Ultime della sera: “Ho incontrato Fathìa”

Un turbante, un abito coloratissimo, e la voglia di ricominciare

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
08 Marzo 2022 18:30
Ultime della sera: “Ho incontrato Fathìa”

Ho incontrato Fathìa, occhi grandi e neri come il mare. Pelle d’ebano e un sorriso disarmante. Quando ho accettato di insegnare italiano al centro Babel per rifugiate politiche di Modica le armi le avevo ben lucidate e alla prima lezione me le ero portate tutte. A cominciare dal mio vestitino appena comprato: non volevo strafare, un vestitino blu e sono andata. Fathìa era già li ad aspettare l’insegnante. Un turbante bianco in testa d’un candore quasi irreale e un abito coloratissimo fucsia e marrone e il suo sorriso disarmante. Io col mio vestitino nel quale adesso mi sentivo a disagio e lei nel suo, sontuoso, della festa, di chi va a un incontro importante: quello con l’insegnante. “Mi chiamo Marcella, e sono italiana” cominciammo così l’alfabetizzazione.

“Le servirà almeno per presentarsi se deve andare a lavoro da qualche parte” pensai. “Mi kiàmo Fathìa e soono Taliana”. L’italiano è il terreno e che lei ripeta il mio concetto almeno per il momento mi basta. “Mi chiamo Marcella, e sono italiana” “Mi kiàmo Fathìa e soono Taliana”. Ripetemmo ancora, poi lo scrivemmo ma adesso era anche il momento di rettificare: “no Fathìa, io sono Italiana Fathia è somala. Mi chiamo Marcella, e sono italiana”. Sorride Fathia, occhi grandi e neri come il mare: “Mi kiàmo Fathìa e soono Taliana”.

“No Fathia: Somala!”. Sorride, “no Somalia, Somalia morta con mio marito e mio filio grande e mio filio più grande, no più familia, no più casa, no più Somalia. Mi kiàmo Fathìa e soono Taliana”. Fathìa, occhi grandi e neri come il mare che l’ha inghiottita una notte sentenzia e sorride sicura e mi toglie un’altra delle mie armi: ero arrivata spavalda del mio curriculum ma il suo appena accennato ha un peso enorme e ne vale cento dei miei perché lei sorride. Marito morto, filio grande morto, filio più grande morto, e lei sorride.

Perché? Perché ha Stella con se una bambina di otto anni che se rimane qua in Italia non verrà stuprata e non vedrà la morte quotidianamente. Ecco perché Fathìa sorride e mi disarma. Io arrivata con la fierezza di esser madre apprendo, non per averlo letto, ma da una voce che sembra un canto, dal vivo, che una condizione disumana può toglierti questa fierezza e farti cadere nel baratro della condizione non umana di “amputata” di figli. “Mi chiamo Marcella, sono italiana e ho 45 anni”.

“Mi kiàmo Fathìa, soono taliana e ho 32 anni”. E mi disarma ancora. Io Insegnante, arrivata con l’esperienza che si fa sul campo con gli adulti, forte anche della mia età. Una bella età piena di esperienza, mi confronto con una donna di 32 anni fuggita dagli orrori di una guerra civile con due figli morti e in una condizione di vedovanza che in quella cultura ti relega ad avere dignità nulla. E mi disarma perché 32 anni diventa una età anagrafica che non corrisponde affatto alla nostra età perché ogni giorno passato in mezzo alla distruzione, allo scempio della dignità umana corrisponde a cento dei miei tra gli agi e le comodità.

E così non ho più nulla da insegnarti Fathìa, e scusa se ho ripensato a te nel giorno in cui le donne riflettono sulle donne del mondo. Mi ricordo di quando mi hai salutata Fathìa, e nel tuo abbraccio straniero ho riconosciuto una storia che ho avuto la fortuna per nascita di non avere. Mi sorride Fathìa, “taliana” e mi saluta tchiàoo. Fathìa per ragioni burocratiche è rimasta al centro per rifugiate politiche di Modica pochi mesi poi chissà dove ma mi è bastato prendere un solo giorno di lezione per imparare che Fathìa è la storia di oggi che incontra l’indifferenza se non il pregiudizio e l’indolenza di chi le vede sfilare nel silenzio delle nostre esistenze per poi sparire per sempre.

Tchiàoo, Fathia, taliana e di 32 anni. Grazie.

di Marcella BURDERI

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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