“Una punta di Sal”. L’Italia mostri i muscoli e scenda a patti con Haftar per liberare i 18 pescatori e i due pescherecci

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
11 Ottobre 2020 09:21
“Una punta di Sal”. L’Italia mostri i muscoli e scenda a patti con Haftar per liberare i 18 pescatori e i due pescherecci

In chiaroscuro. Più scuro che chiaro, anzi niente chiaro e nemmeno nebuloso. E’ tutto scuro. L’Italia umiliata. La vicenda dei 18 membri degli equipaggi dei motopescherecci “Antartide” e “Medinea” di Mazara del Vallo fermati dalle milizie del generale Khalifa Haftar e da oltre un mese prigionieri nel porto libico di Bengasi simboleggia purtroppo in modo eclatante quale peso e  influenza sia oggi in grado di esprimere Roma persino nel Mediterraneo, “il mare nostrum” o forse ex nostrum.

La vicenda si presta a diverse valutazioni e se da un lato non c’è dubbio che Farnesina ed intelligence stiano cercando di riportare a casa i nostri connazionali, è altrettanto indubbio che un tale sequestro ridicolizza l’Italia proprio nella sua ex colonia. Non sfugge che il sequestro dei due pescherecci è avvenuto poche ore dopo che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si era recato a Tripoli. Difficile dire se il fallimento (finora) delle pressioni italiane (se ci sono state) siano motivate dalla ferma volontà di Haftar di umiliare Di Maio e l’Italia.

Basti ricordare che durante gli scontri intorno a Tripoli nel novembre scorso la contraerea di Haftar ha visto che sul cielo della Cirenaica volavano velivoli turchi in appoggio alle forze di Tripoli: uno italiano e uno statunitense che sorvolavano il campo di battaglia. Il relitto del drone americano venne restituito con tante scuse al Pentagono, quello italiano venne invece mostrato come un trofeo e Haftar chiese con tono minaccioso spiegazioni a Roma, accusata di sostenere Tripoli, circa la presenza di quel drone.

Eppure l’Italia ha trasportato all’ospedale militare romano del Celio, curato e rimpatriato, decine di soldati di Haftar rimasti feriti negli scontri di Bengasi contro le milizie jihadiste. Altri elementi inducono oggi a credere che Haftar intenda umiliare l’Itala. I pescherecci sono stati fermati nel Golfo della Sirte, acque internazionali sulle quali però la Libia rivendica arbitrariamente fin dai tempi di Gheddafi la propria sovranità fino a ben 74 miglia dalla costa. Non è la prima volta che accadono fatti simili ma questa volta gli equipaggi non sono stati ancora incriminati ed è balenata l’ipotesi che per rilasciarli Haftar pretenda la liberazione di “quattro calciatori libici”, in realtà reclusi in Italia con una condanna per traffico di esseri umani e tortura.

Il processo ai 18 è in calendario il prossimo 20 ottobre ma  sarebbe importante che i pescatori  venissero liberati prima del giudizio che probabilmente sarà di condanna per avere invaso le acque territoriali libiche. Dopo la sentenza c’è il rischio, infatti, che ci sia l’intera espiazione della pena e si aprirebbe quindi un altro capitolo drammatico. Bisogna quindi liberare subito i 18 pescatori e rilasciare le due imbarcazioni. Occorre la “sbandata”, occorre il coraggio. Abbiamo le forze aeree e navali più moderne e potenti del Mediterraneo e forse qualche sorvolo a bassa quota del quartier generale di Haftar e l’invio di un possente gruppo navale al limite delle acque territoriali di fronte a Bengasi potrebbero indurre il feldmaresciallo della Cirenaica a mostrare maggior rispetto nei confronti degli italiani.

In questo contesto, mostrare con decisione i muscoli potrebbe rappresentare il modo migliore per ottenere risultati senza peraltro doverli usare. La lunga prigionia dei marittimi italiani mette in difficoltà Roma anche sotto l’aspetto per così dire “imprenditoriale”: il governo italiano ha inviato recentemente una fregata lanciamissili nel Golfo di Guinea per proteggere dai pirati le piattaforme off-shore dell’ENI e tra il 2016 e il 2019 ha schierato un battaglione con 500 fanti per proteggere il cantiere della ditta Trevi incaricata di ristrutturare la Diga di Mosul.

Non è piacevole constatare che lo Stato trova truppe e navi lanciamissili per proteggere le attività di grandi aziende pubbliche e private ma non quelle di piccoli armatori - imprenditori e di 18 pescatori di Mazara del Vallo. Inoltre lasciare gli ostaggi così a lungo in mano ai sequestratori rafforzerà ulteriormente tra i criminali e i miliziani di mezzo mondo la già radicata e motivata convinzione che colpire o rapire gli italiani non comporti prezzi da pagare. Bisogna rompere gli indugi e i giochi diplomatici (se ci sono), bisogna partite e scendere a patti con Haftar, altrimenti questa storia si prolungherà nel tempo.

Di Maio e Conte siano i nuovi Mario Capanna perché in Libia vi sono 18 nostri connazionali in prigione ed occorre una forte azione di governo. Con la benedizione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, siciliano, profondo conoscitore della realtà mazarese per avere frequentato la città in diverse occasioni ai tempi della DC. Perché non chiedere anche il suo aiuto? Lui, che nei suoi discorsi, difende sempre gli indifesi! Salvatore Giacalone  

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza