Mazara, la cava sotterranea "nascosta dal tempo...e poi ritrovata"

Redazione Prima Pagina Mazara

Il Comune di Mazara del Vallo, si presenta molto esteso e ricco di tracce di antichi insediamenti, alcuni dei quali, di indubbio valore archeologico. Alcuni di questi insediamenti, sono per lo più ignorati dal turismo e non fruibili. La nostra squadra, durante un'indagine esplorativa, ha rilevato e scoperto una di queste formazioni nel territorio mazarese, non lontano dalla costa rocciosa nei pressi della zona dei Gorghi Tondi. Il territorio circostante, come molte altre località del Meridione, è caratterizzato da un'abbondante presenza di siti di estrazione mineraria, che vanno dai litoidi di calcarenite arenaria chiamati comunemente “ tufi ”, alla sua più dura versione stratificata, anticamente utilizzata per la costruzione di templi e palazzi. Alcuni di questi siti, divenuti famosi per la loro estensione, suggeriscono una intensa attività estrattiva; attività certa mente molto antica, come per le cave di Cusa presso Campobello o per le grotte di Miragliano, presso Mazara. Queste cattedrali sotterranee rappresentano un patrimonio nascosto che spesso si integra con il tessuto urbano, oltre che un'importante risorsa economica che ha plasmato lo sviluppo urbanistico del territorio, e talvolta affiorano come elemento di nuova scoperta, all'interno di insospettabili proprietà. Questa cava nascosta e da noi ritrovata, è infatti la testimonianza di una densa e stratificata attività, che ci permette di ripercorrere secoli di storia locale, dalle tecniche di lavorazione, agli usi e costumi degli antichi operai. L’accesso in galleria avveniva attraverso delle bocche denominate pozzi e i cavatori scendevano per qualche metro fin o ad incontrare il materiale più pregiato per compattezza e grana. Abbiamo rilevato durante la discesa, una vasta area ipogea di oltre 3000 mq, dove gli operai, scavando dei cunicoli orizzontali ed estraendo il materiale, hanno dato origine a lunghissime gallerie. A sostegno delle volte rocciose si lasciavano dei grandi pilastri, denominati “ pileri ”, che avevano uno spessore variabile. Quelle rilevate dai noi, di grandi dimensioni, ne giustificano la rilevanza del sito. Spesso, il terreno affiorante di queste zone, rappresenta la protezione del sottostante banco calcareo, ed è chiamato “ sciara ”, termine di derivazione araba che indica un paesaggio arido e desolato. L'esplorazione di questa cava, ha restituito importanti evidenze archeologiche, costituite da tracce di attività antropiche, come incisioni rupestri, che scandivano e da tracce di attività antropiche, come incisioni rupestri, che scandivano lo scorrere del tempo nei posti angusti come questi siti sotterranei. Sono presenti inoltre numerose nicchie adibite alla collocazione delle lucerne ad olio per l'illuminazione, lucerne che hanno lasciato un segno indelebile di nerofumo sulle pareti. Dalla lettura di questi dati, abbiamo potuto leggere e riscrivere l'evoluzione delle tecniche di estrazione adottate dai cavatori e le modalità di gestione del cantiere. Questa cava abbandonata, frutto di un lavoro di ricerca di un gruppo di appassionati, testimonia gli elementi del paesaggio trasformato dalla mano dell’uomo nel corso nei secoli, dove sono visibili i componenti significativi del territorio, importanti per la loro irripetibilità, ma anche per la loro valenza storico-culturale.

Fonte www.topbtw.com. Il team: Giorgio Comerio, Davide Corona, Maria Giammarinaro, Matteo Tumbiolo