Pesca, nasce una società mista italo-libica con la mazarese Medina srl

Redazione Prima Pagina Mazara

E’ nata la prima società mista italo–libica nel settore della pesca ma non solo. Il modello è già stato sperimentato nel 1992 con la società mista italo-tunisina, ora con i libici. Con Tripoli si sono intensificati, negli ultimi tempi, i colloqui per un accordo quadro per il trasporto del pesce dalle acque libiche, tra le più ricche del Mediterraneo, ai consumatori europei. La risoluzione finale dell’accordo è stata al centro di un incontro tra l'Ambasciatore d'Italia Gianluca Alberini e Adel Sultan, Ministro delle Risorse Marine del Governo di Accordo Nazionale (GNA), alla presenza di funzionari commerciali italiani e rappresentanti del settore privato.

I colloqui si sono concentrati sui programmi di formazione e qualificazione, nonché sul supporto ai centri di lavorazione del pesce per allinearli agli standard internazionali, condizione essenziale per l'accesso al mercato dell'Unione Europea. Protagonista dell’accordo l'imprenditore mazarese Nicola Giacalone (in foto), amministratore delegato dell'azienda Medina srl e proprietario del marchio “Rosso di Mazara”, che ha confermato la creazione della società mista italo-libica per l'esportazione di prodotti ittici.

Tuttavia – sottolinea Giacalone- la priorità rimane l'istituzione di un rigoroso sistema di tracciabilità, che garantisca l'origine e la qualità dei prodotti. Senza questa garanzia, l'accesso ai mercati europei rimarrebbe limitato”. Strutturalmente, la Libia beneficia di risorse marine abbondanti e ancora in gran parte inutilizzate, come sottolinea la FAO. Tuttavia, il consumo di pesce rimane basso, il che orienta naturalmente il settore verso l'export.

L'idea non è nuova: negli anni '80, il colonnello Muammar Gheddafi tentò di sviluppare un settore dedicato all'export, ma la mancanza di impianti di refrigerazione portò al fallimento del progetto. La nuova società mista, alla quale il Governo Libico Nazionale ha dedicato un decreto apposito per permetterle di operare, si chiama Jisr Almutawasit Company (nata dalla partnership tra Medina e la società libica Al Robyan Fishing Company) e lavorerà nella zona franca di Misurata, situata a 210 chilometri a est di Tripoli.

Il progetto non è solamente finalizzato ad una mera esportazione del prodotto ittico libico ma è un accordo di cooperazione su più ampia scala volto a trasferire competenze e tecnologie per far crescere il settore autoctono. Giacalone spiega che “nella zona libera di Misurata sarà costruito un impianto per la trasformazione e il confezionamento del pescato, con tecnologie digitali avanzate per garantire qualità ed efficienza. L’intesa di cooperazione è diretta anche ad accrescere le competenze locali: verranno istituiti programmi di formazione rivolti ai giovani pescatori nelle scuole professionali libiche con annesse ore di pratica in mare”.

L’obiettivo di questa partnership è creare “valore aggiunto” nel mercato locale: a questo scopo “sarà creato il brand Marsablu (Mareblù) , un marchio collettivo territoriale la cui adesione da parte degli operatori libici di settore garantirà standard di sostenibilità, sicurezza alimentare e qualità. Si parte in una prima fase –afferma Giacalone - dove si effettuerà uno studio delle risorse ittiche esistenti, attraverso il metodo del ‘sondaggio a strascico’, in un bacino d’acqua che da Sirte arriva fino a ovest di Tripoli”.

Durante le operazioni di pesca verranno utilizzate delle reti con sistema che esclude la cattura di tartarughe e altre specie protette, utilizzando dei sistemi digitali per sollevare la rete almeno 2,5 metri dal fondo”, precisa Giacalone, specificando che “si stima un’importante presenza di acciughe, sgombri e ricciole nelle acque soggette ad esplorazione”. Nelle attività di pesca, si utilizzerà il sistema del “cianciolo”, ossia una rete a circolazione impiegata per catturare banchi di pesce pelagico, come sardine e acciughe.L’investimento previsto punta anche a creare una filiera del pesce sostenibile.

La nuova società mista punterà a valorizzare la lavorazione del gambero rosso, estraendo la chitina dai gusci del gambero. Questo materiale – la chitina – può essere trasformato nel derivato de chitosato che può essere utilizzato nella biomedicina (idrogel, bendaggi) e per usi industriali nella produzione di imballaggi e pellicole anti microbiche”, annota Giacalone. Inoltre, la nuova società prevede anche di realizzare processi industriali in grado di estrarre acido ialuronico dagli occhi del tonno per ottenere una molecola preziosa, soprattutto in cosmetica e medicina (per creme, filler o trattamenti per articolazioni).

Creare questa società mista con i libici non è stato facile, complicata anche da questioni geopolitiche. Negli ultimi anni, diversi incidenti hanno contrapposto la guardia costiera libica alle navi italiane, alimentando le tensioni diplomatiche. Nel 2020, diciotto pescatori italiani sono stati trattenuti per oltre 100 giorni dalle forze di Khalifa Haftar; nel maggio 2021, due pescherecci italiani sono stati presi di mira a 75 miglia a nord di Misurata. A ciò si aggiungono le controversie sulla delimitazione marittima nel Mediterraneo, che coinvolgono in particolare Grecia, Turchia ed Egitto. Nonostante queste sfide, la società mista proposta rimane promettente.

Per Tripoli, permetterebbe di sfruttare una risorsa naturale sottoutilizzata e di diversificare un'economia ancora eccessivamente dipendente dagli idrocarburi. Per l’Italia e l'Europa, rappresenta un'opportunità strategica: garantire nuove fonti di approvvigionamento alimentare rafforzando al contempo la cooperazione con un partner chiave nel bacino del Mediterraneo.

Salvatore Giacalone