​Il Macchi c.205 “Veltro” trovato a Pantelleria: non solo la storia di un velivolo, ma di un eroe e di un uomo

Redazione Prima Pagina Mazara

Presentati a Roma ritrovamento e progetto di restauro “Questa storia è dedicata a un eroe, un asso, che ha continuato a volare dopo l’incidente che l’ha visto protagonista. Il recupero però è dedicato a tutti coloro che non sono rientrati a casa”. Inizia con queste parole il discorso di apertura che Urbano Floreani, Generale di Brigata Aerea, Capo del 5 Reparto SMAComunicazione dell’Aeronautica, ha voluto fare ieri alla presentazione in anteprima nazionale della storia e del progetto di restauro del velivolo Macchi C.205 “Veltro” individuato nei fondali di Pantelleria nel 2007. Un ritrovamento importante perché ci permette di raccontare un frammento di una storia lunga ottant’anni che narra di una guerra, del valore di un pilota e del dolore dei familiari.

Una storia di coraggio, che si intreccia indissolubilmente con quella dell’Italia. “Promuovere la valorizzazione storica e raccontare questa bella storia” è il motivo per cui il 5° Reparto e l’Aeronautica Militare si è imbattuto in questa impresa, ricordando che “i più grandi monumenti agli eroi caduti in battaglia non sono fatti di marmo ma sono in fondo al mare”. Ed è stata tutta un crescendo di emozioni la narrazione che ne è seguita, ascoltata con attenzione da un pubblico numeroso, tra cui Italo Cucci e Sonia Anelli a rappresentare il Parco Nazionale Isola di Pantelleria, e Gaetano Bonomo per la SMEDE che, insieme alla Fondazione Armani, ha sponsorizzato il recupero. “Un’emozione che non si può spiegare.

Bisogna solo provarla” ha dettoAntonio D’Aietti, operatore subacqueo di Green Divers e scopritore del relitto a 30 metri di profondità nel mare di Pantelleria, dove è abituato a immergersi per passione da quando è bambino e per professione da vari decenni. “Mi emoziono sempre quando ne parlo e potrei parlarne per ore” ci racconta. “L’ho scoperto durante una immersione in una zona dove in genere non porto i clienti. Mi sono buttato. C’era molta corrente. Vista la buona visibilità ho subito visto una sagoma che ho capito non essere una roccia.

Mi sono avvicinato nonostante la corrente. E poi, non riesco a spiegare l’emozione. Bisogna solo provarla”. All’evento, organizzato dall’Aeronautica Militare, sono intervenuti anche il Colonnello Franco Linzalone, Comandante del Distaccamento Aeroportuale di Pantelleria, il Generale Ispettore Capo Basilio Di Martino, storico aeronautico, e chi, ognuno con le proprie competenze, ha partecipato alle operazioni di recupero: il Capitano di Corvetta Sebastiano Sgroi, del 3° Nucleo Operatori Subacquei della Guardia Costiera di Messina e il Dottore Roberto La Rocca, della Soprintendenza del Mare Regione Siciliana.

“Un’operazione eccellente, potremmo dire unica nella Regione Siciliana” ha sottolineato Roberto La Rocca. “È stata infatti la prima volta che si è avuta una collaborazione di più Istituzioni, non solo di Soprintendenza e Guardia Costiera, come è normale, ma in particolare dell’Aeronautica che è stata promotrice di questa attività. Il velivolo era stato scoperto nel 2007 ma solo il Comandante Linzalone del Distaccamento di Pantelleria ha avuto la forza, la volontà e la tenacia di mettere insieme tutte le Istituzioni per fare questo recupero eccezionale”. “Una grandissima emozione oltre che una grandissima soddisfazione” ci racconta Franco Linzalone “Un evento potrei dire più unico che raro quello di vedere nascere un progetto e di vederlo portato a conclusione”.

Un progetto nato quasi per caso più di due anni fa quando il Colonnello è venuto a conoscenza della presenza di un’elica, forse di un velivolo italiano della Seconda Guerra Mondiale a Pantelleria. “Da lì è nato tutto” aggiunge “È nato il progetto che all’epoca sembrava quasi irrealizzabile”. Ed è stato tutto possibile grazie a quello che Linzalone chiama “Sistema Isola” ossia “la capacità di un’isola come Pantelleria di fare sistema, non solo tra le Istituzioni ma anche tra i privati”.

Quello che è stato realizzato, tenendo conto delle difficoltà oggettive dell’isola, è qualcosa di davvero unico. “E questa unicità deriva proprio dal Sistema Isola.” Ma quello che è stato presentato non è solo il recupero di un velivolo, ma il recupero di una storia. Il recupero della memoria. Perché la ricerca è andata avanti e ha permesso di raccontare, grazie all’interrogazione delle giuste fonti, la storia di come il velivolo è stato abbattuto, di come si è salvato il pilota e di come quest’uomo ha continuato a operare.

Al centro di questa storia non c’è quindi solo un pilota, un eroe, un asso, ma un uomo, un marito, un padre. E proprio questa dimensione è stata messa al centro del breve e commosso ricordo di Renato Andrich, figlio del pilota Alvise, che ha riportato la narrazione sul piano umano, non nel senso di “genere umano” ma di “sentimenti”. “Questo evento coinvolge la memoria di papà che è sempre stato per noi il supereroe. Questo evento spolvera, lucida e magnifica quello che è successo ottant’anni fa che poteva essere lentamente dimenticato” dice Renato Andrich.

Ma poi ci confessa in privato “Io non ho ricordi diretti nonostante dei miei cinque anni abbia altri ricordi. Penso di avere completamente rimosso la figura, l’immagine e i ricordi di papà per cancellare quel dolore che per un bimbo era insostenibile. La mia mamma si è dovuta rimboccare le maniche e mettersi a lavorare per crescere due figli, lei che era una donna di casa. L’esempio di mio padre, supportato dalla mamma, ci ha mandato avanti, ci ha spinti a comportarci bene nella vita, ad avere coraggio di osare per conseguire i nostri obiettivi.

Ci ha lasciato un insegnamento: quello del senso del dovere, di non avere paura di inseguire i propri sogni, del coraggio, del rispetto e del senso di responsabilità”. Giuliana Raffaelli