Ultime della sera. Un po’ folli e molto coraggiosi

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
16 Ottobre 2020 18:55
Ultime della sera. Un po’ folli e molto coraggiosi

L’olio, oro verde che scorre sulle nostre tavole è “dono prezioso” il frutto di una pianta diffusa in tutto il mondo, simbolo della civiltà mediterranea. L’olio elemento prezioso, estratto dalle olive; placa, purifica, nutre, cura e fornisce combustione, portatore di gioia e di fraternità, espressione di benedizione divina. La storia dell’immancabile condimento delle nostre tavole, si perde nei millenni. Coinvolge geografie, popoli e culture diverse. Ha segnato tradizioni ed economie di intere comunità.

Le radici di questa storia affondano nel Medio Oriente. In Palestina sono stati rinvenuti i frantoi più antichi, risalenti a parecchi millenni prima di Cristo. Si diffuse poi in Egitto, a Creta, nell’Attica e in tutto il bacino Mediterraneo grazie a Fenici, Greci e Cartaginesi. Sono stati i Greci a introdurlo in Italia intorno al 1000 a.C., e gli Etruschi a coltivarlo e a dare il nome al suo frutto più prezioso: eleiva, l’olio. I Romani poi hanno diffuso le tecniche di coltivazione, spremitura e conservazione in tutti i paesi da loro conquistati.

Nel corso dei secoli gli oliveti sono diventati così la caratteristica precipua della nostra terra. La Sicilia, una terra dove la mitologia si perpetua non solo nelle rappresentazioni teatrali ma continua coltivando gli uliveti ed impiantandone nuovi. Da sempre, l’olio è stato  considerato simbolo di purezza e soprattutto di prosperità. Simbolo della forza untuosa e fertilizzante, il suo colore che imprigiona il sole, richiama la fecondità della terra sul solco aperto. Il vomere oliato che penetra il suolo, impronta una quasi sacra riverenza del contatto con la terra come presiedesse al rito di fecondazione e ne rappresenta l’unione dei due sessi.

L’olio è introdotto in tutte le religioni per officiare cerimonie. Nei riti di unzione il simbolismo è assai profondo, battesimo, cresima, ordinazioni sacerdotale ed Episcopali e nell’unzione del malato al quale, a Dio piacendo è concessa la guarigione. Ultimo atto è l’estrema unzione, accompagnata dalla richiesta di perdono a Dio dei peccati commessi come “viatico” per il passaggio nel mondo dell’Aldilà. L’unto è così introdotto nella sfera divina e gli uomini non possono porre mano su di lui.

L’olio consacra a un servizio unico, straordinario e sacro per questo profeti, re, Vescovi e sacerdoti vengono unti durante le celebrazioni iniziatiche. Gesù, il re atteso Mashiah (Messia), “unto” in ebraico in greco Christòs; poiché non aveva ricevuto un’unzione materiale gli è accordata pienamente,  attraverso lo Spirito Santo di cui l’olio è simbolo. Parlando di olio, quindi  non possiamo limitarci ad argomentare intorno ad esso in maniera epidermica od emotiva, come spesso accade in tante occasioni, troppe, in cui ci si focalizza solo sull’aspetto esaltatorio degli alimenti.

Brutta abitudine questa, di chi mangia senza avere nemmeno la consapevolezza di ciò che tale atto implica. Perché l’olio non è solo e soltanto un nutrimento indispensabile, un semplice condimento. L’olio che è stato nutrimento in tempo di carestia ci richiama alla sapienza, all'amore, alla fraternità. È un unguento che profuma il corpo, fortifica le membra e lenisce le piaghe. L’olio nelle lampade è il combustibile, ma “fonte” di una luce quella vera, che serve per accendere la lampada che non si può né vendere né comprare (Mt 25, 3ss.).

