Ultime della sera. A un metro da noi

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Marzo 2020 19:27
Ultime della sera. A un metro da noi

Si deve, si fa. Preferiremmo non si dovesse, ma si deve e dunque si fa. E non si deve soltanto perché altri lo impongono: si deve perché noi sappiamo che se c’è un modo per proteggere noi stessi e gli altri, a quel modo tutti dobbiamo attenerci. Perché è facile dire ciò che gli altri dovrebbero fare, e inveire contro chi non lo fa,  e meno facile fare ciò che anche noi dobbiamo fare. Dunque, di deve fare e si fa. Uno dei luoghi in cui i contatti ( e i contagi) corrono veloci e vanno frenati, è la scuola.

Si sta sperimentando la didattica a distanza: bene, se c’è un problema ci si ingegna  a trovare la soluzione. Ma non dimentichiamo che non tutte le famiglie possono permettersi il WIFI e i dispositivi tecnologici, che insieme agli allievi motivati e studiosi, ci sono quelli che hanno bisogno di incoraggiamento e stimoli continui, quelli che usufruiscono dell’insegnante di sostegno per affrontare il percorso di studi o dell’assistente alla comunicazione per non smarrirsi, quelli  che “ maè” e la maestra con pazienza si siede accanto a loro e tira fuori il fazzoletto dalla tasca per asciugare un naso che cola, e quelli che “ ma che cos’hai oggi? “ posso dire? è successo…” e giù a parlare e cercare abbracci…perché, lo sanno bene gli insegnanti, l’insegnamento è relazione , contatto, vicinanza.

Certo, adesso non si può. Adesso è il momento di adattarsi e imparare qualcosa per il futuro.  Ma non si commetta l’errore di pensare che siccome lo si è fatto in emergenza lo si possa fare sempre. Insegnare è lasciare segni negli allievi, con il respiro, il tono della voce, l’emozione , la fatica…insegnare è apprendersi al loro cuore perché loro apprendano , e amino ciò che l’insegnante ama. Non ricordiamo  tanto il contenuto di una lezione quanto il modo in cui quel contenuto ci è stato trasmesso.

L’insegnamento ha bisogno delle persone. Ed è a quelle che dobbiamo tornare, più forti e motivati di prima. Esiste una distanza  ( o è una vicinanza?) di sicurezza. Un metro. Lo spazio minimo permesso fra le persone, è di un metro : dieci decimetri, cento centimetri, mille millimetri. Un passo lungo. Due o tre passi da bambino. Ma la regola di un metro, non può valere per tutti. Non può valere tra le figure di accudimento e i bambini, gli anziani, i malati, i portatori di handicap.

Lo sappiamo bene: ci sono relazioni che si nutrono del e con il contatto. Ci sono famiglie , comunità, gruppi che hanno al loro interno persone ( e che importa che siano anziani,  adulti o bambini) invalide , e  ci sono persone   che se ne occupano , spesso da sole. E queste persone ,  devono comunque uscire di casa, andare al lavoro, fare la fila al CUP,  comprare da mangiare , andare in farmacia, portare il cibo ai cani…e poi devono rientrare a imboccare, curare , medicare, lavare, vestire, spogliare, rassicurare  chi , a vario titolo, è affidato a loro.

Chi garantisce che non siano essi stessi  ignari veicoli del virus che così tanto ci spaventa? Allora precauzioni, tutte quelle necessarie, ma anche solidarietà dalle istituzioni, che trovino modi  idonei a non abbandonare nessuno, e dagli altri, da noi. Perché anche noi possiamo. Un  vicino di casa, un parente, un volontario, potrebbe prestarsi per fare la spesa, per sbrigare piccole faccende e poi, restando oltre quel famoso metro di distanza, avvicinarsi quanto basta a dire “ eccomi, se hai bisogno chiamami”.

Quel poco che basta perché nessuno si senta da solo, perché nessuno resti indietro. Ci mancano i baci, gli abbracci, le strette di mano, le teste appoggiate sulle spalle,  le passeggiate a “braccetto”, farci il solletico, ballare stretti … ci manca tutto ciò che davamo per scontato e che ora ci appare prezioso, tutto ciò a cui con pazienza e speranza ritorneremo. Esiste una distanza  ( o è una vicinanza?) di sicurezza. Un metro. Lo spazio minimo permesso fra le persone, è di un metro : dieci decimetri, cento centimetri, mille millimetri.

Un passo lungo. Due o tre passi da bambino. Lo spazio sufficiente a guardarsi negli occhi, a sorridersi, a sgridarsi, a raccontarsi storie, a voltarsi le spalle  e a promettere amore eterno, a sperimentare la gentilezza delle parole, le carezze della voce, i sorrisi degli occhi. Un metro che adesso ci sembra infinito , e che è niente rispetto ai muri, ai confini di filo spinato, alle guardie alle frontiere che dividono ogni giorno amanti da amati, genitori da figli, fratelli da fratelli. Non sarebbe male pensarci.

Un metro, una distanza ( o una vicinanza? ) di sicurezza. Dieci decimetri, cento centimetri, mille millimetri, per esortarci ancora ad essere consapevolmente responsabili , ad essere umani. Maria Lisma

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