​Futuri (In)disponibili

Redazione Prima Pagina Mazara

Dai grandi eventi mondiali sul clima, G20 prima e COP26 poi, è emersa vivacemente una dicotomia chiara e limpida: il dentro e fuori. II centro di Roma centro e la sede di Glasgow - e i presidi esterni dei giovani FFF (Fridays for Future).

Certo, la promessa certificata di abbassare a 1,5 gradi l'innalzamento delle temperature "intorno" al 2050 è un piccolo segnale; ma non è sicuramente ciò che si aspettava una buona parte giovane del mondo, che ha sempre più fame di fatti, sazia di parole.

Il 2050 come obiettivo è altresì sfumato, non fissato con precisione - un'altra pecca di queste risoluzioni. Insieme all'ostracismo dei paesi in via di sviluppo, che avanzano vigorose pretese per servirsi anch'essi sul desco del progresso senza pensare a impatti ed emissioni.

Mi torna in mente un famoso adagio dell'economista John Maynard Keynes, che ammoniva - in terreno di previsioni - che nel lungo periodo saremo tutti morti. In questo caso, mutatis mutandis, il problema è che non sarà più una metafora a seppellirci, ma l'inerzia dell'economia mondiale e l'attendismo collettivo.

Il 2050 è troppo tardi; figuriamoci un generico "attorno a metà secolo".

Forse, a questi punti, solo le nuove generazioni, che sia nell'attivismo che nella politica stanno scendendo in campo con rinnovata passione, potranno salvare la nostra casa comune in fiamme…

di Alessandro Isidoro RE

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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