Dal Tirreno a Mazara del Vallo la filiera della pesca nel caos a causa di politiche sempre più vessatorie

La proroga del fermo tecnico nel Tirreno rischia di provocare ulteriori divisioni e il definitivo tracollo del settore

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Novembre 2025 08:46
Dal Tirreno a Mazara del Vallo  la filiera della pesca nel caos a causa di politiche sempre più vessatorie

Dal Tirreno a Mazara del Vallo, prima flotta di pesca a strascico nel Mediterraneo, le marinerie italiane sono sul piede di guerra a causa di un altro provvedimento che rischia davvero dio creare caos nel settore con gravi conseguenze dal punto di vista economico e sociale. Secondo una direttiva dell’UE, recepita a livello nazionale, le marinerie operanti nel mar Tirreno dopo fermo biologico osservato sinora, dovranno ancora obbligatoriamente sospendere l’attività a strascico per un altro mese (fino al 30 novembre.

E se è vero che il provvedimento ne evita un altro ancor più grave (lo stop della pesca fino al 31 dicembre e l’allontanamento oltre le 4 miglia dalla costa), fa emergere la poca attenzione verso un settore ed i suoi lavoratori costretto a vivere perennemente nell’emergenza, a galleggiare tra attese e promesse non mantenute; una mancata programmazione che rischia di creare sempre più tensioni all’interno delle diverse marinerie italiane che operano nel Tirreno, da quelle sarde fino a quelle siciliane, in primis Mazara del Vallo e quei pochissimi pescherecci che operano storicamente nelle acque antistanti la Sardegna ed accusate di togliere operatività proprio al comparto ittico locale.

Una cosa è però certa, la conferma delle politiche vessatorie perseguite da Bruxelles che ormai da anni colpiscono indiscriminatamente, e anche dividendoli, lavoratori e imprese del comparto ittico italiano mettendo sul lastrico migliaia di addetti, ai quali viene gratuitamente attribuita la colpa di essere i principali responsabili dei problemi ambientali del mare e del fragile equilibrio ecologico, che ormai vive da tempo, trascurando invece gli effetti dell’inquinamento e dello sversamento di rifiuti e scarichi nocivi da terra e più in generale gli effetti del cambiamento climatico, che alterano significativamente la condizione delle acque e dei fondali, incidendo negativamente sulla biodiversità, sugli stock ittici e sulla proliferazione di specie aliene invasive.

Fra ZEE decise unilateralmente da Paesi rivieraschi, provvedimenti sempre più restrittivi da parte dell’UE, e interventi inadeguati della politica nazionale a tutela del settore, si rischia oggi ancor più il tracollo completo di un comparto, quello della pesca strascico, che porta –secondo dati Coldiretti- sulle tavole italiane oltre il 70% del pescato Italiano. Il settore della pesca conta complessivamente in Italia circa 12mila imbarcazioni per un giro d’affari complessivo di poco meno di 750 milioni di euro.

Negli ultimi trent’anni la flotta italiana ha perso circa 1/3 delle barche e ben 18.000 posti di lavoro, a causa dell’aumento dei costi e di alcune scelte europee che hanno penalizzato il settore.

Francesco Mezzapelle 

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