Ultime della sera: “Orfeo ed Euridice”
Il mito di Orfeo ed Euridice narra la storia di due amanti, la ninfa Euridice e il cantore Orfeo. Euridice purtroppo muore improvvisamente. Viene morsa da un serpente mentre sta fuggendo dal pastore Aristeo che si è infatuato di lei. Orfeo è disperato e disposto a qualunque cosa pur di riavere l'amata sposa. Si reca nel regno dei morti e, dopo aver affrontato molte difficoltà, ottiene il permesso da Ade di riportare in vita Euridice, a patto di non voltarsi a guardarla durante tutto il tragitto fino all'uscita dagli inferi. Orfeo però, proprio quando è quasi giunto al termine della sua impresa e sta per abbandonare per sempre l'aldilà, si volta verso di lei e, in quel preciso istante, Euridice scompare per l'eternità.
Nelle Metamorfosi, Ovidio descrive questo momento in modo struggente, esprimendo tutto il dolore provato da Orfeo nell'attimo in cui si accorge di aver perso definitivamente l'adorata ninfa. Ma cosa lo spinge a voltarsi, nonostante il divieto divino? Possiamo supporre che egli sia stato spinto da un impulso irresistibile a guardare l'amata e pertanto tutti gli sforzi compiuti per riportarla con sé vengano vanificati. Nelle Georgiche, Virgilio sottolinea proprio l'aspetto distruttivo della passione amorosa: "Quis et me miseram et te perdidit, Orpheu, quis tantus furor?" (Quale follia così grande ha rovinato me, infelice, e te, Orfeo?)
Sono parole che Virgilio fa proferire ad Euridice prima che venga avvolta nuovamente dalle tenebre. Vi possiamo leggere anche un segno del destino, al quale, ci ricorda il mito, non si può sfuggire. Quindi il comportamento di Orfeo rientrerebbe perfettamente nei voleri del Fato. Ma l'infelice poeta manifesta anche la conflittualità tipica della natura umana, come sostengono Pavese e Bufalino, che hanno dato la loro spiegazione ad un comportamento tanto irrazionale. È stato davvero uno sbaglio il suo, frutto di un impulso incontrollabile? Davvero Orfeo è talmente preda delle sue passioni da arrivare a perdere ciò che ama di più? O piuttosto il nostro poeta si è voltato con cognizione, convinto di ciò che stava facendo? In particolare Bufalino sostiene che Orfeo, giunto alla soglia della felicità, la rifiuti, e preferisca esaltare con il canto la sofferenza per la perdita del suo amore, lasciando che Euridice continui ad essere la musa ispiratrice dei suoi tristi versi.
Il punto di forza di questa interpretazione sta nelle parole pronunciate proprio prima di voltarsi: "Cosa farò senza Euridice?" ripete.
Orfeo ha già il suo canto sulle labbra, la sua disperata composizione poetica ed Euridice capisce subito che il suo amato ha deciso di vivere senza di lei.
Nel racconto "Il ritorno di Euridice", Bufalino immagina la ninfa in attesa di tornare negli inferi, sulla sponda del fiume Lete, intenta a ricordare la sua storia d'amore e il suo inaspettato quanto amaro epilogo. Orfeo corrisponde al prototipo dell'adulto rimasto bambino, ancorato ad un amore illusorio che preferisce l'immagine dell'amata all'amata stessa, l'ideale al reale, il sogno alla vita.
"Sventato di un poeta, adorabile buonanulla... - ripete l' Euridice di Bufalino - voltarsi a quel modo, dopo tante raccomandazioni, a cinquanta metri dalla luce..."
Euridice è pienamente in grado di guardare la realtà senza veli, senza credere all'illusione che Orfeo abbia agito così per "troppo amore". Ma non si dispera e non si dà colpe che non ha.
È stata trascinata via, quasi fuori dal regno dei morti e subito ricacciata dentro, senza la possibilità di fare una sua scelta.
Pavese sostiene che Orfeo non la riconosce più in quanto il tempo trascorso lì dentro l'ha trasformata in uno spettro. In realtà Euridice è lì, è lei, ma lui la perde, per continuare ad immaginarla.
di Josepha BILLARDELLO
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com