“Una punta di Sal”. La via Francigena di Mazara

Storia di camminatori e studi di ricercatori sulla regia trazzera che attraversa il territorio fin dal medioevo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
19 Dicembre 2021 09:40
“Una punta di Sal”. La via Francigena di Mazara

Mazara del Vallo è tappa fondamentale dell’itinerario Via Francigena Mazarense, percorso che segue i tracciati di varie regie trazzere ricadenti lungo tratti di viabilità storica, romana e poi medievale. Tanto che nei mesi scorsi è stato firmato un protocollo d’intesa tra il Comune di Mazara e l’Associazione “Amici dei Cammini Francigeni di Sicilia” per la realizzazione del progetto “Vie Francigene di Sicilia: testimonianze antiche e viabilità storica tra natura e storia”. Per il Comune di Mazara ha firmato l’assessore comunale alla Cultura Germana Abbagnato.

La via Francigena Mazarense percorre in direzione ovest il tratto costiero della romana via selinuntina e, da Agrigento a Mazara, distaccandosi dalla costa per raggiungere Palermo. Un diploma angioino del 1267 – si legge ancora nel protocollo d’intesa – riporta un passaggio relativo ad una “via francigena per mezzo della quale si giunge a Mazara dalla torre di Maimone” che si trova tra Mazara e Marsala. Il protocollo avrà una durata di cinque anni rinnovabili; l’amministrazione comunale dovrebbe predisporre nel proprio infopoint turistico un servizio informativo specifico per i camminatori/pellegrini, fornendo materiale e brochure inerenti la via Francigena ma anche relativamente ai servizi turistici e di accoglienza previsti per gli stessi pellegrini.

Dovrebbe essere inoltre predisposta un’apposita segnaletica artistica e pacchetti turistico promozionali dedicati alle iniziative e progetti legati alle Vie Francigene. Il tutto a titolo gratuito attraverso un servizio di volontariato congiunto tra associazione e amministrazione comunale.

Ed allora eccoci alla scoperta della via Francigena che parte da Mazara. Camminatori, studiosi e ricercatori percorrevano a piedi, o in bici, o ad asino, se avevano un asino, le vie storiche di Sicilia, quel sistema intrecciato che da secoli e secoli è stato percorso da Greci, Romani, Bizantini, Arabi e cavalieri Normanni. I viandanti cercavano le tracce di questo sistema di vie che ha permesso da sempre di muoversi attraverso le valli e le piane della nostra regione, verso i porti d’imbarco per l’Italia, l’Europa o la Terra Santa.

La via che da Mazara del Vallo risale verso Marsala e verso la direttrice per Palermo, è chiamata Via Francigena mazarense; la via romana che da Mazara porta a Siracusa, chiamata Via Selinuntina, che collegava i più importanti insediamenti greci prima e romani dopo, da Selinunte ad Agrigento, la via che da Gela, lascia la Selinuntina e punta a Maniace, ai piedi dell’Etna ed alla sua abbazia, chiamata Via Francigena Fabaria. E si potrebbe continuare. Vi partecipavano, principalmente, i pellegrini tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo, una pratica che assunse un’importanza crescente.

Un sistema di più di 900 km di vie che permettevano di camminare in zone spesso lontane dal grande turismo ma ricche di tradizioni, cultura, buon cibo e ottimi sorrisi, dove l’accoglienza è garantita da strutture convenzionate o da alloggi “pellegrini” messi a disposizione dai Comuni.

Della via Francigena di Mazara ne parla don Pietro Pisciotta di Campobello di Mazara ma che per anni ha insegnato filosofia nel Liceo “Gian Giacomo Adria” di Mazara, di cui conosce la storia della Diocesi e delle sue chiese. Nel saggio pubblicato dall’Accademia Selinuntina, “Dalla via Valeria alla via Francigena”, a proposito della via Francigena di Mazara scrive che questo termine fu introdotto dai Normanni anche in Sicilia per definire il sistema viario dei pellegrini nell’Isola.

