Ultime della sera: “Nelle terre di nessuno”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
26 Novembre 2020 18:25
Ultime della sera: “Nelle terre di nessuno”

La prima volta che sono venuta a sapere delle “terre di nessuno” è stato durante il viaggio a Cipro, nel 1999, trascinata dalla mia amica Laura che lì aveva molti amici. Cosa poteva avere di affascinante l’isola di Cipro, per me che ero cresciuta nell’isola più grande e bella del Mediterraneo? Eppure anche Cipro (la terza isola del Mediterraneo per estensione dopo la Sicilia e la Sardegna) ero un luogo attraente. Ricordo degli scorci di mare molto affascinanti e colori simili a quelli di Cala Rossa di Favignana, il giro per i monasteri ortodossi sui monti Trodos, il caratteristico centro di Nicosia, l’accoglienza degli abitanti e poi il muro.

La vista del muro e dei militari che lo presidiavano arrivava come un pugno nello stomaco. I greco-ciprioti ne parlavano come di una ferita, un’offesa che non potevano perdonare. Vedere la bandiera di Cipro Nord stampata sulla collina di fonte Nicosia era per loro come un insulto. Molti raccontavano di come non ci fossero problemi di convivenza tra la parte musulmana e quella ortodossa prima dell’invasione turca e di come avessero dovuto lasciare in fretta le loro case, i loro oggetti più preziosi per andare dall’altra parte.

Erano esuli nella loro stessa terra. Impressionante vedere le moschee abbandonate. Più volte avevamo chiesto come si facesse ad andare oltre il check point. Allora bisognava firmare una dichiarazione nella quale si riconosceva la Repubblica di Cipro Nord e questo poteva avere ripercussioni per altri viaggi. Oggi, invece (dal 2008) ci sono molti punti di passaggio per attraversare la cosiddetta “linea verde”. Tuttavia oggi la questione cipriota rimane ancora irrisolta. È stato proprio in quel periodo, quando mi sono occupata come volontaria di diritti umani, che mi è venuta la curiosità per le terre di nessuno.

Così ho scoperto che ve ne sono delle altre. Ci sono in questo mondo paesi che ufficialmente non esistono perché non hanno riconoscimento internazionale o meglio alcuni sono riconosciuti da altri ma molti non sono riconosciuti dall’Onu, o solo da una parte di altri Stati. Ecco quindi che sorge la domanda cosa fa di uno Stato uno Stato? È una questione politica, giuridica, storica? Basta una bandiera, una moneta, una capitale, un inno, una polizia ufficiale, un timbro sul passaporto? Oppure uno Stato è tale solo se riconosciuto da tutti gli altri? Eppure esistono sul nostro pianeta diversi Stati che sono per così dire Stati de facto perché pur esistendo sulla cartina geografica è come se non ci fossero.

Intanto bisogna dire che le Nazioni Unite riconoscono 193 Stati, più due con status di osservatori, che sono appunto Città del Vaticano e Palestina Alcuni di questi stati hanno nomi che sembrano presi a prestito dalle fiabe come l’Abcasia, l’Ossezia o l’Artasakh che sono stati staccatisi dalla Georgia. Altri come la Transnistria sembra abbiano un’economia basata sul commercio di armi e altri traffici non meglio specificati. L’unico Stato a non essere veramente riconosciuto da nessuno è il Somaliland: una ex colonia britannica poi annessa alla Somalia, dove si può arrivare con un visto da 60 dollari ma poi bisogna girare con una scorta armata.

Un altro Stato sul quale porre l’attenzione dal punto di vista dei diritti umani è invece il Sahara Occidentale. È un territorio pressoché desertico a sud del Marocco. La Repubblica democratica araba Sahrawi si è autodichiarata indipendente nel 1975, ma è presidiata dall’esercito marocchino. Nonostante lo Stato sia riconosciuto da 87 paesi dell’Onu la questione del popolo Sahrawi è ancora aperta. Anche qui un muro lungo più di 2.000 chilometri nel deserto africano. Una guerra lunga 15 anni che si è conclusa ma con un conflitto che ancora non ha fine.

Un referendum per l’indipendenza richiesto dall’Onu che non è mai stato fatto. E soprattutto un popolo che vive da più di 40 anni nei campi profughi dell’Algeria, in attesa di ritornare nella propria terra. Le terre di nessuno ci parlano di luoghi presidiati, di guerre e questioni mai risolte, di popoli esuli. Sono, a volte, luoghi insicuri da visitare dove la legalità non è sempre garantita, economie instabili, umanità dimenticata. E dunque cosa fa di uno Stato uno Stato? Uno Stato è ciò che dà il senso dell’appartenenza: la propria lingua, il proprio cibo, le proprie canzoni, la propria terra, la propria gente.

Uno Stato è ciò che ci distingue e ci armonizza col resto del mondo nella consapevolezza, però, che solo tutti i popoli insieme, nella loro meravigliosa diversità condivisa, danno un senso al vivere sul pianeta Terra.   Saveria ALBANESE

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