Ultime della sera: "Nostalgia", un film incompiuto comunque da vedere

Mario Martone stavolta non ha centrato appieno il suo obiettivo ma rimane un regista originale e interessante

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
30 Maggio 2022 18:40
Ultime della sera:

Sabato pomeriggio non potevo non andare al cinema per vedere l'ultimo lavoro di Mario Martone, uno dei registi italiani che stimo di più. Le mie aspettative erano piuttosto alte, alimentate dalla visione del precedente "Qui rido io", un film davvero riuscito.

"Nostalgia", presentato al Festival di Cannes, è stato tratto dall'omonimo romanzo di Ermanno Rea, interpretato da Pierfrancesco Favino.

Felice, il protagonista, è un distinto uomo d'affari di mezz'età che, dopo un'ininterrotta assenza di quarant'anni, torna a Napoli quasi da straniero. Parla con evidente accento arabo, professa la religione islamica, non ha più contatti. La prima mezz'ora del film rapisce lo spettatore, condotto per le vie di Napoli dal protagonista, flâneur ingenuo e appassionato che tenta di riappropriarsi del proprio passato passeggiando fra le viuzze e i vicoli del Rione Sanità, mostrandone il volto senza ipocriti belletti né compiacimenti morbosi.

In una palazzina modesta avviene l'incontro con la madre, ormai anziana e malata, i gesti delicati e sobri, le parole affettuose e misurate, sottolineano l'intensità del momento fuggendo la retorica. Bellissima e toccante la scena in cui in un ribaltamento dei ruoli è il figlio che fa il bagno alla madre. Il funerale della donna, occasione in cui Felice fa amicizia con il parroco anticamorra del quartiere. L'uomo confida a don Luigi il motivo della sua improvvisa partenza per il Libano e poi per l'Africa, entrando così in scena Oreste Spasiano, detto 'o Malomm', inseparabile amico di gioventù.

Questo momento segna un calo della narrazione che condizionerà il film: il rientro di Felice da dolcemente nostalgico si tinge di violenza e di tensione in modo artificioso e poco credibile. Poco credibile è pure la sua immotivata ostinazione a stabilirsi definitivamente a Napoli, forse un maldestro escamotage del regista per passare dal genere intimista al noir. Un ulteriore punto debole del film sono i dialoghi, sia quelli con il prete sia quelli con Oreste, troppo stereotipati e superficiali.

Nemmeno la risoluzione mi ha molto convinto perché abbastanza prevedibile ma mi fermo qui per evitare sgradite anticipazioni.

Complessivamente tuttavia consiglio la visione, innanzitutto perché Favino si conferma un vero attore, carismatico e espressivo, uno dei pochi della sua generazione capace di fondersi col personaggio. La fotografia magistrale assolve pienamente al difficile compito di rispecchiare una Napoli autentica evitando scene da cartolina o peggio ancora l'effetto Gomorra. Dispiace che le immagini non abbiano potuto avvalersi di una scrittura all'altezza, con ogni probabilità avremmo potuto godere di un film di ben altra levatura.

di Francesca RUSSO

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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