Altro appuntamento con la nostra rubrica, in collaborazione con la “Casa del Pescatore”, dedicata alla pesca di Mazara del Vallo ed in particolare alla sua memoria storica attraverso il racconto di vecchi pescatori (e non solo): episodi curiosi, aneddoti etc. Incontriamo, presso la sezione mazarese dell’Associazione nazionale Marinai “Vito Oretano”, Paolo Colorito, 76 anni, ex comandante ed anche armatore. “Ho iniziato a 12 anni ad andare in mare, facevo il mozzo a bordo del “Franca Tumbiolo”, lavavo anche i piatti per l’equipaggio. In quel periodo pescavamo triglie, calamari, polpi, luvari…”.
Colorito (in foto di copertina) ci informa che più volte è stato sequestrato dalle motovedette tunisine e ci fornisce un curioso punto di vista: “il problema non era solo la contesa dei banchi di pesca. Mi è capitato più volte che prigioniero in Tunisia ci chiedevano di comprare l’olio tunisino altrimenti non ci lasciavano andare. La Tunisia è un grande produttore di olio che però non trovava molto mercato e pertanto ci ricattavano in cambio della liberazione. Credo che anche il Governo italiano di allora fosse a conoscenza di questa situazione”.
Paolo Colorito ricorda uno dei momenti più tragici che hanno segnato la storia della marineria di Mazara del Vallo: il naufragio del motopesca “Demetrio” nella notte fra il 23 e 24 novembre 1991 e che vide la morte dei suoi nove membri dell’equipaggio. "Ero comandante del motopesca “Vincenzo Asaro” (armatore Battista Asaro “Canale”), eravamo in dieci a bordo. Insieme ad altri pescherecci eravamo a 4/5 miglia dallo stesso “Demetrio”, nella zona del banco “Talbot”, Tra Pantelleria e Capo Bon.
Erano le ore 2 di notte e vi era una tempesta eccezionale e comunicavamo fra i pescherecci attraverso la radio di bordo, fra questi anche il comandante del “Demetrio”, Francesco Asaro “Sirrato” che ad un certo punto ha detto: “sbutamu”… Non si è sentito più niente. Finita la tempesta siamo andati a cercare il “Demetrio”, nessuna traccia: il peschereccio si era inabissato a 150 metri di profondità”. Il comandante sottolinea: “il mare ti da tanto ma purtroppo accadono tragedie: nel 1980 ho perso una persona a bordo, un ragazzo sulla quarantina si è imbrigliato il piede nella rete.
L’abbiamo cercato due giorni, vanamente, in quel tratto di mare vicino al Tunisia. Ricordo che dopo la messa dei funerali a Santa Maria di Gesù, il prete mi volle incontrare per chiedermi di continuare a fare il mio lavoro, sarebbe stato il migliore modo per ricordarlo e per andare avanti”.
Francesco Mezzapelle