Ultime della sera. “…Che Dio perdona a tutti”
E’ questo il titolo di un avvincente libro di Pif, che sarà oggetto della presente riflessione; libro letto tutto d’un fiato e, come è mia abitudine, partendo dalla conclusione. Il gesto farà ribrezzo ai lettori attenti e ordinati che leggono partendo proprio dall’inizio. Ma io non l’ho mai fatto, non per curiosità, né per impazienza. E’ proprio il desiderio di appropriarmi del testo e di seguire l’ordine che voglio, per poter poi rileggere le pagine che mi colpiscono di più o i momenti più significativi della storia.
Fatta questa precisazione, inizio proprio con una delle ultime frasi del libro: “Predicate il vangelo e se è necessario, fatelo anche con le parole”. Il protagonista del racconto, Arturo, è un agente immobiliare che vive e lavora a Palermo, gioca in una squadra di calcetto, ha alle spalle relazioni fallite e nutre una passione smisurata per i dolci. E proprio in una pasticceria, un giorno, si innamora di una donna, Flora, in modo così intenso da considerarla la compagna della sua vita.
In un primo momento sembra che tutto vada bene, anche a dispetto dello stesso protagonista, che non si riconosce in una relazione stabile e proiettata verso il futuro. Ma un nemico subdolo sta per colpire rischiando di porre fine a questa bellissima storia d’amore. Si tratta dell’ateismo di Arturo, che si manifesta ad un certo punto, senza che egli possa fare più nulla per nasconderlo. La reazione di Flora, credente e praticante, è molto forte e getta Arturo nello sconforto. L’uomo deve fare la sua scelta: convertirsi o rassegnarsi a perdere l’amore della sua vita.
Ovviamente, nel momento in cui ci si trova davanti a decisioni simili, una cosa è sicura: non abbiamo ancora trovato l’amore vero, quello che è al di sopra di ogni aut aut. Ma Arturo ancora questo non lo sa o non l’ha capito e allora sceglie e diventa un fervente cattolico. E lì la storia entra nella fase più interessante, quella geniale, in cui lo scrittore ci incanta con il suo messaggio di verità. Arturo si converte, all’inizio facendo finta. Ma a poco a poco, la finzione lo porta ad accorgersi di tutte le incongruenze della maggior parte delle vite cristiane di oggi.
La sua conversione appare agli amici e anche alla sua fidanzata, troppo forte, radicale. Insomma, non basta andare a messa, aiutare ogni tanto ed essere generosi con chi ha bisogno, senza esagerare? Arturo fa delle cose da “fanatico” a parere degli altri credenti. Elargisce somme di denaro, mette a disposizione l’auto per i terremotati, ospita un ragazzo profugo a casa e rifiuta pure di concludere la vendita di un appartamento, andando contro gli interessi dell’agenzia per cui lavora , soltanto per ragioni di correttezza.
Adesso, agli occhi di quel mondo che si scandalizzava per il suo ateismo, non è più il “convertito”, ma il pazzo, il cretino, uno che scambia la fede per irresponsabilità. Il suo comportamento diventa scomodo per tutti, in primis per Flora. Più gli amici si scandalizzano, più Arturo ci prende gusto e si comporta da vero cristiano. Naturalmente, non vi svelo come finisce la storia. Mi soffermo soltanto a riflettere sul tema della conversione e della vera identità del cristiano, che spesso è oggetto di fraintendimenti e che invece emerge nitidamente dalla lucida descrizione che ne fa l’autore.
Quante volte ci sentiamo cristiani attribuendoci superiorità e infallibilità! Diffondiamo giudizi e prediche intorno a noi. Ci eleggiamo autonomamente giudici e pensiamo che la nostra missione sia indirizzare gli altri sulla via del bene. Ma quando ci troviamo di fronte a chi non ha nulla e ci chiede aiuto, ci tiriamo indietro accampando le scuse più disparate. E mi vengono in mente le obiezioni rivolte a San Francesco da chi riteneva la Regola troppo dura, quasi impossibile da seguire, o da chi, di fronte a certe affermazioni di Gesù, distoglieva lo sguardo e andava via.
Mi vengono in mente tutte le volte in cui all’istinto di fare del bene si contrappone una voce che ci frena, che ci riporta alla prudenza, alla saggezza, alla riflessione. Dare i miei soldi? No, non è giusto. Mettere a disposizione la mia casa? No, non è questo che dice il Vangelo. Prendere le difese dei più deboli? No, è troppo rischioso. E continuiamo a dire no, perché abbiamo dimenticato una cosa essenziale, abbiamo lasciato indietro la vera anima del cristianesimo, abbiamo voltato le spalle all’amore.
E l’amore non è saggio, né prudente, ma assolutamente spregiudicato e folle. Josepha Billardello