ritratto del ruolo della donna, nel bene e nel male, all'interno di Cosa Nostra è stata la professoressa Francesca Incandela con il pamphlet (50 pagine edito da Libridine) intitolato "Donne di mafia. Donne contro la mafia". Il libro (vedi in foto 1 la copertina) fa parte della più vasta campagna di sensibilizzazione condotta dall'associazione antiracket mazarese " Io non pago il pizzo... e tu?", del quale la stessa Incandela è presidente, e che comprende due documentari, due spot contro il pizzo e l'usura ed un vademecum per l'imprenditore.

"Questo lavoro –ha riferito Francesca Incandela (nella foto 2)- nasce in tempi lontani, la prima idea mi balenò durante la presentazione del mio romanzo "Elide e le altre", grazie alla presenza del magistrato Massimo Russo il quale durante la serata culturale, affondò questa problematica, poi si verificò l'incontro con l'equipe psicoterapeutica sul tema "psicomafia" diretta dal professore Lo Verso, in virtù di tali stimoli interessanti ho voluto portare il mio breve e piccolo contributo affinché si creino le premesse per uno studio più approfondito che affronterò in seguito.".

Tra le figure femminili citate da Incandela, oltre a Rita Atria, Piera Aiello, Giusy Vitale e Giacoma Filippello e Felicia Bartolotta Impastato. "Sono certamente ritratti limitati –ha sottolineato la scrittrice- poiché occorreva dare un taglio letterario tanto di facile lettura che di divulgazione per suscitare interesse soprattutto nei giovani riguardo tale ruolo delle donne".

"La ragazza Rita Atria rappresenta forse la vittima più tenera e non soltanto per la giovane età o per il suo suicidio ma per me rappresenta l'emblema di chi ha saputo squarciare quel pesante velo d'omertà che per noi siciliani è la pesante cappa di cui ci dobbiamo al più presto liberare. Conoscere la mafia, e in questo caso le donne di mafia, dalle madri coraggio alle pentite o collaboratrici di giustizia significa –ha infine dichiarato- fare un grande passo avanti nella lotta alla mafia, e questo è lo scopo della nostra associazione, un progetto senza dubbio ambizioso ma occorre che le nuove generazioni pensino ad un reale cambiamento e in questa riscossa della nostra società siciliana le donne sono fondamentali in quanto generatrici di nuova vita e successivamente educatrici."

Un posto a parte nella pubblicazione occupa la madre di Peppino Impastato, Felicia Bartolotta, che per amore del figlio e senza cercare alcuna gloria si opporrà in maniera forte e determinata alla mafia, così ad esempio la donna si rivolge ad un giudice chiedendo giustizia: "la Sicilia l'ha perso, non soltanto una madre, ma mi faccia parlare perché io, da quando Peppino è morto, non finirò più di parlare e se vogliono i mafiosi...che m'ammazzino, io parlo anche da morta, lo sa? Anche da morta...Come Peppino. Queste cose tutte le devono conoscere, la mafia ha paura delle parole che circolano, degli scritti che si leggono, della gente che fa i cortei, del ridicolo..."

17-02-2014 18,30

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