Mazara, nota CGIL-Camera del lavoro sul porto – canale

Redazione Prima Pagina Mazara

La Camera del lavoro-CGIL di Mazara, pur avendo aderito, in vari momenti ad alcuni comitati di lotta, oggi, ritiene necessario rappresentare le proprie convinzioni direttamente e non delegarle agli altri. Spesso nei comitati emerge la posizione di quelli che hanno maggiori risorse da spendere, in termini di relazioni politico-istituzionali e con gli organi di stampa.

Abbiamo una grande storia, anche in ambito locale, più grande di quella di qualsiasi associazione o forza politica. Ricordo alcuni momenti nei quali siamo stati protagonisti, insieme agli altri e, qualche volta, anche senza gli altri: dalle lotte verso la fine degli anni ’60 del secolo scorso, che portarono alla sottoscrizione del primo contratto di lavoro nel settore della pesca, superando i rapporti di lavoro basati sugli usi e sulle consuetudini, allo sciopero, a seguito dall’uccisione di un giovane pescatore nel 1975 , colpito dalle mitragliatrici tunisine, alla lotta contro il caro-gasolio della seconda parte degli anni ’70 e inizio degli anni ’80, che consentirono l’approvazione della legge sul gasolio e poi a seguire la legge sul riposo biologico.Erano anni, nei quali la CGIL rappresentava migliaia di lavoratori ed era punto di riferimento dell’intera collettività mazarese.Da questa storia ricaviamo la necessaria autorevolezza per dire quello che pensiamo e per assumerci, se necessario, la nostra parte di responsabilità.Prima di dare soluzioni o indicare strade da percorrere, sul tema, si vuole capire dove vogliamo andare, qual è il nostro scopo, fissare l’obiettivo da raggiungere.Le prime risposte che abbiamo il dovere di dare riguardano i seguenti interrogativi:1) l’obiettivo da raggiungere è quello del dragaggio, della pulitura e della riqualificazione del porto canale?;2) oppure, è possibile che per alcuni soggetti istituzionali e/o di rappresentanza sociale il dragaggio del porto canale sia il pretesto per raggiungere il vero obiettivo che è quello della copertura della cosiddetta colmata “B”?Le due questioni anche se molti insistono a vederle indissolubilmente legate, in verità non lo sono.

Tant’è che, in tutti questi anni, non abbiamo registrato né alcuna opposizione, né alcun ostacolo al dragaggio del porto canale. Lo stesso provvedimento adottato dalla regione siciliana nello scorso mese di novembre autorizza il dragaggio del porto canale, ma vieta il versamento dei fanghi nella colmata “B”.Se l’obiettivo è quello del dragaggio, della pulitura e della riqualificazione del porto canale, perché, allora, questa insistenza, che ormai si appalesa come un vero e proprio accanimento sulla necessità di riempire la colmata “B”? Perché da più di 15 anni siamo in questa situazione di stallo? Perché tutto continua a rimanere fermo, bloccato, nonostante ci siano i progetti, i finanziamenti, sia stata già espletata la gara di appalto per un primo intervento sul porto canale? (Qualcuno, fra l’altro, un giorno dovrà pure spiegarci come sia possibile espletare e aggiudicare una gara d’appalto senza le certificazioni necessarie per fare iniziare i lavori).

Comunque sia, se c’è la condivisione dell’obiettivo, di fronte ad un ostacolo si cerca di trovare soluzioni alternative. È possibile trovare siti diversi o modalità alternative di trattamento dei fanghi portuali? Certo, che è possibile. Fra l’altro il D.M. n. 173 del 2016, entrato in vigore lo scorso settembre, consente, dopo la caratterizzazione dei fanghi, di rilasciare in mare, oltre le tre miglia dalla costa, i materiali non inquinati, provenienti dalla escavazione dei porti, realizzando, in questo modo, anche un notevole risparmio economico.Con quali tempi di realizzazione? Con tempi non necessariamente lunghi.

