Ultime della sera. Notte prima degli esami

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
20 Aprile 2020 19:06
Ultime della sera. Notte prima degli esami

“Gli esami sono vicini e tu sei troppo lontana dalla mia stanza, tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto, stasera al solito posto la luna sembra strana, sarà che non ti vedo da una settimana” Era il 1984 e Antonello Venditti ci consegnava una canzone che avrebbe attraversato indenne gli anni, i decenni, le generazioni e sarebbe diventata, per sempre, la colonna sonora di tutti i nostri esami di maturità, da quel lontano '84 ad oggi. Ogni anno, alla vigilia del primo scritto di italiano, migliaia di ragazzi in tutta Italia, si incontrano davanti la propria scuola per cantarla, in una sorta di rituale collettivo esorcizzante.

Ci sono cinque anni della loro vita, dentro quel congedo. Erano arrivati alle superiori che erano adolescenti brufolosi, impacciati, insicuri e adesso sono giunti alla prova più importante della loro giovinezza, che segna il loro ingresso nel mondo degli adulti: l'esame di maturità. Quell'esame, come scrive Paolo Giordano sul Corriere, dove finalmente degli adulti che rappresentano lo Stato, sono li per ascoltare te, quello che hai capito, quello che hai imparato. Nel mezzo, cinque anni che sembrano una vita.

C'è di tutto in questi cinque anni: legami, scoperte, paure, verifiche, difficoltà, studio matto e disperatissimo, ma anche risate, divertimento, gite, uscite, condivisioni, chat, amori nati, amori finiti, amori non corrisposti, musica, amicizie che resteranno per tutta la vita. Ho vissuto la mia maturità alcuni anni dopo l' uscita di quella canzone e ne ho amplificato ogni parola, ogni senso: quella notte di lacrime e preghiere mi apparteneva, lacrime che erano torrenti e poi fiumi in piena per tutto quello che c'era dentro.

Ma il tempo ingentilisce ogni cosa, sfuma, abbellisce, impreziosisce, smussa, colora tutto di sfumature di cui allora nemmeno ti accorgevi, e a distanza di trent'anni rimane la poesia, l'intensità delle emozioni, la meraviglia, il sentirsi parte di un momento condiviso, la complicità. Vent'anni dopo sarà Fausto Brizzi a far rivivere la canzone di Venditti, l'ultimo anno di liceo e la maturità nel film “Notte prima degli esami”, film che diventerà un cult e che ogni anno , puntualmente, viene trasmesso in tv nel periodo degli esami.

Film che anch'io ogni anno rivedo come un rito catartico, come un appuntamento con il destino, dove ritrovo le stesse atmosfere del mio anno della maturità e dove io, per la ventesima volta, torno ad avere diciotto anni. E tutte le volte penso che ci sarà un motivo per cui quegli anni, quelle esperienze, quei compagni ti si appiccicano addosso come tatuaggi e non te li togli più. Li incontri nel momento in cui ti affacci alla vita, quando hai la coscienza mezza addormentata, e con loro attraversi praterie sconfinate, traversate nel deserto, mesi che sembranno anni e anni che valgono una vita intera.

E' come tornare indietro nel tempo al momento della nostra vita dove forse siamo stati più felici ma ancora non lo sapevamo. Perchè forse, nella vita di tutti noi, è stato solo in quell'anno che l'aria di festa si è coniugata con la responsabilità,  la voglia di divertirsi e di essere leggeri andava perfettamente a braccetto, senza sbavature, con la prova che andavamo ad affrontare. Dove mettevamo uguale impegno nell'organizzare  il viaggio a  Vienna e lo studio della matematica e del latino, della letteratura e della filosofia.

Dove abbiamo imparatoil senso della parola condivisione, dove abbiamo imparato a considerare i professori parte del nostro progetto comune e quindi complici, dove avvertivamo già la nostalgia struggente per quello che sapevamo essere giunto alla fine, dove ci apprestavamo a fare il salto nel vuoto nella nostra vita futura, corde tese tra un presente di certezze e di legami che non volevamo lasciare e un futuro che nella nostra testa di diciottenni vedevamo già meraviglioso. Curiosi di spiccare il volo ma legati a quella scuola, a quei compagni, a quella routine quotidiana che per cinque anni ci aveva accolto, era stata “casa”.

