Ultime della sera: Tempo d’estate

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
14 Luglio 2020 18:59
Ultime della sera: Tempo d’estate

Luglio,  sole, mare,  brezza leggera della sera e tempo libero per pensare. I mesi estivi sono così belli e così brevi! Purtroppo durano così poco che non sempre si riesce a realizzare tutto quello che ci si è proposti: viaggi, escursioni, uscite con gli amici. Quante volte durante l’anno pensiamo di concentrare molte iniziative proprio in questo breve tempo estivo, metafora della giovinezza che passa in un baleno. L’inizio è pieno di sogni, di illusioni, di gioia di vivere. Poi ad un certo punto le giornate cominciano ad accorciarsi, il sole si affretta a nascondersi dietro l’orizzonte e noi cominciamo a vedere svanire tanti progetti.

Anche quest’anno non siamo riusciti a partire. Volevamo andare alle Eolie, ma alla fine ci siamo accontentati di Favignana, già vista tante volte. Quell’escursione in montagna? Sfumata. E non siamo riusciti nemmeno ad incontrare quegli amici che non vedevamo da un po’. Questa volta ci speravamo proprio, ma non è stato possibile. Quante cose avremmo voluto fare! Ma  settembre non tarderà ad arrivare e nonostante le sua bellezza ci riporterà ai soliti impegni quotidiani e a tutte le incombenze che abbiamo rimandato per qualche giornata in più al mare.

Vorremmo trattenere questi giorni e le ore spensierate al chiaro di luna, avvolti dall’aria tiepida e indulgente della sera. Non abbiamo nessuna voglia di tornare a casa e nel cercare la frescura della notte, in realtà,  cominciamo a cercare ben altro, vagando tra i pensieri più profondi e più nascosti. E d’un tratto giungono ricordi lontani che lambiscono la mente come le onde del mare e la toccano suscitando nostalgie e tenerezze passate. A volte riemergono non appena svoltiamo l’ angolo della strada o ci troviamo tra i tavolini di  un nuovo bar sorto sullo stesso luogo dei ricordi più belli.

Oppure tra il fondersi di  gusti antichi e nuovi  i ricordi tornano  e vanno via lontano tornando con più forza. Si mischiano al presente e ai pensieri che cerchiamo di mettere a posto nel tentativo di capire meglio e giustificare i nostri comportamenti, quelli invernali, perché d’estate si agisce tutti allo stesso modo e non si prendono decisioni importanti. E riemergono le estati da bambina, quando  mi commuovevo, in campagna, guardando distese di vigneti al chiarore debole della luna.

Sentivo tutta la dolcezza della natura che si esprimeva negli odori di terra appena innaffiata, nei profumi salmastri, nei canti delle cicale, melodie armonizzate con le voci di bambini festanti e con il chiacchiericcio del dopocena, dai toni sommessi. Le mie giornate iniziavano  con il mare, rigorosamente al mattino. Essendo i miei genitori impegnati in varie faccende, andavo con i miei zii, in cinque su una cinquecento bianca, salvagenti ed ombrellone annessi, praticamente strapieni e felici.

Mio zio alla guida intonava “tutti al mare a mostrar le chiappe chiare” e noi dietro a fare il coro. L’entusiasmo di quei giorni era davvero contagioso! Con la consapevolezza di avere tutto ciò che poteva renderci felici  ci buttavamo in quel mare limpido e splendente fino all’ora di ritornare, stretti come sardine, dentro la mitica cinquecento.  Non c’era caldo e non c’erano sudori che potevano turbare quella sana felicità. La sera invece si usciva con i genitori, nella fiat 124 di mio padre, più comoda, ma sicuramente meno allegra.

Si andava quasi sempre al bar in piazza Mokarta e per me e mio fratello la gioia più grande era il gelato. Seduti, con piattino e cucchiaio, potevamo gustare il delizioso tartufo di cioccolato, col cuore di panna e caffè e ricoperto da una sottile granella di nocciole. Poi soddisfatti e felici, appena tornati a casa, ci addormentavamo sognando esattamente quello che avevamo vissuto. C’erano anche alcuni giorni diversi dagli altri, segnati da avvenimenti che coinvolgevano tutta la città: la processione della Madonna del Paradiso, quella del Santo Patrono San Vito alla quale sia io che mio fratello partecipammo, lui nel ruolo di San Vito bambino, io come ancella, non senza  trepidazione, era necessaria.

Infatti, ci sentivamo caricati di responsabilità, seguiti dalla voce di mia nonna che ripeteva che non ce l’avremmo mai fatta ad arrivare alla fine. Per noi era questione di principio ed anche con i piedi sanguinanti non ci saremmo mai fermati prima di completare il percorso. Alla fine il percorso lo abbiamo completato e quelle estati resteranno sempre un dolce ricordo. Josepha Billardello

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