“La pesca della memoria”. Vincenzo Falco: “i tunisini amici oltre ogni problema”

L’ex comandante di pescherecci ricorda alcune esperienze, belle e brutte, con la Tunisia

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
25 Febbraio 2022 12:26
“La pesca della memoria”. Vincenzo Falco: “i tunisini amici oltre ogni problema”

Sesto appuntamento con la nostra rubrica, in collaborazione con la “Casa del Pescatore”, dedicata alla pesca di Mazara del Vallo ed in particolare alla sua memoria storica attraverso il racconto di vecchi pescatori (e non solo): episodi curiosi, aneddoti etc. Incontriamo Vincenzo Falco, 79 anni, ex comandante. “Mio nonno materna, Ciccio –racconta- aveva la ‘ngiuria di Piu”. Falco inizia ricordando un fatto accadutogli ad bambino.

Ho frequentato l’Istituto Marittimo ENEM (Ente Nazionale Educazione Marittima). Avevo 13 anni, era d’estate, la scuola era già finita, andavo a pesca locale con mio zio Pietro (Ingargiola ‘Piu’). Un giorno quando riempiendo con il secchio l’acqua presso ‘lu cursu cu la cruci’ (la fontana ubicata presso l’attuale piazzetta dello Scalo) sono scivolato e mi sono tranciato il pollice della mano, mi hanno portato all’ospedale e mi hanno tagliato la prima falange.

Ho iniziato a portare i segni di quel lavoro”. L’ex pescatore continua: “ho iniziato a navigare con l’Arbatax, una nave che trasportava carta, non me la passavo bene però e così sono tornato a pescare, era il ’62-‘63”.

Vincenzo Falco racconta la sua esperienza con l’avvio delle società miste italo-tunisine ai primi degli anni ’80: “nel 1985 lavoravo alla Stipec, a Tunisi. Era marzo e con il mio equipaggio ero a bordo del peschereccio “Delfino”. Era notte, stavo riposando un po', avevo lasciato al timone il secondo. Ad un certo punto mi sveglia un pescatore tunisino e mi dice che aveva visto delle luci fra noi e la terra ferma, mi alzo e guardo fuori ma niente… Il tunisino insiste e rimango a guardare ancora fuori, stavolta mi accorgo delle luci lampeggianti.

Ci siamo a corto che vi era una barca a cianciolo alla deriva a causa di un’avaria; non ci ho pensato un attimo ed ho fatto salire quei pescatori a bordo. La stessa cosa è avvenuta mezzo miglio dopo, così abbiamo imbarcato anche loro. Appena arrivati al porto del castello Mustafà, il porto di Tunisi, i familiari dei pescatori salvati mi hanno abbracciato e ringraziato, questa era l’amicizia fra mazaresi e tunisini”.

Vincenzo Falco racconta anche un altro episodio l’anno successivo: “era il 1986 e mi trovavo al comando del motopesca “Juvenilia”, dell’armatore Paolo Lisma, e stavamo raggiungendo l’isola di Lampedusa per il trasbordo. A circa tre miglia dalla costa siamo stati speronati da una motovedetta tunisina, si esatto si trovava in acque nazionali italiane a poche miglia dalla costa. Ci hanno costretti a seguirli fino a Sfax, in pratica ci avevano sequestrati. Siamo rimasti lì per 15 giorni.

Mi hanno accusato di aver investito noi la motovedetta. Non potevo accettare questa accusa e così mi sono rivolto all’ambasciatore italiano a Tunisi al quale ho raccontato quanto accaduto; nel frattempo a parte il motorista tutti i miei uomini erano tornati a Mazara del Vallo. Grazie alle mie amicizie al tempo delle società miste ho avuto il permesso di tornare a casa da mia moglie. Poi dopo un giorno mi ha chiamato l’armatore e mi ha detto di ritornare in Tunisia a riprendere la barca che era stata liberata”.

Falco si è ritirato dalla pesca a 42 anni: “era il 1987 avevo alle spalle 25 anni di navigazione, ho iniziato a fare altri lavori”.

Francesco Mezzapelle  

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