"Appunti": Il pittore Giuseppe Boscarino

Redazione Prima Pagina Mazara

A Mazara del Vallo il largo della "Figurella" è lo spazio che si apre in Corso A. Diaz, ad angolo con la via G. Boscarino.

Questa piccola piazza trae il nome dalla trecentesca chiesa di Maria SS. dell’Itria, detta appunto la “fiureddra", demolita nei primi decenni del novecento.

L’areale dove insisteva la chiesa dell’Itria per i mazaresi di un tempo era uno spazio “magico”, spazio dove si effettuava la divinazione con “lu leccu” (l’eco) e “lu scutu" (ascolto).

Chi voleva conoscere il proprio futuro doveva recarsi di fronte alla chiesa dell’Itria e da qui camminare sino alla piccola edicola un tempo dedicata a S. Giorgio, che si trovava nello stesso punto in cui oggi sorge quella dedicata alla Madonna in corso A. Diaz, una decina di metri prima della linea ferrata.

Arrivati di fronte all’edicola di S. Giorgio, bisognava recitare mentalmente la seguente orazione: “Pi S. Giorgiu cavaleri jè mi partu pi vui a la pperi pi la Santa Trinità fatimi sapiri la virita”

Recitata l’orazione, si tornava verso la “fiureddra” senza scambiare parola con alcuno, prestando “scutu” (ascolto) ai diversi eventi di natura acustica che si fossero verificati durante il tragitto avendo già mentalmente espresso la propria richiesta. La prima frase o suono casuale che si riusciva a sentire costituiva la risposta alla richiesta fatta. Il suono di campane a festa chiaramente presagiva eventi lieti, la chiusura di una porta o un miagolio di un gatto non promettevano viceversa nulla di buono.

In pratica, in quest’area per secoli si sono perpetuati, con alcune varianti, gli antichi riti di divinazione che i greci praticavano nei santuari dedicati ad Hermes; e chissà se le anticaglie e i ruderi descritti dall’abate Vito Pugliese in quest’area un tempo fuori dalle mura non corrispondessero ai resti di un piccolo santuario pagano di sikeliota memoria.

Nei primi del novecento presso il largo della “fiureddra” esisteva uno studio fotografico, quello del prof. Francesco Catania. In esso si ritrovavano per confrontare le loro idee gli intellettuali mazaresi, non per nulla il Catania amava scherzosamente denominare il proprio studio “cenacolo di cultura”.

In questa piccola officina della cultura si formò l’allora giovanissimo Giuseppe Boscarino, sicuramente l’artista di maggior valore e personalità che Mazara ha avuto nella prima metà del novecento.

Il prof. Catania intuì che Giuseppe, suo giovane aiutante, aveva innate e spiccate tendenze artistiche; sarà sempre il Catania che in tempi successivi avvierà alle arti il nostro concittadino più illustre: Pietro Consagra.

Per interesse del Catania il giovane Boscarino andò a studiare presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli, retto allora dal prof, D’orsi; qui consegui il diploma nel 1907, oltreché la stima di un giornalista del tempo, Raffaele Tessitore che regalerà al giovane diplomato una macchina fotografica, con la seguente dedica:

“Al carissimo amico e valoroso giovane artista Giuseppe Boscarino

Napoli 19-VII-1907 Raffaele Tessitore”.

Da Napoli il Boscarino si sposterà a Venezia, dove diventerà l’allievo prediletto di Ettore Tito. Durante il periodo veneziano il Boscarino conseguirà un primo premio assoluto in un concorso di pittura organizzato dallo stesso Istituto di Belle Arti.

Dopo l’esperienza veneziana l’artista fece il servizio militare presso il Reparto Dirigibilisti a Roma ed anche qui avrà modo di essere apprezzato per le sue doti artistiche, tant’è che realizzerà su richiesta il ritratto al generale Noris, comandante del reparto.

Negli anni in cui si condussero i restauri della cattedrale, iniziati il 19 settembre del 1910 ed ultimati nel luglio del 1914, l’artista collaborerà con il gruppo del prof. Rosario Spagnoli nella realizzazione di alcune opere. Sono sicuramente del Boscarino i dipinti che raffigurano e Daniele nella fossa dei leoni ed il profeta Geremia ma un’attenta indagine sui dipinti di quel periodo rileverebbe probabilmente la mano del Boscarino in altre opere.

Di carattere schivo, il Boscarino non firmava quasi mai le sue opere e sia a Mazara che nei centri in cui ebbe modo di soggiornare magari esistono suoi lavori fino ad ora considerati d’autore ignoto. Tempo fa a Mazara mi è capitato di vedere una pittura su legno presso casa Quinci.

Chiedendo la paternità dell’autore, non presentando il dipinto alcuna firma, fu proprio la proprietaria, ormai avanti negli anni, a dirmi con una nota di orgoglio che quel lavoro fu commissionato al pittore Giuseppe Boscarino.

Negli anni venti l’artista farà istituire a Mazara l’Istituto d’Arte e Mestieri, dove si formeranno valentissimi mastri muratori, decoratori, ebanisti, falegnami, etc. Lì il Boscarino insegnerà decorazione e disegno.

Saranno i ricordi di questi mastri a perpetuare la memoria dell’artista mazarese dopo la sua morte avvenuta nel 1930.

Di fatto, a parte l’opera meritoria del preside Gianni Di Stefano che ha condotto una ricerca storico-monografica sul pittore, la vita e le opere di questo nostro artista sono pressoché sconosciute ai più. Sebbene gli siano state dedicate alcune strutture pubbliche. E indubbio che la denominazione di una via o di una scuola perpetui il nome della persona a cui sono dedicate, e ciò è bastevole per chi e universalmente conosciuto. Per chi come il Boscarino ha dato un notevolissimo contributo culturale alla propria città, va fatto di più. Sarebbe pertanto auspicabile e doveroso che la nostra Amministrazione patrocinasse ogni tipo di studi e di ricerche necessari per far conoscere ai mazaresi e non l’uomo-artista Giuseppe Boscarino. Cosi ammoniva Simone Weil: “La perdita del passato, collettivo o individuale, è la grande tragedia umana; e, il nostro passato, noi l’abbiamo gettato via come un ragazzo lacera una rosa".

Mario Tumbiolo