Ultime della sera: “E qualcosa rimane fra le pagine…”

Redazione Prima Pagina Mazara

di Maria LISMA C’è una lettera. È sopravvissuta ai tanti traslochi, ai diversi  indirizzi delle case e del cuore. L’ho ritrovata, sfogliando un vecchio libro di poesie.  Una lettera, come quelle che si scrivevano, quando si scrivevano lettere di carta, ripiegate nelle buste, affrancate in alto a destra… mittente, destinatario… e gli allegati erano piccoli fiori pressati fra le pagine, fazzoletti profumati, minuscole conchiglie e foto, anche quelle di carta, con dediche sul retro “il primo pensiero del mattino, è per te”.

Riconoscerei quella grafia, fra mille altre. L’ho aperta, come si apre una reliquia, come si sfiora un oggetto sacro, perché sacra, a ripensarci adesso, era quella giovinezza, ricca di sogni e di stupore, di meraviglia ad ogni passo. Cosa risponderei adesso a quella lettera, con tutti questi anni (tanti e lunghi, eppure così brevi) sulle spalle? Cosa è rimasto in me di quella ragazza che cantava al sole e alle stelle  e intrecciava capelli e margherite gialle (pure quelle, ora, fuori tempo, già sbocciate in inverno).

Quando ci catturano i ricordi, teneri come carezze o duri come pugni, non sono solo i fatti ad imporsi alla nostra memoria. Sono le emozioni legate a quei fatti a farceli ancora sentire dentro, e presenti e vivi. Un tempo dicevo di me “da grande farò…” e coniugavo al futuro i verbi più belli. Molte persone, molte anime, sono entrate a far parte di quel  futuro, ne sono diventate  presente e passato. Alcune hanno lasciato tracce indelebili, altre sono volate via come polvere al vento.

E io stessa sono stata parte del futuro di qualcuno, del suo presente e del suo passato. E chissà che tracce avrò lasciato. Quante  e quanti di noi sono rimasti fedeli ai propri sogni, ai propri desideri e ai propri talenti, quante e quanti  sono stati tentati dalla rassegnazione dell’ “ormai” e si sono fermati sulla pietra della prima caduta? Se mi ripenso, ancora somiglio a quella ragazza, malgrado rughe e affanni. Ancora tiro a lucido i miei sogni, anche se la vita si impegna ad appannarli.  Ho sperimentato, come molte altre persone, la difficile arte del ricominciare, del ricominciar-si, definendo ogni volta un nuovo sentiero, stabilendo nuove coordinate, senza perdere mai di vista la stella polare.

Perché, a pensarci bene, in fondo si vive di ricominciamenti. Non tutti facili, certo, né scontati o gratuiti. Ad ogni sosta, ad ogni caduta, il peso degli anni e  l’amarezza dei giorni, rendono più arduo ogni passo, ma quale soddisfazione quando ci si scopre di riuscire a stare ancora in piedi, e quale gratitudine per quella, ennesima, possibilità di sentirsi tenuti nel palmo della mano di Dio! Ne ho incontrate e ancora ne incontro tante persone che “si sono ricominciate”, si, si sono ricominciate, non ”hanno solo ricominciato”, ma sono passate dalle ridefinizione di se stesse, della propria identità per potere riconoscersi e ripartire.

E hanno dovuto ricucirsi, ritagliarsi, ri-narrare la propria storia. Donne, uomini, bambine e bambini… che dopo avere attraversato l’inferno (e l’inferno ha molte stanze e molti modi per farsi dimora prima e prigione poi), si sono rimessi in piedi, prima barcollando, poi reggendosi alla mano tesa di qualcuno o a un ramo  ad un rudere, e infine hanno ripreso a camminare a testa alta, lanciando i piedi in passi che sempre di più somigliano a calci dati a tutti gli ostacoli che la vita (che indossa abiti umani, spesso familiari) si è divertita  a  costruire… Scriverò un giorno, se il tempo me ne darà tempo, una lettera a quella ragazza che ero e che oggi mi sfida con gli occhi sgranati e mi interroga, chiedendomi cosa io ne abbia fatto di tutti questi giorni messi in fila,  e le racconterò dei miei ricominciamenti, dei doni che la vita mi ha fatto e della pelle che a volte mi ha strappato, degli occhi che ho incontrato, di quelli che ho aperto alla gioia della meraviglia dietro la curva  e di quelli che ho chiuso prima dell’ultimo viaggio, della fortuna che ho avuto, dell’amore che ho dato e che ho ricevuto,  e proverò a farmi perdonare le promesse non mantenute, gli errori commessi, il tempo sprecato.

Ripiego la lettera: sa ancora di treno e di viaggio. Tènere  lacrime sbiadiscono l’inchiostro, mentre io sorrido senza accorgermene: forse è proprio così che ci si ricomincia…   La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna. Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com