“Una punta di Sal”. Anno nuovo, vita nuova, forse

Redazione Prima Pagina Mazara

Il detto più famoso a Capodanno è “Anno nuovo, vita nuova”, una forma di auspicio racchiusa in poche parole dietro cui si cela una grande voglia di cambiamento e novità. Spesso però tutto si ferma nello stesso istante in cui si pronunciano queste poche lettere e ogni proposito per il nuovo anno svanisce, viene dimenticato, accantonato in qualche angolo del cuore e della mente per poi essere rispolverato alla fine dell’anno. E il tutto ricomincia….Per i “saggi” del popolo dietro a questo proverbio pronunciato da molti si nasconde il desiderio di dare una svolta alla propria vita, cambiare le proprie abitudini per crearne di nuove più soddisfacenti e appaganti, nonché raggiungere degli obiettivi importanti.È una forma di speranza e allo stesso tempo di augurio per sé e altri di un futuro migliore in cui gli errori, le mancanze, le sconfitte e ferite dell’anno passato potranno essere sistemate e rimarginate e verranno raggiunte le mete volute e desiderate.

In questa semplice frase si manifesta quindi una sorta di liberazione dal malessere e dalle fatiche dell’anno passato e una apertura a qualcosa che verrà e che si spera sia migliore e maggiormente gratificante. Ma allo stesso tempo è simbolo di un impegno verso se stessi, chi ci sta accanto e in qualche modo verso la vita, verso il cambiamento, il miglioramento. Tuttavia, se ci si ferma a pensare ci si accorge che i propositi per il nuovo anno sono gli stessi o almeno simili a quelli del Capodanno precedente, a quello prima e prima ancora.

Almeno per la maggior parte di essi. Se poi il bilancio del vecchio anno è assai pesante e una certa malinconia è aumentata durante le feste, l’auspicio per un anno migliore e un vero cambiamento è ancora più forte al punto talvolta di perdere di vista la realtà per alcuni istanti e quindi complicare ulteriormente le cose. I motivi alla base del mancato raggiungimento dei nuovi propositi sono diversi. In primo luogo sono troppo spesso obiettivi generici, irraggiungibili e grandi al punto da perdere la meta stessa perché non ben definita.Il cambiamento richiede l’uscita da quello che si definisce “zona di comfort”, un’area circoscritta in cui si percepisce il controllo su sé e sulla realtà.

Uscire dalla stessa richiede determinazione, forza di volontà, risorse, un obiettivo veramente valido per sé e sentito profondamente e soprattutto coraggio. La mancanza di questi ingredienti porta spesso al fallimento delle aspettative per il nuovo anno, facendo ritornare indietro, sui quei passi ben conosciuti e tante volte percorsi. La fatica e i sacrifici richiesti per raggiungere “la nuova vita” sono spesso non sopportati e non gestiti e quindi tutto svanisce e si rimanda al prossimo anno, ma non si definisce mai bene quale sarà dei tanti futuri.

L’anno nuovo non riserva una nuova vita, ma solo quella di sempre se le proprie azioni, modi di pensare, essere e lo stile di vita non si modifica sul serio al punto di cambiare la vita stessa. La nuova vita va creata e cercata, perché solo ognuno può cambiare la propria e dare una svolta vera. Poi ci sono i sogni personali e collettivi. I mazaresi, per esempio, sognano da anni il dragaggio del porto canale che latita tra burocrazia e cattiva volontà politica (in copertina foto scattata da Francesco Mezzapelle), come se si trattasse di un’opera faraonica, sognano un terzo ponte per collegare il centro città con Tonnarella, sognano che l’ospedale Abele Ajello sia funzionante con tutti i raparti come previsto per nosocomi di 1° livello, che i lavori di manutenzione straordinaria del ponte sul fiume Arena siano finalmente, e adeguatamente, completati, che l'acqua pubblica (speriamo che lo sia sempre) erogata in diverse parti della Città non presenti più pericolosi valori di nitrati, sognano maggiore attenzione alla Kasbah che insieme al Satiro Danzante sono i veicoli per il turismo di cui potrebbe vivere la città per 365 giorni l’anno, oltre al patrimonio artistico, chiese e monasteri compresi, strade senza buche, piazze brulicanti di ospiti e degli stessi mazaresi molto spesso rintanati a guardare la TV, vivere l’ambiente a Capo Feto e tanto altro.

“La vita è sogno” è il titolo del dramma di Calderón de la Barca scritto intorno al 1635 in piena età barocca. La storia che viene raccontata è sostanzialmente una favola drammatica dai contorni sfumati in cui umano e divino, realtà e sogno, assoluto e relativo si compongono e si confondono. Buon anno a tutti. 

Salvatore Giacalone