Ed è proprio la citazione della via Francigena esistente nel territorio della città di Mazara, espressamente menzionata in un atto notarile del 12 marzo 1267, che funge da volano all’azione di ricerca dell’autore che segnala tutto ciò che nasceva a servizio dei viaggiatori come gli “hospitalia” (piccoli ospedali) che furono realizzati nelle città della provincia in funzione di questi cammini al fine di dare accoglienza ai pellegrini (solo più tardi diverranno strutture di medicalizzazione).

La via Francigena ci è proposta dall’autore come tracciato di studio non tanto sulla fisicità di essa ma sui percorsi di ricerca storica che essa ci propone, come ad esempio quella degli ordini religiosi cavallereschi in Sicilia. A tal proposito l’autore ci svela come queste compagnie formatesi in Terra Santa si siano irradiate per tutto l’universo cristiano e quindi anche nell’Isola a servizio e tutela della cristianità, come i Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme detti di Malta sorti nel 1050, l’Ordine Teutonico sorto nel 1099, l’Ordine del Santo Sepolcro sorto nel 1100, l’Ordine Templare sorto nel 1118 e dissolto nel 1312, l’Ordine dei Cavalieri di San Lazzaro sorti nel 1142 etc.

il volume esamina in che modo nel contesto dell’isola, ed in particolare nella parte sud-occidentale, gli antichi percorsi militari romani, quali le plateisexercituum, nello scorrere del tempo siano divenuti percorsi di pellegrinaggio, trama immateriale della futura affermazione cristiana. I luoghi santi della Cristianità erano Gerusalemme, Santiago de Compostella e Roma, e la Via Francigena rappresentò lo snodo centrale delle grandi vie della fede. Infatti, i pellegrini provenienti dal nord percorrevano la Via per dirigersi a Roma, ed eventualmente proseguire lungo la Via Appia verso i porti pugliesi, dove s’imbarcavano verso la Terrasanta.

Viceversa i pellegrini italiani diretti a Santiago la percorrevano verso nord, per arrivare a Luni, provincia di La Spezia, dove s’imbarcavano verso i porti francesi, o per proseguire verso il Moncenisio e quindi immettersi sulla Via Tolosana, che conduceva verso la Spagna. Il pellegrinaggio divenne presto un fenomeno di massa, e ciò esaltò il ruolo della Via Francigena che divenne un canale di comunicazione determinante per la realizzazione dell’unità culturale che caratterizzò l’Europa nel Medioevo.

In tale senso don Pietro inizia l’opera con una attenta disamina degli itinerari di epoca romana evidenziandone sia l’utilità militare e commerciale che il prestigio che esse rappresentavano per Roma; analizza, poi, come queste tracce stradali nel tempo, a seguito delle mutate condizioni socio-economiche, abbiano diversificato il loro essere, da direttrici dell’espansione militare romana a direttrici di “itineraria peregrinorum” cristiane. Detti percorsi, su cui si compivano i viaggi spirituali e con cui si supplicava la remissione dei peccati, univano l’Europa continentale a Roma o alla Terra Santa, avevano come mete Gerusalemme, Roma, il Gargano, la galiziana Santiago de Compostela e altri luoghi della cristianità ed erano denominati “via Francigena”.

Questi ordini religiosi militari hanno avuto un ruolo importante nella storia della cristianità medievale come “combattenti al servizio della fede”, ricostruire la perduta memoria delle vie dello spirito. Proprio al fine di cristallizzare le labili tracce ancora presenti di storia medievale legata a questi tracciati, Pisciotta conduce un’indagine culturale che, attraverso lo studio degli antichi percorsi, viene svolta in loco alla ricerca di altre storie, a dimostrazione o a perfezionamento della storia del nostro territorio o per svelare aspetti inediti dell’antico vissuto.

Salvatore Giacalone

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