Ultime della sera: “A casa di don Pino Puglisi”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
14 Settembre 2020 18:40
Ultime della sera: “A casa di don Pino Puglisi”

Arrivo a casa di don Pino Puglisi una mattina di gennaio. E' una tiepida giornata di sole, di quelle che qui a Palermo non sembra nemmeno di essere in inverno. A Brancaccio tutto sembra parlarti di don Pino. La mafia lo ha ucciso e lui è rimasto qui, testardo. La sua forza e il suo coraggio sono la forza e il coraggio di chi, con tanta fatica, ha portato avanti le sue idee e i suoi progetti, tra minacce di morte, lettere minatorie, auto danneggiate. Ma il Centro Padre Nostro, che si trova al piano superiore dell'appartamento dove viveva don Pino, nonostante le difficoltà, è diventato una realtà e un punto di riferimento a Brancaccio, come ci racconta Maurizio Artale, il suo presidente, colui che ha preso sulle spalle l'eredità di padre Puglisi.

Il primo impatto con la piazza Anita Garibaldi, nella periferia est di Palermo, una volta arrivati, è forte, è già un nodo alla gola. E' lì che don Pino è stato assassinato, davanti la porta della sua abitazione, intorno alle 22,45, e il suo corpo fu trovato in mezzo alle auto posteggiate abusivamente nella piazzetta. Adesso qui c'è il divieto di sosta, la piazzetta è curata, ci sono gli alberi e le aiuole, ma nel 1993 Palermo era un'altra città. Disordinata, caotica, senza regole.

Mi sembra di vederlo, don Pino, mentre rientra a casa la sera del suo cinquantaseiesimo compleanno. Sarà stata una giornata come tante, magari è stanco, Brancaccio è un quartiere difficile, e questa è una città dove si scambia ancora il diritto con il favore. Non è facile togliere dalla strada i ragazzi, farli andare a scuola, spiegare loro che un'alternativa c'è, che un'altra vita è possibile. E non è facile avere l'aiuto delle istituzioni. E' solo, quel 15 settembre, mentre fa rientro nella casa di famiglia che è tornato ad abitare dopo che è stato nominato parrocco della chiesa di Brancaccio.

Viene ucciso da quattro killer, “Perchè ci portava via i ragazzi”, dirà al processo uno di loro, Salvatore Grigoli. Ci sono voluti quattro Killer per fermare un prete inerme che è stato capace di opporgli solo un sorriso: “ Me lo aspettavo”, disse. Un sorriso che li tormenterà fino alla fine dei loro giorni. Il tempo si è fermato a quel 15 settembre del 1993, in questo modesto ma dignitoso appartamento di Brancaccio. La casa ci parla, e ci rivela la natura semplice, francescana, di don Pino.

Povero trai poveri. Entro con pudore, quasi in punta di piedi, con lo stato d'animo di chi si appresta a violare l'intimità altrui. Questa è una casa che le persone che l'abitavano non avrebbero mai pensato che sarebbe diventata un santuario, e don Pino un eroe. Per questo la prima cosa che mi viene in mente è che dobbiamo chiedere scusa. A don Pino, ai suoi genitori, ai suoi fratelli. Hanno pagato un tributo troppo alto, non meritavano tutto questo dolore, chissà se lo hanno capito qui a Brancaccio il valore del sacrificio di questa famiglia.

Nella stanza da pranzo, sulla credenza d'epoca ci sono le foto di momenti di vita familiare: matrimoni, bambini, prime comunioni, ricordi sereni, come si usa in tutte le famiglie. La camera da letto sembra un fotogramma scattato quella sera: c'è il lettino, un comodino con l'ultimo libro che don Pino stava leggendo sulla vita di un prete messicano perseguitato, la foto della madre, un armadio con qualche abito - i paramenti, il cappotto, e quel dolcevita nero con cui siamo abituati a vederlo in foto - un vecchio televisore anni '80.

E poi lo studio con i libri, sono circa trecento ma erano tremila, molti sono stati donati. Mai prima di adesso avevo avuto questa forte sensazione di una casa che parla, che racconta, di oggetti che sono molto di più di un ricordo, ma diventano testimonianza vivente. Domani, don Pino, è il 15 settembre, e sarà l'anniversario della tua nascita e della tua morte. Sarebbero stati ottantasei anni, se quella sera non ti avessero fermato. Nella lingua ebraica la parola Tzadik indica l'uomo giusto.

Egli, l'uomo giusto, come Mosè, muore nel giorno del suo compleanno, o in giorni vicini. Buon compleanno, Padre Pino, alla fine hai vinto tu.   Catia Catania

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza