Ultime della sera. La vendetta di Maria Antonietta

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
08 Luglio 2020 16:59
Ultime della sera. La vendetta di Maria Antonietta

Non è cosa nostra. E già così suona folkloristico. Però così è: la granita non è cosa nostra, di noi del Val di Mazara intendo. Hai voglia di fare finta niente, se viaggi, od addirittura vivi in settentrione, al sentir dire: “beati voi siciliani che fate colazione con la granita!!!” “Noi no”, pensiamo, ma ce lo teniamo gelosamente per noi. Perché siamo invidiosi. Perché vorremmo farlo anche noi. Ma non è cosa nostra. Che poi io ci ho vissuto, negli altri due Valli in cui era ( e dovrebbe tornare ad essere ) divisa la Sicilia, ed ho provato a fare come gli altri che, al mattino, si facevano servire al bar granita e brioche, rigorosamente con il ‘tuppo’ ( intraducibile, scusate, ma noi qui ci siamo capiti…), ma senza riuscirci: l’indomani chiesi di nuovo caffè e cornetto..

Niente, ad Ovest di Caltanissetta ( che, chissà perché, in settentrione pronunciano con una sola ‘s’) è più facile veder qualcuno accompagnare il caffè con una ravazzata grondante ragù imbottito di piselli di prima mattina…certo, parlo soprattutto dei palermitani, che costituiscono una setta gastronomica a sé, fortunatamente impenetrabile da ogni altro esemplare di homo sapiens sapiens calpestante il pianeta. Ma, in definitiva, non è poi così male fare colazione con cappuccino e cornetto, soprattutto considerata la bontà dei nostri, di cornetti, che, fra l’altro, appropriatamente denominiamo, a fronte del meneghino ‘brioche’ che al resto del mondo ha sempre evocato ben altro, come tragicamente testimoniò colei che, per suggerirne al popolo di mangiarne in luogo del pane, si giocò la testa: ora, qualcuno è disposto a credere che la povera Maria Antonietta alludesse, in effetti, ai cornetti che, se si chiamano così, “ci sarà il suo motivo”? Devo dire che ho sempre provato un certo orgoglio nel constatare come noi mazaresi siamo parecchio precisi nel denominare il cibo: le nostre, per esempio, saranno bure brioches senza tuppo, ma sono indiscutibilmente brioches, così come i ravioli sono ravioli, e non ‘cassatelle’ o, peggio, cappidduzzi’, come si pretende altrove.

E le nostre arancine, sono naturalmente femmine, e qui non ci può manco la buonanima di Camilleri. Ma la granita no, non è cosa nostra; ed anche se, quando passo da Castelvetrano, non manco mai di prenderne, già lo so che mi serviranno, in realtà, un buonissimo gelato al limone, sorprendentemente cremoso per un ingrediente che richiama, piuttosto, granulosità. Ma torniamo dall’altro lato del nostro piccolo mondo perché, anche se non la sappiamo fare, non è che non l’apprezziamo, anzi….magari non all’alba, non certo prima del primo caffè della mattina, che io preferisco macchiato, ma in luogo del pranzo, o come merenda perché no? Anche se, se sei in dolce compagnia, sarà sempre in luogo del pranzo “così ci teniamo leggeri!” Una delle peggiori scocciature per chi si ritrova a vivere nella Sicilia orientale è di rimanere coinvolti in interminabili e sterili discussioni sulla paternità della granita migliore: sono convinto che Val Demone e Val di Noto, prima o poi, entreranno in guerra per questo.

Ma chi, come me, ha raggiunto il Nirvana della categoria, resterà sempre sornione e distaccato di fronte alle più accanite disfide sul tema. Perché la granita più buona del mondo non è di questo nostro piccolo mondo di Sicilia. Occorre raggiungerne uno ancora più piccolo. L’isola di Salina si chiama così perché ospita, alla sua estremità di scirocco, un antica vasca per la produzione del sale; il che è alquanto bizzarro, considerato che si tratta di un’isola stupenda, formata da due alti vulcani spenti gemelli che, a nord-ovest, dominano lo stupendo scenario naturale della falesia di Pollara, quel che resta dell’interno di un terzo cratere più antico e collassato in mare, così come avvenne anche a Santorini, nel mar Egeo.

Un’isola boscosa, verdissima, ma anche fertile: qui si produce la Malvasia delle Lipari, simile al passito pantesco, ma più pregiata. Eppure, con tutto questo ben di Dio, non si trovò di meglio che mutarle il nome, da Didyme che era per i greci ( bellissimo: significa gemelli ) a Salina, per onorare un impianto veramente modesto, grande quanto un campo di calcio; ma questo, forse, ci dà l’idea di quanto prezioso fosse il sale nell’antichità. Venendo a preziosità odierne, è in questa contrada, che si chiama Lingua, che troverete quella che è, indiscutibilmente, la granita più buona del mondo: provate per credere.

A questo punto l’amico direbbe: “Che gusti ci sono?” Tutti, ma voi prendetene una alla frutta; magari alle more selvatiche della vicina isola di Vulcano; sempre, naturalmente, accompagnata da brioche regolamentare. Non sto a raccontare le vicende  che mi hanno consentito di recarmici abbastanza spesso, a Lingua, ma memorabile fu quella volta che, essendo finite le brioches, il mastro granitaro, che era pure panettiere, non ci pensò due volte a portarci una vastedda di pane, appena sfornata, per accompagnare le nostre granite, e ne venne fuori la più formidabile delle colazioni! Sì, è così, anche lì chiamano vastedda la pagnotta da 1 chilo e sì, anche lì sanno che, a pochi chilometri da noi, la vastedda diventa un formaggio pregiato.

Ma quel che conta è che, quella volta, a chi chiedeva brioches fu dato pane: la vendetta di Maria Antonietta. Danilo Marino

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