Perché se è vero come è vero che tanti personaggi che hanno responsabilità di governo locale, regionale e nazionale si dichiarano amici dei mazaresi e degli operatori economici interessati al destino del porto canale, i tempi possono anche essere brevi. L’amicizia va praticata e dimostrata con le azioni e con i comportamenti, non basta dichiararla ai convegni. Del resto non è che l’insistenza sulla colmata “B” abbia sin qui prodotto dei risultati apprezzabili, anzi ha creato divisioni, conflitti e perdita di tempo.

Anzi, se avessimo manifestato lo stesso impegno e lo stesso accanimento a trovare soluzioni alternative, il porto canale sarebbe stato dragato già da molti anni e forse più di una volta.Anche la riunione, svoltasi a Roma, al ministero dell’ambiente è stata interlocutoria e non ha prodotto tanti passi in avanti, nonostante qualcuno abbia interesse a dire il contrario.Dentro questo particolare orizzonte, nel quale l’obiettivo è il dragaggio del porto canale, il problema, semmai, è diverso.

Si pone qui un altro interrogativo: l’appalto, già aggiudicato, è risolutivo del problema che abbiamo davanti? Questo primo intervento si è detto da più parti è un intervento tampone che riguarda soltanto una piccola porzione del porto canale. È una risposta a una situazione di emergenza. Ma non è un intervento risolutivo, anzi. Potrebbe pure rilevarsi inutile da un giorno all’altro considerato i fenomeni e i movimenti che interessato il nostro fiume, che a volte, e improvvisamente, si arrabbia causando consistenti danni.

Potrebbe, sì, tamponare una situazione che giorno dopo giorno si fa più difficile e insostenibile, ma potrebbe anche rilevarsi un insuccesso e uno spreco di risorse, rispetto alla reale necessità del fiume e degli operatori economici interessati.Allora, è necessario lavorare perché, subito dopo questo primo intervento funzionale, che riguarda soltanto l’imboccatura del porto, si realizzi un più radicale e risolutivo intervento per la pulitura e per la riqualificazione di tutto il porto-canale.Occorrono circa 12 milioni di euro di investimenti.

I soldi nei fondi europei ci sono. Ma servono pubbliche amministrazioni capaci di intercettarli e di fare partire i progetti. Inoltre, allargando la prospettiva, è illusorio pensare a un rilancio di un’economia dei trasporti, dei traffici commerciali e passeggeri senza un aumento dei fondali.Il porto canale, il porto nuovo, il mare stesso sono delle risorse che possono produrre ricchezza e occupazione per il nostro territorio soltanto se interessano un sistema articolato di imprese economiche di carattere turistico, commerciale e/o industriale, compatibili e sostenibili, ben oltre il tradizionale settore della pesca, che pur mantenendo un ruolo importante, oggi non appare più predominante.Bisogna andare oltre gli schemi che hanno determinato l’attuale paralisi.È occorre fare quello che è possibile fare subito, a cominciare dalla eliminazione degli scarichi fognari, alla rimozione dei relitti, risolvendo il problema della illuminazione, al fine di garantire il recupero della piena funzionalità del porto e delle banchine.

Bisogna che coloro che hanno queste competenze si assumano le loro responsabilità, senza ulteriore perdita di tempo. Non serve fantasticare come fa qualcuno, ma occorre fare quello che serve e che è necessario ora.Detto questo, non vogliamo sottrarci a un confronto sulla colmata “B” .Cominciamo col dire che la colmata “B” ha rappresentato da sempre un problema, molto prima della formazione di quella che gli ambientalisti definiscono una laguna.

Già nel 1991, il Consiglio regionale dell’urbanistica esaminando il Piano Regolatore del Porto aveva approvato la sistemazione urbanistica della cosiddetta colmata “A”, dove si sono realizzati la Capitaneria e il mercato ittico (ora, fra l’altro, chiuso e abbandonato, e sul quale ritorneremo, in un altro momento), nonché la darsena e l’eliporto per i mezzi dello Stato, ma aveva bocciato il progetto di un approdo turistico nell’aria destinata alla colmata “B”, nonché l’assetto urbanistico e tutte le opere portuali strumentali alla costruzione del porto turistico.

