“Una punta di Sal”. La marineria di Mazara? Un gigante dai piedi di argilla

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
30 Agosto 2020 12:46
“Una punta di Sal”. La marineria di Mazara? Un gigante dai piedi di argilla

Il termine imprenditore è normalmente riferito al proprietario e gestore di un’impresa, soprattutto una piccola e media impresa. In questo modo si individuano due delle funzioni costituenti l’attività imprenditoriale, quella del rischio del capitale e quella del coordinamento delle risorse necessarie a svolgere un’attività d’impresa. Mai come in questo momento abbiamo bisogno di imprenditori leader. Imprenditori che sappiano guardare attraverso e oltre questa crisi per capire non solo come affrontare il momento dell’emergenza ma anche come far ripartire le imprese quando l’emergenza sarà passata.

E avremmo bisogno di imprenditori non solo nelle imprese ma in tutte le organizzazioni, a partire dagli enti e dalle istituzioni pubbliche. In una parola occorre una classe dirigente. A Mazara, per esempio, non c’è mai stata sia a livello istituzionale che in economia. Ha trionfato l’intuito, l’improvvisazione, la scaltrezza e qualche amicizia influente nei palazzi della politica. Un esempio per tutti. Chi si immagina l’armatore di Mazara (armatore nell’immaginario collettivo  è persona molto facoltosa) vecchia figura autoritaria, semplice cinghia di trasmissione della proprietà, è sulla strada sbagliata perché l’armatore nostrano è più marinaio del suo ultimo marinaio.

Sono uomini, il più delle  volte venuti dalla gavetta, poi , vuoi per il saperci fare, vuoi per dei colpi di “fortuna” arrivati dalla Regione o dallo Stato (siamo negli anni ‘70 e ’80), sono diventati proprietari, tutto ad un tratto, di uno, due, tre pescherecci. Ma sono rimasti marinai, uomini tutti di un pezzo, cui l’espressione in lingua è d’impaccio. In quegli anni hanno portato a riva tonnellate di pesce ed hanno innalzato case di lusso, ville, villini e auto di rappresentanza.

Poi è arrivata la crisi e hanno dovuto vendere ma principalmente demolire i pescherecci perché i conti in banca erano in rosso, gli assegni post datati non si contavano più  e la famiglia aveva altre esigenze, C’erano i figli che non hanno voluto fare gli armatori ma i medici, avvocati, lauree in economia e commercio, scienze politiche e via dicendo. E’ mancata però, come si diceva la classe dirigente, c’è stata tanta  improvvisazione, intuizione ed è stato creato a Mazara un gigante di piedi di argilla.

In questo paesaggio cangiante, la vecchia figura autoritaria è quasi scomparsa e quella nuova è quasi inesistente (sono presenti un paio di grossi armatori e i loro figli che hanno studiato nelle università  che contano) perché negli anni d’oro della marineria il porto di Mazara era pieno, anzi strapieno, oltre 300 barche da pesca grandi (i famosi pescherecci mazaresi) e piccole. Altri tempi. Oggi si guarda al porto con rabbia. Il porto non è sostanzialmente navigabile ed è considerato persino dannoso dagli armatori: i pescherecci d’altura sono ormai 67, secondo gli ultimi dati della Capitaneria di porto, ma se possono evitano come la peste questo porto pieno di sabbia.

E anche le 163 navi minori cercano di fare altrettanto. Alcuni ora si mordono le mani e farebbero un passo indietro e cercherebbero un management che curasse le relazioni ma come fare se la marineria è vissuta tra invidie, gelosie, litigi perché ognuno ha sempre cercato di rappresentare in città (anche in politica) il più forte, il più furbo, il più ricco anche se i conti in banca erano in profondo rosso. L’unica prospettiva per assicurare un futuro a questa importante attività che ha come target i crostacei, il gambero bianco, il gambero rosso e il viola e gli scampi, è l’avvio di un serio programma di cooperazione con i Paesi nordafricani per l’adozione di piani di gestione degli stock che prevedano un prelievo razionale e sostenibile delle risorse, nonché adeguate aree di ripopolamento e protezione.

Ma nessuno ci crede perché mancano i dirigenti  ed allora oggi i pescherecci d’altura danno lavoro a circa 600 persone cui si aggiungono 2.500 addetti nell’indotto: secondo stime circa la metà rispetto a dieci anni fa. Stesso discorso si può fare per il fatturato: i soli pescherecci, sempre secondo stime da parte degli armatori, fatturano oggi quasi 70 milioni l’anno ma la filiera comprende anche circa 30 imprese che si occupano di trasformazione e commercializzazione. Secondo alcune stime l’intero settore solo a Mazara varrebbe circa 200 milioni sicuramente almeno il 30 per cento in meno rispetto a dieci anni fa.

Non vorrei che si desse la colpa alla Regione o allo Stato di questo disastro perché  non rifocillano più il conto in banca o addirittura ai pesci che diminuiscono sempre di più per le razzie dei pescatori nostrani e dei Paesi frontalieri. La marineria però a Mazara vivrà sempre perché la città è dentro il mare. E almeno questo non si potrà  demolire. Salvatore Giacalone

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