Attività del porto di Mazara nel 2021, il report dell’esperto del Sindaco Quinci

Redazione Prima Pagina Mazara

Riceviamo dall'Ufficio stampa del Comune di Mazara del Vallo un bilancio del porto di Mazara del Vallo nel 2021 redatto da Danilo Marino, già ufficiale superiore del corpo delle Capitanerie di Porto, ed esperto del Sindaco per lo sviluppo portuale e della fascia costiera. 

Il report sintetico contiene alcune considerazioni sulla storia (anche attraverso un contributo in premessa di Alessandro Romey) e l'’evoluzione e le difficoltà del porto di Mazara del Vallo, ma che sottolinea nonostante tutto una ripresa che lascia spazio all’ottimismo in chiave futura con l'auspicio che possano realizzarsi dopo anni di attesa i necessari interventi portuali. Ecco cosa ha scritto Marino: 

"....il porto che si progetta innanti la foce del fiume...abbisogna di spesa straordinaria ( e, come per il ) proporre usi impossibili...vi si bisogna immaginare una cattiva idea...(da) abbandonarne per sempre il pensiero, perder(ne) le speranze che sin ora ha concepito li Mazaresi, come altresì gli abitanti dei vicini comuni ..(essendo) come consigliare un individuo che appena potrebbe acquistare un moggio di terra d'impegnarsi ad avere un latifondo...( Atto della Decuria di Mazara del 5 luglio1840 in risposta all’ing. ex t. col. del Genio Giovanni Romej)

Nel corso del 2021 il porto di Mazara è stato toccato da 16 navi diverse, in gran parte di bandiera estera. Si tratta di una ripresa notevole per il nostro scalo, reduce da anni di banchine desolatamente vuote in cui difficilmente si riusciva a raggiungere un numero di toccate superiori a quello delle dita di una mano. Ma oggi il bilancio delle cosiddette ‘toccate’ è notevolmente più alto, dato che molte di queste navi si sono presentate più volte, a cominciare dal Pietro Novelli, di bandiera nazionale, il traghetto con cui è stato ripristinato il servizio di linea con Pantelleria, che, da solo, ne ha effettuate una ventina.

Un servizio la cui riconquista segna, da sola, un successo memorabile; ma in questi mesi si è visto molto di più, al di là del netto incremento del traffico, già di per sé molto confortante; ma analizzandone le diverse componenti molto si può apprendere sull’evoluzione della realtà economica dell’hinterland di riferimento, molto più esteso del territorio mazarese, come del resto chiaro perfino nel 1840.

E se quel decurionato borbonico non brillò certo per lungimiranza, deve pure ricordarsi come la nostra comunità cittadina abbia continuato a trascurare le potenzialità offerte dal nostro porto che, baciato da una formidabile posizione geografica, solo in epoca romana si tentò, concretamente, di valorizzare, potenziandone la ricettività naturale offerta dalla foce del Mazaro con la costruzione di due moli a guardia dell’imboccatura: di queste opere, imponenti, oggi rimangono le fondazioni ed uno studio dell’Università di Vienna.

Vero è che a primi anni ’70, con la costruzione del ‘porto nuovo’ il bacino venne notevolmente ampliato con la realizzazione di due darsene, ma quel progetto, concepito esclusivamente per le esigenze della flotta di pesca dell’epoca, sconta una concezione ‘minimalista’ dello scalo che, agli inizi dei ’90, si tentò di superare con la previsione di una banchina foranea che, ancorché monca e sottodimensionata, oggi sostiene da sola gran parte delle funzioni assegnate, sia per vocazione naturale che per Decreto, al porto di Mazara del Vallo.

Ma torniamo all’attualità, cercando di saperne di più su quel che accade nel nostro scalo, muovendo dal fatto che la maggior parte delle navi, ben 5, entrate quest’anno a Mazara, batteva bandiera olandese.

Dovendo operare, prevalentemente, in bassi fondali, Il naviglio dei Paesi Bassi è caratterizzato da scafi larghi e piatti, a pescaggio ridotto; anche ai tempi della propulsione velica i vascelli erano dotati di derive mobili, retraibili, come ancora si nota in qualche modello da diporto; tali unità si prestano pertanto al trasporto di grossi carichi diretti a scali dal pescaggio sacrificato, come il nostro: a dimostrazione del fatto che, ove si determini una particolare domanda di ricezione, non c’è deficienza strutturale che tenga.

