Ultime della sera: “A ciascuno il suo”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Settembre 2020 19:19
Ultime della sera: “A ciascuno il suo”

Nel mio secondo appuntamento con le "Ultime della sera" voglio ricordare un grande scrittore, Leonardo Sciascia, parlando del suo romanzo "A ciascuno il suo", pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1966. In un piccolo centro dell'entroterra siciliano, intorno ai primi anni Sessanta, il farmacista Manno, persona mite e tranquilla, riceve una lettera anonima che gli comunica la sua condanna a morte. Seppur turbato, l'onest'uomo la interpreta come uno scherzo di cattivo gusto. Dopo breve tempo, tuttavia, viene ritrovato morto ammazzato insieme con il dottor Roscio durante una battuta di caccia.

La polizia indaga e conclude che Manno sia stato ucciso per motivi d'onore e Roscio perché testimone involontario dell'omicidio. Un buon conoscente di quest'ultimo, il dimesso e schivo Paolo Laurana, professore di latino, nota nel retro della lettera anonima la parola "unicuique". Un particolare che lo porterà a compiere indagini personali arrivando alla conclusione che fosse Roscio il vero obiettivo degli assassini. Avrà anche modo di toccare con mano tutta la miseria umana e morale del notabilato paesano, ambiente in cui è maturato il delitto, ozioso, pettegolo, disonesto, ipocrita e gretto.

Sciascia veste l'intreccio di giallo ma in realtà è un travestimento per descrivere un ambiente sociale di cui disistima profondamente i fondamenti: l'illegalità, la doppiezza, la religione a metà strada fra instrumentum regni e folklore superstizioso. Sciascia compie un'opera di destrutturazione del genere poliziesco ribaltando lo schema tradizionale, i colpevoli rimangono impuniti e raggiungono i loro scopi, l'investigatore e i personaggi positivi sono dei disadattati e pagheranno con la vita o con l'emarginazione sociale.

Sciascia, a differenza di Verga non è un fatalista né un reazionario, anzi si definisce un illuminista amante della letteratura francese, non a caso la sua scrittura è limpida, asciutta, elegante, ironica. Ed è proprio l'uso della razionalità che gli impedisce di farsi illusioni, troppo profonde e antiche sono le radici storiche e sociali che nutrono i mali della Sicilia. L'amaro pessimismo dell'autore si manifesta verso la fine del romanzo in una frase messa in bocca all' eccellenza Lumia, nel vedere Laurana leggere le "Lettere d'amore": << da quello che succede intorno non si direbbe che Voltaire sia oggi uno scrittore molto letto o almeno che sia letto per il verso giusto>>.

Sono trascorsi più di cinquant'anni e ancora Voltaire e Sciascia attendono una più retta e attenta lettura.   Francesca Russo

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