Ultime della sera:te lo leggo negli occhi

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Marzo 2020 19:32
Ultime della sera:te lo leggo negli occhi

La mascherina le copre il viso, la cuffia che nasconde i suoi capelli belli, le scende fin sulla fronte, sulle mani ha guanti e niente più smalto sulle unghie spezzate, l'avvolge un grembiule di carta che copre ogni forma di donna. Non ha età. Gli occhi, le sono rimasti gli occhi. A inizio turno, si ostina a truccarli con un sottile filo di matita e un ombretto chiaro. Già un'ora dopo, la matita è sbavata fra lacrime e sudore e l'ombretto somiglia più a un livido chiaro che ad un belletto.

Qualunque stato d'animo, qualunque emozione,  gioia o dolore, paura o sollievo, lo leggo nei suoi occhi.  Piccole rughe si aprono e si chiudono come ventagli ricamati agli angoli di palpebre stanche e vigili, e sulla fronte ,un solco profondo racconta di notti insonni e di preoccupazioni. Il colore dell'iride cambia con il mutar della luce, ora è prato ventoso, ora riccio di castagna chiuso di spine , ora è terra arata in attesa di seme nuovo. Le pupille sono mari di notte di burrasche, che narrano di impotenza e di speranza.

La sua vita, la leggo nei suoi occhi: nella tenerezza, nella rabbia di uno sguardo che indugia o fugge, nella attenzione e nella concentrazione sulla persona che non è solo corpo, non è solo bisogno, ma che è sempre, ancora, tenacemente e meravigliosamente ,vita. E sono occhi di padre e di fratello, di madre e di sorella, di suora e di prete, di maestro e mendicante. Sono occhi di medico e di infermiere, di scienziato  e netturbino, di cassiera e banconista, di vecchio e di bambino, di giornalista e di soccorritore, sono occhi di poliziotto e di crocerossina, di maestro e di educatore,  di fornaio e benzinaio, di sindaco e di operaio, di capitano e marinaio, di vigile urbano e di musicista, di volontario e di ammalato...

Gli occhi di un padre che ha perso il lavoro, di una madre china sul figlio allettato, del bambino iperattivo costretto a rimanere fermo in una stanza, degli innamorati che non possono sfiorarsi,  della donna che spera che il marito non si ubriachi ancora...di tutti quelli per i quali il “restate a casa” non è stare su una comoda poltrona davanti ad un balcone con vista sul mare, e che pure ci stanno nella loro piccola e infelice casa, serrando le porte sui segreti di una vita difficile.

Sono occhi, solo gli occhi di una umanità piagata e piegata che non si arrende  e che , pure distante, non è mai stata così vicina. Guardo i pochi che camminano per strada mentre vado al lavoro, quelli che fanno ordinati la fila al supermercato o già alle 7.30 del mattino davanti al fornaio, tutti distanti e rispettosi, e tutti con le mascherine sul volto, e magari un cappuccio sulla testa per ripararsi dalla pioggia : tutti imbacuccati come terroristi, di cui poco tempo fa avremmo avuto paura e verso cui avremmo provato almeno diffidenza.

E invece sono come noi, e sono  soltanto passati dal terrore alla consapevolezza di dover fare ciascuno la propria parte. Lo leggo nei loro occhi. E sono i miei occhi che guardo riflessi nell'impietoso specchio. E le vedo sfilare una ad una le storie che ho letto negli occhi degli altri, le storie che mi hanno permesso di oltrepassare l'uscio delle lacrime e dei sorrisi, e sostare accanto a pensieri e sogni, a fallimenti e a nuovi tentativi, a morte e a rinascita. Finirà, me lo leggo negli occhi.

E avrò ancora braccia, mani, labbra ,piedi, passi e poi parole e canzoni. E  li ripeto, come in un ennesimo rosario, questi misteri dolorosi di una primavera che mai come adesso è quaresima. E non voglio dimenticare nessuno di quelli che hanno capito come salvare gli altri, salvando se stessi, nessuno di quelli che , lasciando scoperti solo gli occhi, vanno ogni giorno dove deve andare , un passo dopo l'altro, a dare il loro contributo, in scienza e coscienza, lungo questa via della croce .

E non voglio dimenticare chi avrà aiutato, chi avrà soccorso anche  porgendo un solo telo per asciugare le ferite di questa nuova corona di spine . E adesso che gli altri siamo noi, non dimentichiamo. Finirà, “ce” lo leggo nei nostri occhi che superano le distanze e si riconoscono negli occhi degli altri, nelle ginocchia piegate all'altare del dolore e del sacrificio, della solitudine e dello smarrimento, del mistero e della speranza. Sì, lo leggo negli occhi. Maria Lisma

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