I pescatori mazaresi rischiano la vita e salvano migranti davanti la Libia senza ricevere nessun contributo nonostante l’interruzione del proprio lavoro

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Maggio 2017 11:33
I pescatori mazaresi rischiano la vita e salvano migranti davanti la Libia senza ricevere nessun contributo nonostante l’interruzione del proprio lavoro

La recente vicenda del motopesca mazarese “Ghibli Primo”, liberato dopo il sequestro di domenica 14 maggio avvenuto in acque internazionali antistanti la Libia, ha evidenziato ancora una volta le difficoltà ed i pericoli che da anni vivono i pescatori di Mazara del Vallo che storicamente pescano in quelle acque pericolose per i miliziani libici ma dove operano da qualche tempo gli scafisti ed anche le diverse Ong impegnate a salvare migranti.

Un areale di mare quello antistante alla Libia che seppur molto pattugliato risulta pericoloso per coloro che vivono di pescaIn questi anni i rappresentanti del Coordinamento della Filiera Ittica di Mazara del Vallo hanno più volte sollevato alcune questioni relative alla pesca nel Mediterraneo a partire dalla sicurezza della vita umana in mare.

Resta aperto il dibattito con le autorità, a qualsiasi livello, in merito alla necessità di trovare delle misure per dare il giusto riconoscimento ed aiuti concreti ai pescatori protagonisti di numerosi salvataggi di migranti nelle stesse acque internazionali dove i pescherecci siciliani rischiano quotidianamente di essere colpiti (anche negli scorsi mesi vi sono stati casi di pescherecci finiti sotto i colpi delle mitragliette libiche, vedi in foto i colpi ricevuti dal motopesca Principessa Prima lo scorso 16 gennaio) e sequestrati da miliziani in guerra.

I pescatori siciliani, ed in particolare quelli di Mazara del Vallo, in quanto impegnati nella pesca mediterranea rappresentano il “pronto soccorso” per i migranti che cercano di solcare il Mediterraneo. Costituiscono una sorta di “rete in mare” per le migliaia di disperati che cercano quotidianamente partendo dalle coste libiche a bordo di gommoni o barconi fatiscenti (spesso gli scafisti e trafficanti non forniscono loro né acqua né cibo per affrontare la traversata) di raggiungere le coste siciliane.

Gli armatori e pescatori mazaresi hanno ribadito come in questi anni, fin dallo scoppio della crisi umanitaria, nel 2007-2008, hanno continuano a salvare centinaia di vite umane in mare durante le battute di pesca nelle acque internazionali antistanti le coste libiche, quelle dove storicamente si pesca il gambero rosso che si trova in quei profondi fondali sabbiosi. Lo fanno in maniera indiretta o direttamente, pertanto i pescatori di Mazara del Vallo sono stati spesso definiti attraverso la stampa come dei veri e propri “Angeli del mare”. Quasi quotidianamente dalle cabine di comando dei loro pescherecci segnalano alle forze di polizia e alla Capitaneria di porto la presenza di barconi che traghettano i migranti: forniscono coordinate e dati sulle dimensioni delle imbarcazioni o gommoni ed il numero approssimativo dei migranti a bordo.

Spesso è capitato che i pescherecci di Mazara del Vallo (a bordo dei quali lavorano da decenni, fianco a fianco, pescatori siciliani e pescatori extracomunitari sia del Maghreb che dell’Africa Subsahariana) e che operano da sempre in quelle acque, divenute sempre più pericolose a causa della presenza di miliziani libici a bordo di motovedette (ricordiamo che la Libia nel 2005 ha esteso unilateralmente le proprie acque territoriali fino a 74 miglia dalle proprie coste), hanno operato (sia a seguito di un avvistamento che su richiesta delle Autorità Marittime) direttamente dei salvataggi di migranti; numerosi i racconti –attraverso le cronache- di capitani ed armatori dei pescherecci mazaresi che in questi anni hanno salvato centinaia di migranti dalla sicura morte in mare; spesso, anche di recente, si è trattato di maxi operazioni condotte con mare molto mosso.

I pescherecci interrompono la loro attività di pesca che è gravata da numerosi costi, in primis quelli per il carburante; mediamente in un giorno di lavoro un peschereccio adibito alla pesca mediterranea (oltre le acque territoriali) consuma circa 1.500 euro di gasolio. Dopo l’operazione di salvataggio. Si pensi pertanto ai costi derivanti dall’interruzione dell’attività di pesca o di navigazione verso le zone di pesca, senza contare che spesso l’avvistamento di barconi o gommoni avviene in acque molto agitate ed in condizioni meteomarine proibitive. Ciò nonostante, i motopesca si avvicinano quelle imbarcazioni con il rischio di imbarcare tanta acqua fino a colare a picco, si accostano, aprono il portellone e li fanno salire. (in foto n.2 migranti a bordo di un peschereccio).  

Un vero marinaio non si volta dall’altra parte se qualcuno rischia di morire in mare: questa è la legge –non scritta- del mare. Cercano sempre di imbarcare tutti i migranti possibili. Successivamente i migranti vengono portati in un porto oppure trasbordati a bordo delle navi militari. Insomma un’attività che spesso si traduce nell’interruzione del loro lavoro fino a tre giorni. Successivamente gli stessi pescatori devono ripulire la loro imbarcazione e pagarsi anche le spese mediche per i controlli sanitari considerati i rischi di contrarre malattie.

Ecco quanto dicono i pescatori ed armatori di Mazara del Vallo: “Quando soccorriamo i migranti per riportarli in porto, per esplicare tutte le pratiche burocratiche noi rimaniamo fermi mediamente tre giorni. Noi non abbiamo mai abbandonato un uomo in mare ma adesso, considerando il crescente numero di soccorsi, vogliamo essere almeno risarciti. A noi non interessano targhe o medaglie d’oro al valore civile come ci sono state consegnate, noi vorremmo che in questo momento non particolarmente florido per il settore della pesca, il Governo tenesse in considerazione i sacrifici dei pescatori di Mazara del Vallo. Noi, come in passato continueremo a dare la nostra disponibilità allo Stato Italiano per il soccorso e la segnalazione dei barconi carichi di migranti ma quando facciamo i salvataggi e siamo costretti ad interrompere il nostro lavoro vorremmo essere risarciti”.

Francesco Mezzapelle

17-05-2017 13,00

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