Ma sia la capitaneria che il comune di Mazara, con obiettivi, fra l’altro differenti, hanno continuato ad insistere per la copertura di quell’area da destinare a usi industriali o a strutture di servizi portuali. Con l’elezione di Giulia Adamo alla presidenza del provincia regionale di Trapani e con la nomina ad assessore provinciale di Nicola Giacalone, amministratore di un cantiere navale, si ritorna a parlare della copertura della colmata “B”. Senza un nuovo piano regolatore del porto, né una variante al vecchio piano, Giulia Adamo è riuscita a fare un miracolo.

Con una semplice autorizzazione del servizio Vas-Via, inizia la pulizia dei fondali portuali, con smaltimento dei fanghi nella colmata “B”, con l’intento una volta coperta, di insediarvi dei cantieri navali pesanti. Ma il diavolo ci ha messo la coda. Nel 2003 esauriti i fondi provinciali, i fanghi non sono risultati sufficienti a coprire il tratto di mare, ma ne hanno diminuito soltanto il livello idrico, determinando la formazione di un particolare ecosistema. Sempre nel 2003 veniva approvato il Piano Regolatore Generale della città, ma dal PRG venne stralciata l’area che riguarda la zona portuale tra la foce del Mazaro e la parte in cui era sospesa la sopraelevata.

L’assessorato regionale territorio e ambiente ribadì che in assenza di un Piano Regolatore del Porto l’area non poteva essere trattata.Vi risparmio altri particolari e dettagli, e arriviamo al 2011, quando l’amministrazione comunale tenta una forzatura. Sulla base dell’autorizzazione del servizio vas-via ottenuto nel 2001 dalla provincia, avvia l’escavazione dei fondali, con l’intenzione di scaricare i fanghi nella colmata “B”. Sappiamo che sono intervenuti i carabinieri a bloccare tutte le operazioni, mentre l’assessorato territorio e ambiente ritirava in autotutela la vecchia autorizzazione.

Dopo quasi sei anni tutto ancora è bloccato.Che cosa succederà della colmata “B”? Quale sarà il suo destino?Diventerà un “parco urbano” che dopo un razionale intervento di bonifica potrà essere un’attrazione turistica? Oppure, sarà coperta e cementificata, allo scopo di alimentare gli appetiti di alcuni “imprenditori” che ne vogliono fare una zona industriale? Oppure… che cos’altro?“Ti dispiace dirmi, per favore, quale strada dovrei prendere da qui?”, chiese Alice al Gatto.

“Dipende moltissimo dal luogo in cui devi andare”, rispose il Gatto.Non c’è risposta se non decidiamo dove andare. E questa è una scelta che deve essere fatta dalla nostra comunità nella sua interezza. Non può decidere né il sindaco, né l’amministrazione comunale, che hanno la responsabilità di avere ristretto tutti gli spazi della partecipazione e del confronto democratico: dal bilancio preventivo, alle politiche di sviluppo, dai servizi, alla gestione integrata dei rifiuti, dalla tutela dell’ambiente, alla gestione del territorio.

Tutto avviene senza il confronto con i cittadini.Per questo non è più rinviabile l’approvazione del piano regolatore generale di Mazara, sollecitando la consapevole partecipazione dei cittadini, che hanno il diritto di decidere dello sviluppo economico e sociale di questa città. Si tratta di definire il nostro destino.Dentro il PRG, bisogna avviare una nuova progettualità che riguarda le aree del porto canale, del porto nuovo e di tutta la fascia costiera, in coerenza con la nuova realtà che si è venuta a determinare con la crisi della pesca e delle attività ad essa legate.

Sono, tuttavia, decisioni che devono essere adottate nei limiti e dentro i vincoli che la legge ci impone.Ci sono limiti e vincoli normativi che nemmeno un monarca, o chi agisce come tale, può superare.Nelle scienze economiche e sociali le situazioni di paralisi non esistono. Spesso sono determinate dalle nostre visioni e dai nostri interessi particolari, che ci impediscono di vedere oltre gli schemi adottati. C’è sempre una via d’uscita.Noi abbiamo cercato di indicare una possibile soluzione, nell’interesse di questa città e dei cittadini mazaresi.

Il segretario camera del lavoro-Cgil MazaraVito Gancitano4/3/2017{fshare}