Tra “orrori” ed errori, la “Galleria dei Sindaci della Città”. Il ritorno del kitsch

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
11 Febbraio 2021 16:25
Tra “orrori” ed errori, la “Galleria dei Sindaci della Città”. Il ritorno del kitsch

“La vera opera d’arte esiste solo in contrapposizione al kitsch”. (Gillo Dorfles) “Il Kitsch è la negazione assoluta della merda  sia in senso letterale che in senso figurato” (Milan Kundera). Sarebbe stato meglio che le foto dei Sindaci fossero rimaste nel deposito dove si trovavano prima. È auspicabile che non vengano esposte allo sguardo. Perché? Orrori: non hanno l’arte dei “mostri” della villa di Bagheria. Errori perché non rispecchiano che una sola immagine stereotipata “Kitsch” (Dorfles e Kundera), depersonalizzata.

Immagini fotografiche di serie affumettate, e per di più (ci sembra) scadenti. Non possiamo che non chiamarla così – Tra “orrori” ed errori, la “Galleria dei Sindaci della Città” –, la mostra dei ritratti dei Sindaci presso la Galleria “Sicilia” del Palazzo di Città, sebbene ancora come intenzione annunciata. È stata resa pubblica, infatti, in questi giorni. Il Sindaco Quinci propone di esporre i quadri che ritraggono gli ex Sindaci di Mazara del Vallo in carica fino al 1984.

La “minaccia” in pectore (senza cuore e pietà) è di proseguire più avanti – e stesso stampiglio di raffinato deficit – con quelli degli altri Sindaci dal 1985 ad oggi. Se lo scopo è mantenere viva nella memoria dei cittadini, l’immagine dei loro Primi Cittadini, che si abbia il pudore e il rispetto di rifare una “galleria” artisticamente differenziale cogliendo lo specifico di ognuno dei “trapassati”. È il riconoscimento proprio, ad ognuno di loro, per l’impegno e i sacrifici fatti per il bene della comunità.

Il loro impegno (per l’Amministrazione e la politica della nostra Città) merita ben altri portraits. I ritratti riesumati non sono certo stimolanti per le nuove generazioni che volessero provarsi nel compito di “guidare la nostra Città nei prossimi anni”. Il museo delle cere americano, a confronto, è meno mummificato. Questa “collezione”, un tempo visibile, giustamente e doverosamente, poi fu messa in deposito (opportunamente lontana dagli sguardi). Gli sguardi altrui non vanno feriti.

L’opera, fotografica o meno, deve attirare, intrattenere. Queste respingono. Non si lasciano guardare e non riflettono (non possono!). Non sappiamo di chi è stata, a suo tempo, l’in-felice idea di far immortalare su tela i Sindaci di Mazara affidando l’incarico allo sconosciuto “artista” Teomondo Scrofalo. Chi era Teomondo Scrofalo? Scrofalo è nato negli anni Ottanta del Novecento. Il padre, la mente di Ezio Greggio. Fu portato alla ribalta nella trasmissione televisiva “Drive in”.

Greggio, in quella trasmissione, teneva la sua “Asta tosta” e, periodicamente, proponeva il quadro (in foto di copertina) dell’immaginario maestro Teomondo Scrofalo, “Il bevitore” (richiama tanto il simpatico “Braccio di ferro” dei cartoni animati, non vi pare?). Teomondo Scrofalo rappresenta lo scheletro kitsch che teniamo rinchiuso nell’armadio e i nani nel giardino di casa; l’universo rutilante di “buone cose di pessimo gusto” che, per dirla alla Gozzano, di tanto in tanto, riesce ad emergere fino a diventare un’icona (destinata a sopravvivere al mondo che l’ha generata).

Ma ritornando alla “collezione” mazarese, secondo chi scrive e critica (non senza ragioni e ragione), la riesumata idea, come le stesse foto, è “crosta” coperta di muffe che cancella le personalità. Tutti eguali, i Sindaci. Neanche le copie che una volta si facevano con la carta carbone. Le distinguevano le sbavature. I nostri Sindaci: tutti raffigurati seduti sulla stessa sedia e davanti alla stessa scrivania con il medesimo foglio davanti. Come recita Paolo Villaggio, “mostruosamente” uniformi: tutti con lo stesso colore del volto e inespressivi.

Nelle loro facce non traspare nessuna emozione, nessun tratto caratteriale. Sono soltanto delle “repliche”. Sembrano dei veri e propri bambolotti di platica, e senza identità. Questi ritratti, anche se più o meno somiglianti ai soggetti rappresentati, mancano del senso di creatività ed originalità propri dell'autentica arte. Sono “opere” che, a suo tempo, sicuramente non andavano commissionate; “opere” che, oggi come ieri, non dovrebbero certamente essere esposte. Farebbe meglio il Sindaco a rimetterle nei ripostigli del Palazzo di Città! Giacomo Cuttone  

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