Ultime della sera: “Fratelli tutti”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Ottobre 2020 20:23
Ultime della sera: “Fratelli tutti”

Nel pomeriggio del 3 ottobre Papa Francesco ha firmato ad Assisi, dopo aver celebrato la Santa Messa presso la Tomba di San Francesco, la sua nuova enciclica “Fratelli tutti” sulla fraternità e l’amicizia sociale. Per la quarta volta il Pontefice si è recato nella città del poverello di Assisi, è questa volta lo fa compiendo un gesto simbolico che come dice Monsignor Sorrentino, Arcivescovo di Assisi, parlando della “fraternità cosmica” di San Francesco: “Mentre il mondo soffre di una pandemia che mette tanti popoli in difficoltà, e ci fa sentire fratelli nel dolore, non possiamo non sentire il bisogno di diventare soprattutto fratelli nell’amore” e conclude dicendo “Questo gesto di Papa Francesco ci dà nuovo coraggio e forza per ‘ripartire’ nel nome della fraternità che tutti ci unisce”.

Ma cosa s’intende per fraternità? E soprattutto di quale fraternità parla Papa Francesco? Per rispondere a queste domande ci facciamo aiutare da Luigino Bruni che lo ha delineato chiaramente in un suo articolo pubblicato ieri su Avvenire.it: “La fraternità non è una parola semplice. Perché le fraternità sono molte, e non sono tutte né buone né cristiane. Ci sono sempre state persone e comunità che in nome delle loro fraternità hanno scartato e umiliato donne e uomini che non rientravano in quella loro fraternità, che per chiamare alcuni fratelli hanno offeso e ucciso i non fratelli.

Il grande racconto di Caino ci dice che la fraternità del sangue non garantisce nessuna amicizia, e che il fratello può essere il primo assassino. Altre fraternità non hanno visto né voluto le donne, e le hanno eliminate in nome di una fraternità parziale e sbagliata. Molto raramente i fratelli hanno incluso tutti i fratelli, ancora più raramente le sorelle tutte. Era perciò importante che papa Francesco in Fratelli tutti ci dicesse subito quale fosse la sua fraternità.

E ce lo ha detto scegliendo la parabola del Buon Samaritano come principale e in certo senso unico impianto teologico ed etico del suo discorso. E scegliendo questa parabola ha fatto una scelta di campo forte, partigiana e parziale. Ci ha voluto dire che la sua è fraternità universale centrata sulla vittima. Ce lo ha detto fin dal suo primo viaggio, quando scendendo dalla sua Gerusalemme (Roma) scelse Lampedusa come sua Gerico. Una scelta partigiana e parziale, perché letica del Samaritano è certamente una base solida e inequivocabile per una civiltà della prossimità e della misericordia, ma è meno ovvia come fondamento di unetica della fraternità, perché le manca la dimensione decisiva della reciprocità.

È meno ovvio perché la fraternità non è solo contenuto dellazione dellindividuo, non è soltanto un comando rivolto a ciascuno di noi preso isolatamente; la fraternità è anche, e forse soprattutto, un comando che ci viene rivolto in quanto comunità, chiesa, società, umanità, un verbo coniugato alla forma plurale: 'amatevi gli uni gli altri”. Certo avremo bisogno di leggerla e rileggerla tante volte, per riuscire a capire fino in fondo perché Papa Francesco ha scelto proprio la Fraternità per la sua terza Lettera Enciclica, e soprattutto perché ha scelto come pietra angolare del suo discorso sulla fraternità proprio il racconto di Luca sul Buon Samaritano.

Per adesso ci godiamo questa interpretazione a caldo di Luigino Bruni che continuando nel suo articolo sostiene che: “la scelta della parabola del Buon Samaritano è essenziale per annunciare oggi una fraternità incentrata sul contrasto tra prossimità e vicinanza, che da chiave di lettura della parabola di Luca diventa la chiave di lettura dellintera terza Lettera enciclica di papa Francesco. A chinarsi e a soccorrere luomo mezzo morto imbattutosi nei briganti non furono i due passanti che erano quelli oggettivamente più vicini alla vittima – il levita ed il sacerdote erano, come la vittima, giudei, e per di più addetti alla cura in quella società, essendo funzionari del tempio.

Erano i più vicini, ma non diventano prossimi. Chi si chinò sulla vittima fu invece il più lontano, da ogni punto di vista (religioso, etnico, geografico, e forse, solo lui, passava anche sul lato opposto della strada). Divenne prossimo colui che aveva meno ragioni di vicinanza, e per di più appartenente a un popolo 'scomunicato'. Diventa prossimo perché decide di diventarlo, perché, durante un suo viaggio, si imbatte in un evento inatteso, vi riconosce una vittima e sceglie la prossimità.

Fratelli di sangue si nasce, prossimi e fratelli nello spirito si diventa scegliendo di diventarlo, oltre ogni ragionamento sui legami di vicinanza”. Allora forse possiamo dire che la fraternità di Papa Francesco, si differenzia da tutte le altre fraternità che la storia ha conosciuto e conosce, e che i  fratelli e le sorelle non sono i connazionali, non sono quelli che fanno parte della nostra stessa comunità, non sono i simili, non è la fraternità dei prossimi, dei vicini è invece  la fraternità dei lontani, non è la fraternità degli uguali, è la fraternità dei diversi, non è la fraternità semplice, è una fraternità complicata, non sono i gruppi chiusi, non sono le “immunitas”  contrapposte alle “communitas”.

La fraternità di Francesco è quella che  finora ci  aveva detto con mille gesti e con mille parole, parole che ora  ha riunito in questa lettera scritta al mondo intero.   Francesco Sciacchitano

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