Divieto di dimora a Mazara per finanziere processato con l’accusa di lesioni alla moglie

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
10 Novembre 2015 22:03
Divieto di dimora a Mazara per finanziere processato con l’accusa di lesioni alla moglie

Su richiesta della Procura, il gip Riccardo Alcamo ha disposto il divieto di dimora a Mazara per l’appuntato della Guardia di finanza Biagio Foderà, 42 anni, mazarese, processato davanti il giudice monocratico Sara Quittino con l’accusa di lesioni gravissime in danno della moglie, la 39enne Antonia Castelli. Il divieto di dimora a Mazara, città di residenza della coppia, è stato disposto per maltrattamenti in famiglia. La Procura aveva addirittura ipotizzato lo stalking.

Per gli inquirenti, infatti, dietro un apparente tutore delle forze dell’ordine si cela un marito irascibile e violento (“incapace di controllare il proprio temperamento irruento” scrive il Gip), irriguardoso verso il coniuge che minaccia sovente di morte (“sei un cadavere che cammina!”), ingiuria con frasi pesanti e fortemente offensive anche alla presenza di altre persone.

Per questo, la moglie, dopo avere negato, per oltre cinque anni, di essere stata picchiata dal marito, si è decisa a denunciare. Prima alla Guardia di finanza di Castelvetrano, dove Foderà presta servizio (ritrattando, poi, per paura) e infine reiterando la denuncia in Commissariato. E alla luce della svolta investigativa, il 9 febbraio Antonia Castelli sarà chiamata a testimoniare nel processo che vede imputato il marito. Secondo l’accusa, il 12 gennaio 2010, Biagio Foderà, con calci e pugni, provocò alla moglie la rottura della milza, poi asportata in ospedale.

L’avrebbe picchiata per gelosìa. Il “pestaggio” sarebbe avvenuto nella loro abitazione di Mazara del Vallo. Davanti al giudice Quittino, con l’appuntato della Guardia di finanza, sono imputati, per favoreggiamento, anche due cognati della coppia, Elisabetta Ferreri e Pietro Titone, accusati di avere cercato di coprire le responsabilità del militare. L’intera famiglia ha fatto quadrato.

A cominciare dalla vittima, che per cinque anni ha affermato di essere caduta accidentalmente in casa. I parenti avrebbero cercato di porre un velo sulla vicenda per “proteggere” i due figli della coppia. Un comportamento omertoso, il loro, che secondo gli inquirenti è contraddetto proprio dalle conversazioni telefoniche intercettate dagli inquirenti. Riferendosi a Foderà, infatti, Vincenzo Castelli, fratello di Antonia, dice: “Lui si deve vergognare di portare la divisa”, mentre l’altro fratello, Antonino, afferma che “lo ammazzerebbe”.

Poi, una serie di telefonate per concordare la versione da fornire agli inquirenti. Il padre della donna, inoltre, proprio per evitare di essere intercettato, si sarebbe recato al nord Italia, dove vivevano altri familiari, per concordare con loro la versione da fornire a chi stava investigando sul caso. I genitori avrebbero detto ai figli: “Negate tutto”. A far scattare l’inchiesta, condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala, fu un esposto anonimo.

A.P

10/11/2015

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