Domanda rappresentata, nel nostro caso, da un punto di discarica per pale eoliche il più vicino possibile ai siti di installazione: punto individuato nel porto di Mazara del Vallo, ove già un triennio vengono scaricati, stoccati e predisposti per il complesso trasporto sul segmento terrestre, elementi di colossali pale eoliche da assemblare, cui seguiranno, in futuro, i necessari ricambi; navi olandesi, quindi, supportate da altre di bandiera di Gibilterra o caraibica, sempre naviglio con caratteristiche peculiari reperito spulciando tutti i registri.

Lo stesso dicasi per i supply-vessel, che, come il nome suggerisce, sono unità di supporto per le attività svolte in mare aperto, a servizio di impianti foranei o linee sottomarine, come le 5 condotte del metanodotto Italia – Algeria, attestate a Capo Feto, od il fascio di fibre ottiche e cavi telefonici in uscita dal litorale mazarese verso 4 continenti: un nodo d’importanza planetaria comportante necessità di manutenzione continua.

E’ per questo che, ad esempio, il S/V Artabro, di bandiera delle Bahamas, si è già presentato più volte, e tornerà: Mazara, oltre che terminale terrestre delle linee marittime, è chiamata ad essere base marittima del naviglio di supporto, ed anche ai profani è dato di intuire l’entità dell’indotto che può derivarne.

Altra nave che attracca di frequente è una piccola unità turca specializzata per il trasporto di avannotteria destinati ad un allevamento del marsalese, mentre, nonostante la ripresa generale del traffico, quest’anno non si sono viste navi da crociera, diversamente che nel recente passato; ma qui può entrarci la pandemia.

Ultimo, ma non meno importante, il naviglio nazionale.

Del Pietro Novelli abbiamo già detto, ma doverosa menzione merita il traghetto Lampedusa, che effettuò la prova d’attracco a marzo, non fosse altro perché rimane, a tutt’oggi, la nave più grande mai entrata a Mazara, con le sue 9183 TSL ed i 126 metri di lunghezza fuori tutto, con cui ha soppiantato, dopo 30 anni, la russa Stakanovec Kotov, che ci visitò nel 1991 per scaricare mezzi di perforazione per il raddoppio del metanodotto.

L’unico attracco della Old Wine, italiana a dispetto del nome, per un’importazione straordinaria di mosto muto, richiama un traffico un tempo abituale; ma ora il tempo delle cisterne è tramontato, non esportandosi più vino alla rinfusa da un ventennio; per il comparto è un bene, significando che ora il prodotto vanta maggior valore aggiunto; ma questo impone nuove modalità di trasporto marittimo, ossia naviglio con caratteristiche intermodali, per il quale il nostro scalo oggi non è attrezzato; ma dovrebbe esserlo, per poter assolvere appieno il ruolo di sbocco di un vasto e pregiato agro vinicolo, scongiurando distorsioni nei flussi di traffico e relative diseconomie, che, nel trasporto, non sono solo finanziarie, ma comportano anche pesanti costi ambientali.

Proprio in chiusura d’anno, si è registrato l’attracco della cisterna Vulcanello M, nave di tutto rispetto, seconda per lunghezza solo al Lampedusa, ma più larga, che ha manovrato bene nonostante le avverse condizioni meteorologiche, segnando la ripresa dell’operatività del deposito di carburanti costiero, dopo anni di inattività.

Navi sempre più grandi, attracchi sempre più frequenti, che, se da un lato, annunciano un futuro roseo per il porto di Mazara, dall’altro ne denunciano la deficienza strutturale, che compromette i volumi di traffico potenziali, dato che già quelli attuali sovrastano i limiti di operatività, rappresentati dalla disponibilità di sole due banchine per il naviglio maggiore a fronte di sempre più frequente richiesta di attracchi contemporanei.

Tanto più che, al momento di licenziare queste righe, si saluta il primo attracco del supply vessel Ievoli Ivory, 4499 GT, di bandiera nazionale che, nella serata dell’8 gennaio (sfatando il luogo comune dell’impraticabilità notturna del nostro scalo, che oggi, però, è adeguatamente illuminato) sorpreso in mare dall’avvicinarsi della prima tempesta dell’anno, ha preferito riparare nel nostro porto, opzione che non sarebbe stata possibile ove la banchina fosse stata occupata, come lo era fino a pochi giorni prima per le operazioni di approvvigionamento del deposito costiero, o se fosse stato già attivo un servizio di linea, come si auspica. Perché i porti servono, e vanno adattati, e se del caso potenziati; a quasi due secoli dal voto del Decurionato se ne ha, finalmente, piena consapevolezza”.