Come dice il prof Martinelli /Faletti allo studente Molinari: “L'importante non è quello che trovi alla fine della corsa...l'importante è quello che provi mentre corri” E deve essere davvero profonda la traccia, il segno, che quell'esame ha lasciato in noi se a distanza di anni, o di decenni, continuiamo a sognare il nostro esame di maturità. Declinato in tutti i modi, dal più surreale al drammatico o al divertente ma tanti, compresa la sottoscritta, continuano a sognarlo. E anche di ques'incubo, rifare l'esame di maturità a distanza di tanti anni si è occupato il cinema, con il film “Immaturi”, dove un gruppo di compagni torna ad incontrarsi e a ristudiare insieme perchè dopo vent'anni, vite costruite, figli, matrimoni, successi, sconfitte e fallimenti, scoprono di dover rifare l'esame di matutità.

Nel 2020 c'è un 'intera generazione di studenti che perderà metà anno scolastico. Per i nati del 2001/2002  l'ultimo anno delle superiori è rovinato, evaporato, finito nel vuoto, “con quel senso d'incompletezza e vacuità di una partita interrotta dalla pioggia” scrive sempre Giordano. Ci sono ragazzi di terza media che hanno lasciato i compagni e i professori una mattina di marzo pensando di rivederli il giorno dopo e non li hanno più visti. Sono consapevoli che non li rivedranno più, senza un saluto, senza un abbraccio, senza dirsi nulla.

Sono chiusi dentro una stanza e sanno che quello che era il loro mondo fino a qualche settimana fa finirà senza che abbiano avuto il tempo di prepararsi a questa fine, a questo distacco. Per i ragazzi la scuola è importante. E' il loro mondo personale, il loro guscio, da cui genitori e famiglia sono esclusi, ed è per questo che la scuola li fa diventare grandi. E' li che diventano sè stessi, è li che muovono i loro passi, a volte incerti altre sicuri, esprimono i loro sentimenti, imparano a guardare in faccia e a gestire le emozioni, plasmano le loro opinioni, costruiscono affetti e amicizie, si scontrano, litigano, si feriscono, tornano sui loro passi, si riappacificano.

Ai ragazzi manca tantissimo la scuola. Mancano gli insegnanti, il confronto con loro, lo studio per come erano abituati a gestirlo. Manca la ricreazioe, manca la palestra, manca la mensa. Manca stare insieme il sabato sera, nelle case dei compagni, a mangiare la pizza, a ridere, a raccontarsi, a prendersi in giro. Tutti gli altri Stati europei, anche quelli dove l'epidemia ha contato decine di migliaia di vittime come l'Italia, stanno riprogrammando l'apertura delle scuole in sicurezza., magari allungandola di qualche settimana.

Da noi è tutto rimandato a settembre. Qualcuno chiede che almeno si facciano ritornare a scuola i ragazzi di terza media e della maturità, e che si mettano in salvo i loro esami di presenza, per non lasciare questo buco nelle loro vite. E' un' occasione unica, irrinunciabile e irripetibile, e nessuna alternativa digitale e a distanza potrà sostituire quest'esperienza. Giordano si spinge oltre, chiedendo di salvare anche il tema, come parte fondamentale di quell'ascolto che spetta ai ragazzi che stanno per maturarsi e per conservare, per il futuro, la testimonianza di una generazione che diventa adulta in un punto di svolta della storia.

E per concludere, ragazzi, mettete in salvo la vostra notte prima degli esami! Chiudo con le parole di Luca Molinari/Nicolas Vaporidis, alla fine del film, quando ricorda quella notte: “Quella notte è andata così, non ho baciato Claudia e non c'è stato il lieto fine. Eppure me la ricorderò sempre perchè era una notte speciale. Ma io la magia di quella notte, come spesso succede nella vita, non l'ho più ritrovata”.   Catia Catania

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