Ultime della sera: “Per sempre”
Quanti di noi sono oggi quelli che un tempo avevano immaginato di essere "da grandi"? la vita è imprevedibile: qualcuno è migliore, un altro peggiore, quasi tutti, semplicemente, siamo diversi. La vita, prendendoci teneramente per mano, sostenendoci su ali d’aquila o spingendoci malamente lungo un dirupo, ci ha portati altrove e ci ha modellati con schiaffi furiosi o con gentili carezze. Molti dei nostri sogni sono svaniti, ma altri sono arrivati e per molti di noi, sono divenuti realtà.
A tutti dovrebbe essere concessa la possibilità di fare progetti con l'entusiasmo e la pazienza del bambino che ricostruisce il proprio castello di sabbia ogni volta che il mare glielo porta via, e di uscire dal porto con la certezza di seguire una rotta e la capacità di modificarla quando bonaccia o tempesta aprono nuove strade nel mare, e ancora di adattarsi come certi alberi immobili che pure lanciano le proprie radici lontane se la sorgente che prima era generosa d’acqua, improvvisamente si inaridisce.
A tutti dovrebbe essere concessa la possibilità di essere amati e di amare per quello che si è, poiché è l’amore che ci da forma. Stasera, vorrei invitare i generosi lettori, a cercare un ricordo , a sfogliare le pagine del diario della memoria, distrattamente posate sugli scaffali impolverati dell’anima. Ma che sia un ricordo bello, di quelli che “per fortuna non l’ho ancora perduto”. Di quelli che ci confermano nell’idea che se viviamo nell’amore, ricorderemo l’amore, quello che ci è stato dato e quello che abbiamo donato e che mai è sprecato.
Ecco, prendetelo quel ricordo e tenetelo fra le braccia, come un bambino da cullare con tenerezza. Il corpo, l’anima hanno una memoria che, seppure non fatta di parole che possono essere pronunciate, ci costituisce e ci costruisce. La memoria del dolore e quella della gioia, della cura e del disprezzo, della benevolenza e del rifiuto: tutto resta a fare parte di noi e sarà impalpabile materia dei nostri progetti e dei nostri desideri. I nostri ricordi, il modo in cui li maneggiamo, li accogliamo, li narriamo, dicono molto di noi, ci raccontano a noi stessi e agli altri.
Per esempio, perché ricordiamo una persona? Cosa ci spinge a tenerne viva la memoria e forse anche la vita? Sostanzialmente per due ragioni: perché ci ha fatto del bene o perché ci ha fatto del male. E in mezzo a questi due poli, ci sono moltissime sfumature. Abbiamo tutti bisogno di sapere di esistere nella mente e nel cuore di qualcuno, e se questo ci aiuta a dare un senso alla nostra vita, mentre viviamo, ci rassicura e ci da conforto al pensiero che accadrà anche dopo che non ci saremo più, non qui e non allo stesso modo.
Chi ha fede, sa di esistere da sempre e per sempre nella mente e nel cuore di Dio, ma malgrado questo, ci spaventa il pensiero dell’oblio. Vi è capitato di fare un viaggio in treno, magari quando non c’erano ancora i cellulari e fra le mani avevamo dei libri, magari con le pagine piene di “orecchie”…ecco, capitava in quei viaggi, lunghi, di imbattersi in un passeggero nello stesso scompartimento e cominciare a parlare di sé, raccontare cose che mai si sarebbero dette ad altri, ma ad uno sconosciuto sì.
E avere pensato, scendendo poi alla stazione successiva, di avere consegnato un pezzo di sé a qualcuno che magari, distrattamente, ci avrebbe pensati, e che, imbattendosi in un dettaglio, in un particolare anche lontano nel tempo, si sarebbe ricordato di noi. Nel ricordare, noi ci assicuriamo che un pezzo della nostra e dell’altrui vita, non andrà perduto. La vita accade e nel vivere, noi costruiamo ricordi. Li costruiamo in noi, nei nostri figli, nei nostri legami, nei luoghi che attraversiamo, nella comunità a cui apparteniamo.
Ricordare non vuol dire vivere di ricordi, con lo sguardo solo rivolto al passato: narrano i miti che a chi faceva questo, toccasse in sorte di diventare una statua di sale, incapace di vivere il presente. E invece, ricordare, vuol dire alimentare presenze, riconoscerle in noi, prendere quel sempre vivo ed eterno che ci è rimasto, e utilizzarlo per riempire di senso anche il nostro qui e ora. Osservate bene questi due verbi, che sono il contrario di ricordare: dimenticare e scordare.
Il primo, ha a che fare con la mente, ( perdere, lasciar andare via qualcuno o qualcosa dalla mente), il secondo ha a che fare con il cuore ( lasciare andare via qualcuno o qualcosa dal cuore). E ora immaginate questo dialogo, immaginatelo fra due persone che si amano: un uomo e una donna, un padre e un figlio, due amici, due fratelli… “Mi dimenticherai?” chiese l’amato all’amata. E i suoi occhi precipitavano nell’abisso di quelli di lei. Là era tutto il mondo, là era tutto il senso.
“Forse ti dimenticherò”. Rispose all’amato l’amata. “Forse ti lascerò scivolare dalla mia mente quando i miei pensieri, non avranno più la forza di trattenerti quando il tempo avrà corroso le mie capacità, o la malattia avrà violentemente reciso i fili della presenza e mi avrà lasciata arresa alla tua assenza. Ma non ti scorderò, non ti lascerò cadere via dal mio cuore. Forse un giorno mi mancheranno le parole e non sarò in grado di pronunciare più il tuo nome, ma ogni carezza che sarà rimasta attaccata al mio cuore, quella, io la porterò con me sempre, oltre la vita, oltre la morte e nella vita oltre la vita e oltre la morte.
Per sempre.” Maria Lisma Ps. Dedico questa pagina a tutti coloro che amano oltre il tempo.