Le ultime della sera. Don Adriano Vincenzi… un prete, una missione

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Febbraio 2020 17:37
Le ultime della sera. Don Adriano Vincenzi… un prete, una missione

E’ il 13 febbraio, giovedì mattina, sono in metropolitana a Milano e sento il rumore che fa lo smartphone quando arriva una notifica, incuriosito guardo immediatamente, è un messaggio wathsapp di Cinzia Rossi con una foto di don Adriano Vincenzi che passeggia nel bosco e sotto scritto “E andato in cielo”. Trattengo a stento le lacrime e mi sento solo in mezzo alla gente, come le ragazze di Osaka di Finardi, ma proprio tutta quella gente stipata dentro una metropolitana milanese mi fa pensare a quante persone don Adriano ha incontrato e ha contagiato con il seme dell’amore che ha caratterizzato la sua vita terrena.

Domenica scorsa Cinzia Rossi aveva organizzato una preghiera collettiva coinvolgendo tante parrocchie sparse nel paese affinché il beato Toniolo potesse intercedere per una grazia al buon Dio, e mantenere in salute Don Adriano, anche noi in Cattedrale a Mazara avevamo pregato, ma evidentemente il disegno che Dio aveva su questo prete straordinario doveva avere questo epilogo. Ma chi era Monsignor Adriano Vincenzi, morto giovedì mattina all’età di sessantotto anni? Provo a raccontarlo, anche se la mia conoscenza di don Adriano è abbastanza recente, infatti ho avuto la fortuna di conoscerlo, frequentando la scuola di Alta Formazione per la Dottrina Sociale della Chiesa nell’edizione 2016/2017.

Monsignor Adriano Vincenzi è stato per molti anni animatore del Centro Toniolo, è stato promotore e coordinatore del Festival della Dottrina sociale della Chiesa, negli ultimi tempi molto impegnato a Roma per i numerosi incarichi ricoperti tra i quali assistente ecclesiale di Confcooperative e consulente ecclesiastico nazionale dell’UCID, l’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, è stato promotore della scuola diocesana veronese di formazione all'impegno sociopolitico che ha formato decine di amministratori e politici.

Ma torniamo alla scuola di Alta Formazione per la Dottrina Sociale della Chiesa che grazie a Confcooperative ho avuto modo di frequentare e quindi conoscere più intimamente Don Adriano, la scuola rivolta ad imprenditori, manager e amministratori per strategie e progetti per il bene comune, è stata suddivisa in sei moduli di due giornate. Il primo modulo che si svolto a Roma il 4/5 novembre 2016 dal titolo “La DSC e l’impresa”; il secondo modulo prevedeva la partecipazione il 25/26 novembre 2016 al “Festival della DSC” a Verona; il terzo modulo sempre a Roma il 27/28 gennaio 2017 dal titolo “La DSC per fare Banca”; il quarto modulo a Roma il 17/18 febbraio 2017 dal titolo “La DSC per amministrare la cosa pubblica”; il quinto modulo a Roma il 17/18 marzo 2017 dal titolo “La DSC e il Terzo Settore”; ed infine l’ultimo modulo sempre a Roma il 7/8 aprile 2017 con le Conclusioni.

In tutti questi incontri Don Adriano non ha mai fatto mancare la sua presenza che mi piace definire silenziosa, garbata ma assolutamente essenziale, ogni incontro, iniziava attorno ad un tavolo celebrando la messa, che era sempre al centro di tutto ciò che stavamo facendo, e subito dopo Don Adriano faceva la sua breve introduzione ed iniziavano i lavori con le varie testimonianze, poi i momenti informali delle pause, dei pranzi e delle cene condivise con gli altri partecipanti, uno o al massimo due per regione.

Conversare con il Don dei temi trattati dalla scuola o dalle esigenze che provenivano dai territori è sempre stato molto piacevole, e le sue risposte semplici, chiare, esaustive, con un modo di porre le cose con grazia e con l’autorevolezza di chi sa esattamente cosa dice perché lo ha vissuto e sperimentato, ma la cosa che ricordo chiaramente e che guardando dentro l’intensità dei suoi occhi ci potevi vedere veramente l’essenza della sua anima. Poi una lunga pausa di un paio di anni, e un nuovo incontro di nuovo a Roma, di nuovo grazie a Confcooperative, il 14 maggio 2019 alla Sala Sinopoli del Parco della Musica, in occasione dell’assemblea celebrativa dei 100 anni dalla costituzione di Confcooperative, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, e proprio mentre stavo andando a salutare il Ministro Bonafede che tra le prime file della sala incontro nuovamente i suoi occhi profondi, un lungo abbraccio che serve a colmare i due anni trascorsi senza vedersi, e poi quel Come stai? E Come sta la Sicilia? Ed allora gli racconto dell’ultima esperienza politica che ha visto Salvatore Quinci anch’esso suo allievo alla scuola di Alta Formazione per la Dottrina Sociale della Chiesa, diventare il primo cittadino di Mazara del Vallo e che mentre noi eravamo a Roma stava giurando fedeltà alla sua città indossando per la prima volta la fascia da Sindaco, ed allora gli occhi ci si illuminano, e mi dice vedi che gli sforzi che facciamo, che i piccoli semi che piantiamo, muoiono e poi rinascono, e spesso quei virgulti diventano alberi in grado di resistere alle intemperie della vita.

Ho visto Don Adriano l’ultima volta lo scorso novembre durante l’edizione numero nove del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa al Cattolica Center a Verona, il tema è stato “Essere Presenti: Polifonia Sociale”, e come sempre la sua presenza si è fatta sentire, lo vedevo sempre in giro a contaminare più persone possibili, come se sapesse che la sua vita terrena si stesse spegnendo e doveva sbrigarsi, per ultimare la sua missione come prete e come uomo. Fra i tanti interventi che Don Adriano ha fatto durante il Festival, mi piace ricordare quello che come Consulente Ecclesiastico Nazionale ha fatto all’UCID: “non occorrono professori, ma persone che fanno propria la visione economica della dottrina sociale della Chiesa.

Non si tratta di ripetere a memoria ciò che e scritto nelle encicliche sociali ma di cogliere e tradurre la luce dell’esperienza in una novità di approccio e pensiero. Non dobbiamo mimetizzarci, nascondere la nostra identità nè coltivare desideri di presenza mediatica inopportuna. Noi possiamo parlare con i fatti perché la nostra azione è il risultato della nostra fede. In questo modo diventiamo i primi mediatori tra il Vangelo e la vita quotidiana. La fede ha una caratteristica: rende più acuta la conoscenza della realtà e offre alla nostra intelligenza ciò che da sola la mente non riuscirebbe a pensare senza l’esperienza della fede.

Abbiamo tra le mani un tesoro che attende solo di essere manifestato. Caro Don Adriano, adesso che sei vicino al Signore avvolto dalla Sua luce sono sicuro che nel tuo grande cuore hai portato ognuno di noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerti, e sono altrettanto sicuro che ognuno di noi che ti ha conosciuto profondamente continuerà a portare il fardello della tua missione sulla terra con la forza che il Signore gli ha donato. Francesco Sciacchitano

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