“Una punta di Sal”. I Fasci Siciliani. Quando i lavoratori di Mazara soccombevano
Un viaggio nel passato, quando i lavoratori soccombevano e non sapevano a chi rivolgersi, non mancavano le proteste sottaciute ma guai a rivolgersi contro “padrone”. Non è che la situazione oggi sia molto cambiata, basta vedere e sentire cosa è successo negliultimi giorni in Campania, con la presenza del capolarato, sfruttando lavoratori sottopagati, 16 ore di lavoro pagati 2 euro, così raccontano le cronache e le interviste. E’ vero che oggi vi sono leggi che tutelano il lavoratore lungo il suo percorso ma sembra, a volte, si essere ritornati a pel periodo storico dei fasci che furono un movimento di massa di ispirazione socialista, originato, appunto, da una situazione di disagio sociale denunciato anche in Sicilia e quindi anche a Mazara del Vallo.
Una storia contadina del feudalesimo, sviluppatosi tra 1891 al 1894 fra braccianti agricoli, minatori ed artigiani. Non c’erano sindacati né patronati, si erano formate masse spontanee di lavoratori per protestare contro lo sfruttamento. La città di Mazara stava a guardare? Il 1 e 2 gennaio 1894, in città, non si verificarono sfracelli. L'unica ribellione che si è registrata fu l'assalto alla Pretura, allora ubicata nei locali dell’ex Convento dei Gesuiti, dove venne distrutto, oltre ai mobili, quadri, suppellettili, un enorme patrimonio cartaceo in quanto vi era allocata anche la fornitissima e ricca biblioteca dei Gesuiti.
Un articolo giornalistico dell’epoca, racconta che il primo gennaio 1894 a Mazara bruciarono gli uffici del demanio, del registro, delle imposte, del conciliatore, la prefettura, le scuole tecniche e elementari, il salone della biblioteca con migliaia di volumi, e tutti i magazzini e depositi del comune. Le fiamme divorarono case e chiese attigue a questi uffici e scuole. Fu assaltata la prigione, e liberati i prigionieri. Il giorno 2 a Mazara bruciarono catasto, esattoria comunale, e tornarono a bruciare le carte dell'ufficio del registro, e tentarono un nuovo assalto alla prigione, dopodiché bruciarono comune e fabbricati attigui.
Non ci furono né morti, né feriti. Una devastazione per dire “ci siamo anche noi”. Il giorno 3 Francesco Crispi dichiarò lo stato di assedio in Sicilia. Era il 1894. Sull'esempio dei fasci operai nati nell'Italia centro-settentrionale, il movimento fu un tentativo di riscatto delle classi meno abbienti e, inizialmente, era formato dal proletariato urbano, a cui si aggiunsero braccianti agricoli, minatori, lavoratori della marineria ed operai.
Una protesta che si allargò a macchi d’olio in tutta la Penisola. In Sicilia si protestava sia contro la proprietà terriera, sia contro lo Stato che appoggiava apertamente la classe benestante. La società siciliana era all'epoca parecchio arretrata: il feudalesimo, sebbene abolito agli inizi del XIX secolo, aveva condizionato la distribuzione delle terre e quindi delle ricchezze. L'unità d'Italia d'altro canto, non aveva portato i benefici sociali sperati ed il malcontento covava fra i ceti più umili.
Il movimento chiedeva fondamentalmente delle riforme, soprattutto fiscali ed una più radicale nell'ambito agrario, che permettesse una revisione dei patti agrari (abolizione delle gabelle) e la redistribuzione delle terre. I Fasci furono ufficialmente fondati il 1º maggio del 1891, a Catania ad opera di Giuseppe de Felice Giuffrida. A questo fece seguito il Fascio di Palermo (29 giugno 1892) guidato da Rosario Garibaldi Bosco e la costituzione del Partito dei Lavoratori Italiani (agosto 1892).
Alla fine del 1892, il movimento si era diffuso in tutto il resto dell'isola con sedi in ogni capoluogo, tranne Caltanissetta. Il 20 gennaio 1893, a Caltavuturo (PA), 500 contadini, di ritorno dall'occupazione simbolica di alcune terre del demanio, vennero dispersi da soldati e carabinieri armati di fucile, e tredici manifestanti caddero vittime. A seguito di tale massacro furono organizzate numerose manifestazioni di solidarietà sia da parte dei Fasci, che sul piano nazionale, ed aumentò l'esasperazione dello scontro sociale.
Il 21 e 22 maggio 1893 si tenne il congresso di Palermo cui parteciparono 500 delegati di quasi 90 Fasci e circoli socialisti. Venne eletto il Comitato Centrale, composto da nove membri, uno per ogni provincia partecipante al movimento. L'apice del movimento fu raggiunto nell'autunno del 1893, quando si organizzarono scioperi in tutta l'isola. La società siciliana fu sconvolta, ovunque si ebbero violenti scontri sociali, ed il movimento dettò le proprie condizioni alla proprietà terriera per il rinnovo dei contratti.In questo contesto, il presidente del Consiglio Francesco Crispi, nel tentativo di ristabilire l'ordine e ascoltando solo le istanze dei possidenti, adottò la linea dura con un intervento militare comprendente esecuzioni sommarie e arresti di massa.
Il movimento fu sciolto nel 1894 e i capi vennero arrestati. Il 30 maggio il Tribunale militare di Palermo condannò i dirigenti e solo nel 1895, con un atto di amnistia, venne concessa la clemenza a tutti i condannati. Si concludeva così, in modo violento, il primo vero tentativo di emancipazione delle classi più umili, organizzato contro i proprietari fondiari. Il periodo storico dei Fasci è lontano ma lo sfruttamento dei lavoratori è ancora presente. E’ come fare la corsa del gambero: un passo avanti e due indietro!
Salvatore Giacalone