CIA Sicilia Occidentale: “grano sotto pagato e incendi fuori controllo: servono risposte urgenti dalla Regione”
«È inaccettabile che i nostri agricoltori siano costretti a raccogliere il grano a prezzi così bassi da non coprire nemmeno i costi, mentre sugli scaffali i prezzi di pane, pasta e farina continuano a salire. È ora che la Regione Siciliana intervenga con misure concrete contro questa deriva che sta danneggiando il settore cerealicolo e tutta l’agricoltura locale». È questo l’allarme lanciato da Matteo Paladino, vicepresidente vicario della Cia Sicilia Occidentale, che denuncia una situazione ormai insostenibile per migliaia di agricoltori e allevatori della provincia di Trapani e delle zone limitrofe.
Grano: prezzi insostenibili e speculazione. In queste settimane i cerealicoltori stanno raccogliendo grano che viene pagato intorno ai 20-22 euro a quintale, un prezzo che rende antieconomica la stessa raccolta. Una contraddizione evidente, se si pensa che il costo dei prodotti derivati continua a crescere senza sosta. Secondo Paladino, dietro questo fenomeno c’è una chiara speculazione legata al grano estero, in particolare quello canadese trattato con glifosato e quello europeo proveniente dalla Grecia, entrambi venduti a prezzi concorrenziali.
«Quest’anno – spiega Paladino – la Sicilia ha prodotto più grano di quanto serva per il proprio fabbisogno, soprattutto nelle province di Trapani e Palermo, dove le rese vanno dai 30-35 quintali per ettaro nelle aree meno vocate fino ai 40-45 quintali nelle zone più fertili. Ma l’eccesso di offerta, unito alla concorrenza del grano estero, sta schiacciando i prezzi, e a rimetterci sono sempre gli agricoltori locali». Da qui la proposta avanzata alla Regione e all’Europa: «Serve abbassare i parametri delle microtossine per il grano che arriva dall’estero.
Questo renderebbe più difficile l’ingresso di prodotti di scarsa qualità, come quello canadese spesso ricco di glifosato, e tutelerebbe i produttori siciliani che lavorano rispettando standard più elevati».
Incendi devastanti: pascoli bruciati e allevatori in ginocchio. A rendere ancora più grave la situazione è l’emergenza incendi che ha colpito duramente la provincia di Trapani, distruggendo vaste aree a Cofano, Zingaro, Custonaci, Scopello e San Vito Lo Capo. «Molti allevatori – racconta Paladino – hanno rischiato la vita per salvare il loro bestiame. Ora, però, devono affrontare un altro dramma: l’assenza di pascoli per i prossimi mesi». La distruzione di intere superfici obbligherà gli allevatori a comprare foraggio da oggi fino a ottobre, novembre o addirittura dicembre, quando le piogge permetteranno all’erba di ricrescere.
Una spesa insostenibile per aziende già provate da anni difficili. Secondo la Cia Sicilia Occidentale, le cause vanno ricercate anche nella mancata gestione delle aree demaniali e delle riserve naturali: «Se questi territori fossero stati affidati al pascolo – spiega Paladino – sarebbe stato più semplice contenere le fiamme. Gli allevatori sono i veri custodi del territorio: senza il loro lavoro, le sterpaglie crescono incontrollate e diventano facile esca per gli incendi». A peggiorare la situazione, la grave crisi idrica che ha colpito zone come Trinità e Garcia, portando all’abbandono di vigneti, uliveti e seminativi: «Quando il territorio viene lasciato a se stesso, il rischio incendi aumenta in modo esponenziale».
Le richieste alla Regione Siciliana. Per affrontare questa doppia emergenza, la Cia Sicilia Occidentale avanza tre richieste precise alla Regione: la dichiarazione di calamità naturale per le zone colpite dagli incendi; aiuti economici immediati per consentire agli allevatori di nutrire i greggi e mantenere in vita le aziende; la concessione di aree demaniali e riserve naturali agli allevatori, per favorire il pascolo controllato e prevenire nuovi incendi. «Non possiamo più aspettare – conclude Paladino –. Servono interventi concreti, per difendere l’agricoltura siciliana, tutelare il lavoro di chi ogni giorno presidia i nostri territori e garantire un futuro sostenibile alle campagne».