Tra Le diverse azioni che possiamo compiere con l’olio, spicca oggi quello di regalare olio. Che vuol dire innanzitutto fare un regalo, ma soprattutto augurare una grande ricchezza a chi lo riceve. Non a caso, negli ultimi tempi, questa pratica sta diventando sempre più diffusa e condivisa a partire dall’uso come bomboniere o petit cadeau in svariate occasioni, per arrivare a sostituire la classica bottiglia di vino portata in dono per un invito a cena. Il suo utilizzo esalta i sapori, e regalando l’olio si vuole esaltare la relazione umana la convivialità.

L’olio unisce e aggrega, è elemento di congiunzione che richiama l’armonia, l’unità delle diverse espressioni sensoriali che per alchimia si scatenano. Quando poche gocce di olio incontrano l’anima del cibo, fondono i sapori e ne esaltano immediatamente la bontà, rendendoli evidenti, gradevoli e  prontamente fruibili, senza far perdere il loro carattere originario. Per queste caratteristiche l’olio diventa il simbolo di una persistente armonia anche nelle relazioni umane. È elemento base per confezionare profumo ed sapone.

È Viagra naturale, recenti studi hanno evidenziato come l’olio abbia anche poteri afrodisiaci, essendo capace di favorire la circolazione sanguigna se usato nell’alimentazione quotidiana. Così alla lista dei cibi afrodisiaci (aglio, peperoncino, asparagi, ostriche e crostacei) si somma anche l’olio extra vergine di oliva. L’olio però, all’interno del vasto mondo delle superstizioni è  considerato un valido alleato per sconfiggere il malocchio, credenza popolare antica, ancora molto radicata soprattutto nel nostro paese.

Credenza popolare secondo la quale, lo sguardo di una persona può avere effetti negativi su un altro individuo. Ed ecco che si ricorre così all’uso dell’olio: si riempie un piatto con dell’acqua e dopo aver recitato una specifica “formula” si fanno cadere delle gocce d’olio all’interno del piatto se queste si allargano tanto da riempire completamente il piatto la fattura ci ha colpito. I numeri dell’Olio di Oliva nella Smorfia napoletana sono: Olio 8, Sul cibo 70, Berlo 47.

La sua perdita accidentale, viene considerata ancora a tutt’oggi una vera disgrazia e per neutralizzarla, ci è stato tramandato di ricorre al sale. È sempre meglio, secondo me evitare di far cadere l’olio a terra, non solo per questa ipotetica “sfortuna” che si porta dietro ma per il prodotto speciale che è considerato molto prezioso, difficile da produrre . Soprattutto “faticato” visto che per produrlo i nostri avi nel passato facevano enormi sacrifici, produrre l’olio non era così facile come lo è diventato oggi.

Ho ereditato, un terreno nella valle del Belice con degli ulivi Saraceni di un cultivar autoctono molto pregiato che è  la Nocellara del Belice ma soprattutto la passione, l’amore, la dedizione ed il rispetto all’olio. Una tradizione, quasi una filosofia: “l’idea dell’olio”. Amore e passione che prima di tutto stanno alla base di come prendersi cura del terreno e delle piante ed ottenere conseguentemente dei buoni frutti, dedizione della riscoperta di pratiche antiche, del ritornare agli usi dei nostri nonni rivalutandoli.

È imperativo per me che il Mio olio debba regalare a chi lo gusta sensazioni gustative uniche, importanti, decise che deve far percepire tutti i profumi ed i sapori che sono stati imprigionati nelle olive, ma deve anche garantire certezza di assoluta genuinità e certificata sanità. Certezza questa che passa attraverso un’attenzione maniacale alla qualità, all’utilizzo di prodotti biologici, delle pratiche di concimazioni naturali, della difesa da malattie delle piante e dall’assenza di ogni residuo di trattamenti.

Ritengo che al giorno di oggi per produrre olio e verificare di aver fatto bene il lavoro bisogna essere davvero un po’ Folli e molto Coraggiosi.   Antonio Carcerano

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